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Francesca Borsetti
pubblicato il 07-10-2024

Nuovi farmaci dagli scarti agroalimentari



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I residui agroalimentari rappresentano una fonte preziosa da cui estrarre composti con proprietà antiossidanti, antimicrobiche e antitumorali: la ricerca di Mariavittoria Verrillo

Nuovi farmaci dagli scarti agroalimentari

Uno degli obiettivi della medicina moderna è lo sviluppo di nuovi farmaci o prodotti terapeutici derivanti da fonti naturali. I derivati organici naturali possono servire a questo scopo: è possibile isolarli da residui agroalimentari riciclati, promuovendo la valorizzazione economica e tecnologica delle biomasse nell’ambito dell’economia circolare.

Mariavittoria Verrillo è ricercatrice presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II di Napoli, dove studia la possibilità di utilizzare il compost come risorsa rinnovabile da cui estrarre composti bioattivi, con un impatto positivo sulle terapie e nella clinica. Il suo progetto sarà sostenuto per il 2024 da una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi nell’ambito dei tumori al femminile.

Mariavittoria, come nasce l'idea del vostro lavoro?

«L'utilizzo dei residui agroalimentari nel campo medico costituisce una delle sfide più significative degli ultimi tempi. Questi residui rappresentano una fonte preziosa da cui è possibile estrarre composti naturali bioattivi, come i polifenoli, i quali vantano proprietà antiossidanti, anti-infiammatorie, antitumorali e antibatteriche, rendendoli utili nel settore medico. Il recupero e il riutilizzo dei sottoprodotti agroalimentari consentiranno di trasformare i rifiuti in risorse, contribuendo così alla valorizzazione ambientale e alla sostenibilità economica attraverso l'adozione di un approccio circolare».

Perché avete scelto di orientarvi su questa linea di ricerca?

«Alcune sostanze ottenute dai compost verdi (composti organici vegetali che possono derivare, ad esempio, da potature, sfalci e ramagli di parchi e giardini, N.d.R.) sono estratti bioattivi rinomati per le loro proprietà biostimolanti nell'ambito agricolo. Tuttavia, le loro applicazioni nei settori medico, nutraceutico e cosmetico sono ancora relativamente poco studiate».

Come si classificano?

«Questi composti organici sono una miscela eterogenea di prodotti, tra cui derivati ligninici, composti azotati, carboidrati e acidi carbossilici, la cui composizione varia a seconda della fonte di origine. In letteratura sono documentate le proprietà antiossidanti e antimicrobiche di alcuni scarti vegetali. È stato studiato che le proprietà bioattive di tali estratti sono legate alla loro composizione chimica, la quale risulta essere estremamente complessa a causa della loro varietà. Tuttavia, sono stati osservati effetti antibatterici contro alcuni ceppi di microbi resistenti ai farmaci, coinvolti in patologie croniche».

Molte strade aperte, dunque…

«Una domanda da porsi è: le molecole bioattive estratte da compost verdi possono influenzare l’espressione genica (cioè la qualità e la quantità, N.d.R.) delle proteine coinvolte nel processo di formazione di un tumore? E ancora: è possibile stabilire quali saranno gli effetti biologici di queste specie in un organismo modello? È plausibile che gli estratti ottenuti da scarti vegetali possano influenzare la formazione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) a livello cellulare o influenzare il processo di divisione cellulare? Tutte domande aperte, con un forte potenziale per la pratica clinica»

Dunque, quali sono i vostri obiettivi?

«Sono diversi. Prima di tutto vogliamo testare la bioattività di scarti vegetali compostati (e degli estratti organici ottenuti) su cellule tumorigeniche di tumore al seno, ovvero cellule capaci di iniziare il processo di formazione di un tumore. Vogliamo inoltre identificare le “vie di segnalazione” coinvolte nella risposta cellulare, cioè i meccanismi cellulari che si attivano a cascata in risposta agli estratti. Infine, ci piacerebbe stabilire una relazione tra la struttura chimica e le proprietà biologiche dei prodotti organici estratti dal compost».

Quali sono le prospettive a medio-lungo termine?

«Le prospettive di questa ricerca non si limitano semplicemente a un approccio di economia circolare e sostenibilità per sostanze naturali che altrimenti sarebbero considerate rifiuti. Vogliamo soprattutto identificare le molecole naturali capaci di svolgere un ruolo attivo come “coadiuvanti” delle terapie farmacologiche convenzionali: in questo modo, potremo ridurre le infezioni causate da ceppi di batteri resistenti ai farmaci e provare a contrastare la crescita delle cellule maligne in caso di malattie oncologiche al femminile».

Mariavittoria, sei mai stata all’estero per un’esperienza di ricerca?

«Sì, sono stata all’Università di Vienna e al Vienna Metabolomic Center. L’obiettivo era quello di effettuare un’analisi metabolomica su alcuni campioni vegetali (cioè l’insieme completo dei metaboliti, i prodotti “finali” dei processi chimici dentro una cellula, N.d.R.), per valutare la relazione tra le caratteristiche biomolecolari e proprietà biologiche degli estratti da compost verdi».

Perché è importante donare a sostegno della ricerca scientifica?

«È importante perché il termine ricerca è associato al termine conoscenza. Se si conosce bene il proprio avversario, si possono identificare i suoi punti deboli e tentare di trovare nuove soluzioni».

Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno della ricerca scientifica?

«Da ricercatrice vorrei ringraziare tutti coloro che sostengono la ricerca scientifica e che permettono a noi ricercatori di portare avanti gli studi in Italia, senza abbandonare gli affetti e il territorio. Questi contributi ci permettono di donare speranza e positività e, soprattutto, di fornire conoscenza su malattie che sono sempre più curabili. Grazie di cuore!»

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