Alimentazione, flora intestinale e salute dell’intestino sono strettamente connessi. Sonia Tarallo vuole capire in che modo un’alterazione di questo equilibrio può portare ad ammalarci
La stretta relazione tra dieta, stili di vita e stato di salute risulta ormai chiara. Oggi sappiamo che ognuno di questi fattori può influenzare positivamente o negativamente il microbiota, ovvero la flora batterica intestinale, la cui alterazione riveste un ruolo importante nello sviluppo di diverse malattie croniche. Uno sbilanciamento nella dieta e nel microbiota può favorire, attraverso meccanismi non ancora del tutto noti, lo sviluppo di malattie infiammatorie intestinali e, nel tempo, tumori del colon-retto. Ma in quali modi può la dieta condizionare, a livello molecolare, la salute del nostro intestino? Uno studio condotto su feci di soggetti sani pubblicato da Sonia Tarallo, biologa che lavora per la Human Genetics Foundation di Torino, ha mostrato per la prima volta che i livelli di alcuni piccoli Rna (detti miRna) variano significativamente in base alla diversa alimentazione. I miRna non codificano proteine, ma sono capaci di regolare il funzionamento dei geni. Un’alterazione nelle quantità di alcuni miRna è stata osservata in diverse malattie: comprese quelle infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa) e nel tumore del colon-retto. Studi recenti hanno dimostrato inoltre l’importante ruolo dei miRna fecali nel definire il nostro microbiota, a sua volta influenzato dalla dieta. Grazie al sostegno della Fondazione Umberto Veronesi, Sonia punta ad approfondire il rapporto tra dieta e microbiota intestinale in relazione ai cambiamenti osservati sui miRNA a seguito di differenti abitudini alimentari, in individui sani e malati.
Ciao Sonia, ci spieghi un po’ meglio qual è lo scopo del tuo progetto?
«Il mio obiettivo è quello di comprendere meglio in che modo diversi tipi di alimentazione determinino variazioni nei livelli dei miRna fecali, e quindi nel comportamento della nostra flora intestinale. La speranza infatti è che una maggiore conoscenza di queste interazioni ci aiuti ad individuare marcatori, ovvero spie molecolari, utili nella diagnosi delle malattie infiammatorie croniche intestinali e del cancro del colon-retto. A questo scopo, utilizzando tecnologie di sequenziamento di nuova generazione, confronterò le tipologie e i livelli dei miRna e del microbiota isolati da feci di individui sani con differenti diete, da pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali e soggetti con tumore del colonretto. Potrò così verificare in che modo variano i miRna a seconda del regime alimentare, e come varia invece la composizione del microbiota in funzione delle fluttuazioni dei miRna, in salute e in malattia».
E quale impatto potrebbero avere i tuoi risultati sulla salute di tutti?
«I risvolti di questo lavoro potrebbero essere interessanti nell’ottica di una futura medicina personalizzata: i valori dei miRna e la composizione del microbiota potrebbero infatti costituire dei biomarcatori dello stato nutrizionale, da tenere in considerazione per la prevenzione dei tumori, e rappresentare al contempo bersagli molecolari modulabili da interventi dietetici».
Qual è stato il momento più bello della tua carriera, fino ad oggi?
«Il giorno in cui ho discusso la mia laurea. Mi ero ripromessa che avrei fatto del mio meglio, così che nessuno potesse dubitare delle mie capacità, e così fu. Non delusi nessuno, ma soprattutto vidi la soddisfazione dei miei genitori per i sacrifici che hanno fatto in tutti questi anni».
Sonia, ti piacerebbe un giorno fare un’esperienza di ricerca all’estero?
«In realtà ho sempre rimandato quel momento, perchè tutti i laboratori in cui ho avuto la fortuna di lavorare mi hanno davvero arricchito dal punto di vista delle conoscenze teoriche e pratiche. Tuttavia mi piacerebbe trascorrere all’estero un paio di anni: se potessi scegliere, mi piacerebbe lavorare presso l’Institute Pasteur di Parigi».
Cosa avresti fatto se non avessi fatto il ricercatore?
«Mi sarebbe piaciuto fare il medico, e specializzarmi in cardiochirurgia o in gastroenterologia. Pensa che la scelta stessa di fare la ricercatrice è stata subordinata al fatto di non aver superato il test di medicina. Mi sono iscritta al corso di laurea in scienze biologiche senza troppa convinzione, sicura che avrei ripetuto il test l’anno successivo. Poi piano piano, frequentando i corsi e superando gli esami, la ricerca è entrata a far parte della mia vita, e ho deciso che questa era la mia strada. C’è qualcosa di inspiegabile che mi lega profondamente a questa attività e che mi spinge a continuare anche con mille difficoltà».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«L’imprevedibilità: non si può dare niente per scontato».
Pensi che la scienza e le ricerca abbiano dei lati oscuri?
«Purtroppo sì, come per qualsiasi attività umana. Succede ad esempio che i fondi siano spesso diretti verso gli stessi gruppi di ricerca. La scelta dei destinatari dei finanziamenti dovrebbe esulare dai giochi politici e dalla rete di conoscenze del professore che ha presentato il progetto. Secondo me la commissione che deve valutare a chi affidare il finanziamento deve essere il più possibile neutrale, ed essere messa a conoscenza solo del progetto, dei suoi obiettivi e della solidità del gruppo di ricerca che presenta il progetto».
Qual è la cosa di cui hai più paura in assoluto?
«Rimanere in stato vegetativo a seguito di qualche malattia o incidente: quella per me non è più esistenza, e andrebbe a condizionare anche la mia famiglia».
Una cosa che vorresti assolutamente fare almeno una volta nella vita.
«Mi sarebbe sempre piaciuto nuotare con i delfini. Ho praticato subacquea, ma per mancanza di tempo è un po’ che non mi ci dedico».
Il tuo film preferito?
«Un film che mi piaciuto molto è stato “Still Alice”».
Ti ricordi l’ultima volta che ti sei commossa?
«È stato a dicembre del 2016, quando sono riuscita ad acquistare la mia prima casa».
Qualcosa che ti fa ridere a crepapelle?
«Il mio cane, quando mi accoglie a casa con tutti i suoi peluche. Fare lunghe camminate con lui a zonzo per la città è uno dei miei passatempi preferiti».
C’è una figura che ti è stata particolarmente di ispirazione nella tua vita, personale e professionale?
«Rita Levi Montalcini, per me è stata una piccola grande donna. È riuscita ad usare mente e cuore per un unico obiettivo: fare ricerca».
Agnese Collino
Biologa molecolare. Nata a Udine nel 1984. Laureata in Biologia Molecolare e Cellulare all'Università di Bologna, PhD in Oncologia Molecolare alla Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM) di Milano, Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza all'Università di Ferrara. Ha lavorato nove anni nella ricerca sul cancro e dal 2013 si occupa di divulgazione scientifica