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I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 01-06-2015

Le vescicole “cargo” che trasportano il farmaco nelle cellule di glioblastoma



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È questo l’innovativo approccio terapeutico su cui sta lavorando il nostro Andrea Del Fattore, uno dei 179 ricercatori sostenuti nel 2015 da Fondazione Veronesi

Le vescicole “cargo” che trasportano il farmaco nelle cellule di glioblastoma

Andrea Del Fattore è un giovane biotecnologo di 34 anni, attualmente ricercatore post-dottorato all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, nell’Unità di Medicina Rigenerativa diretta dal Professor Franco Locatelli. Andrea, grazie al sostegno della Delegazione Fondazione Veronesi di Roma, sta sviluppando un nuovo approccio terapeutico per il glioblastoma multiforme, uno dei tumori più aggressivi del sistema nervoso centrale. Generalmente colpisce gli adulti sopra i 55 anni, ma può colpire anche i bambini e i giovani.

Andrea, in cosa consiste il tuo progetto?

«Mi sto occupando di sviluppare un nuovo approccio terapeutico per il glioblastoma basato sull’utilizzo di vescicole rilasciate da cellule staminali mesenchimali. Detto così sembra molto complicato, cerco di spiegarlo meglio. Tutte le cellule comunicano fra loro rilasciando all’esterno micro-vescicole, che funzionano come dei “pacchi” al cui interno vengono trasportate molecole segnale. Esiste un tipo particolare di cellula staminale, detta mesenchimale, che nell’organismo ha il compito di rigenerare cellule del tessuto connettivo. Diversi studi indicano che vescicole isolate da cellule staminali mesenchimali derivanti da midollo osseo e da cordone ombelicale siano capaci di ridurre la crescita e di provocare la morte di cellule glioblastoma. Inoltre, la vescicole possono essere caricate con farmaci anti-tumorali, come dei veri e propri “cargo”: nel mio progetto valuterò anche la capacità di utilizzare le vescicole come trasportatori di agenti chemioterapici, in particolare la vincristina, e la loro efficacia contro le cellule di glioblastoma. L’obiettivo finale è la mesa a punto dell’approccio anti-tumorale mediato da vescicole extracellulari efficaci nel trattamento del glioblastoma multiforme».

Avete già raggiunto alcuni risultati concreti?

«I nostri studi in vitro, già pubblicati su riviste scientifiche internazionali, hanno dimostrato che le vescicole isolate da cellule di midollo osseo e di cordone ombelicale sono in grado di bloccare la proliferazione e di indurre la “morte programmata” di cellule di glioblastoma. Manca ancora molta strada prima di poter affermare che si tratti di una nuova cura disponibile, ma la strada tracciata sembra promettente e i primi passi sono già stati compiuti».

Quali prospettive apre questo progetto per le eventuali applicazioni alla salute umana?

«Il glioblastoma multiforme è un tumore ancora difficile di curare: le terapie odierne, che comprendono intervento di resezione chirurgica, chemioterapia e radioterapia, sono raramente risolutive. L’aspettativa di vita al momento della diagnosi non supera i 15 mesi. Da ciò si capisce l’urgenza di identificare terapie innovative e davvero efficaci. Se il nostro studio pre-clinico dimostrasse l’attività anti-tumorale delle vescicole sia in vitro che in vivo, queste potrebbero rappresentare un nuovo approccio: “proiettili intelligenti” in grado di raggiungere e colpire in maniera specifica il tumore, riducendo i notevoli effetti collaterali associati alle terapie finora disponibili».

Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?

«Alle scuole medie feci un cartellone per una ricerca di scienze sul tessuto osseo. Mi entusiasmò molto, ma allora non avrei mai avrei pensato che in futuro avrei studiato tale tessuto per dieci anni».

Raccontaci un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare

«Uno dei momenti più emozionanti è stata la vincita della borsa internazionale ECST/AMGEN nel 2007. È una borsa di studio molto competitiva e prestigiosa, che finanzia brillanti ricercatori per un periodo di 3 anni. Sono stato il primo italiano a riceverla».

E il momento più brutto?

«Sicuramente il terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009. Lavoravo in quella città, presso il Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’università e il nostro edificio è stato molto danneggiato dal sisma. È stato un duro colpo per la ricerca, con molti danni: perdita di materiale congelato, cellule e campioni di pazienti affetti da patologie rare. Comunque non ci siamo arresi; siamo ripartiti con ancora più entusiasmo e determinazione».

Come ti vedi fra 10 anni?

«Vorrei intraprendere la carriera universitaria ed essere a capo di un gruppo di ricerca che studia l’effetto delle vescicole extracellulari in vari campi della medicina, dalla diagnostica alla terapia».

Credi quindi che il campo delle vescicole extracellulari potrà portare a concreti avanzamenti in medicina?

«Sì, ne sono pienamente convinto, e non lo dico perché è oggetto della mia ricerca. Negli ultimi anni, il numero di lavori scientifici in questo campo è molto aumentato e i risultati sembrano suggerire che le vescicole extracellulare possano essere utilizzate come marcatori diagnostici per numerose malattie e sfruttate dal punto di vista terapeutico».

Qual è il senso profondo che ti spinge a fare ricerca?

«Aiutare il prossimo, scoprendo terapie per patologie incurabili. Nel corso della mia carriera, ho parlato con i genitori di bambini affetti da gravi malattie, a volte rarissime; sento il dovere di rispondere alle loro voci che chiedono una cura per i loro figli o almeno un miglioramento delle loro condizioni di salute. Purtroppo non sempre si hanno risposte da dare; ciò inizialmente suscita un sentimento di impotenza, che poi si trasforma in maggiore forza e determinazione per continuare questo lavoro, nonostante le difficoltà che si incontrano».


@ChiaraSegre

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Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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