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Alessandro Vitale
pubblicato il 27-05-2024

Tumore dell'ovaio: farmaci più efficaci con le nanoparticelle



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Il trattamento del tumore ovarico può presentare effetti collaterali, ma nuove soluzioni basate su nanoparticelle suggeriscono un trattamento più efficace e localizzato: la ricerca di Cristina Casadidio

Tumore dell'ovaio: farmaci più efficaci con le nanoparticelle

Una delle sfide più urgenti nel trattamento del tumore ovarico è lo sviluppo di trattamenti efficaci per le forme locali e avanzate, evitando effetti collaterali e recidive. Per questo tumore, come per altri localizzati nella parete addominale, esiste anche un problema legato alla “delivery” dei farmaci o dei trattamenti: in breve, è necessario sviluppare nuove metodologie per veicolare il farmaco in modo preciso, a dosaggi efficaci e nella sede del tumore.

Di questi aspetti si occupa Cristina Casadidio, ricercatrice presso l’Università di Camerino, che studia strumenti innovativi per la somministrazione dei farmaci contro il tumore ovarico basati sui cosiddetti idrogel (soluzioni colloidali che contengono lunghe molecole disperse in acqua). La sua ricerca sarà sostenuta per tutto il 2024 grazie al sostegno di Fondazione Veronesi.

Cristina, raccontaci del tuo lavoro.

«Il mio lavoro è dedicato al tumore ovarico: oggi è necessario superare le limitazioni delle terapie convenzionali, che spesso comportano effetti collaterali gravi, resistenza ai farmaci e rischio di recidiva. Abbiamo scelto di impiegare la terapia genica, che - come si è già visto con i vaccini contro il coronavirus - offre un approccio promettente in grado di “silenziare” specifici geni coinvolti nella crescita tumorale».

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Si tratta di un ambito molto vasto: di cosa ti occuperai, in particolare?

«Abbiamo deciso di adottare una terapia genica basata sull’uso di acidi nucleici, come l’RNA interferente (siRNA), che appunto permette di “spegnere” alcuni geni. Per veicolare il siRNA dentro le cellule tumorali verranno impiegati dei sistemi chiamati nanoparticellari (molecole molto piccole in grado di entrare nelle cellule, NDR)».

Come funziona il sistema?

«Verranno impiegati degli “idrogel iniettabili”, che funzionino come serbatoi di nanoparticelle per un rilascio locale e prolungato dei siRNA. L’utilizzo di questi idrogel iniettabili permette di raggiungere dosi locali terapeutiche ottimali, minimizzando gli effetti indesiderati».

Cosa studierete?

«Occorre valutare la stabilità e la penetrazione delle nanoparticelle di siRNA nei tumori ovarici dopo la loro somministrazione. Inoltre, ci proponiamo di comprendere meglio la risposta terapeutica nel contesto intraperitoneale (la membrana che avvolge le cavità centrali del corpo, NDR), valutando come la combinazione di idrogeli termosensibili e nanoparticelle di siRNA influenzi l’efficacia nel combattere i siti tumorali. Tutte queste informazioni sono necessarie per capire come “portare in clinica” questo approccio innovativo».

Come svilupperete il progetto durante quest’anno?

«Intendiamo somministrare gli idrogel contenenti nanoparticelle di siRNA solamente quando lo stadio del cancro ovarico sarà avanzato e saranno presenti anche metastasi. Monitoreremo l’attività terapeutica per diverse settimane, valutando l’eventuale riduzione progressiva e l’eradicazione dei siti tumorali».

Quali sono le possibili applicazioni per la salute umana?

«Il nostro progetto apre prospettive significative per la conoscenza biomedica e per l'applicazione clinica. La terapia basata sull’siRNA offre una via verso la medicina di precisione, permettendo un’azione mirata sui geni specifici associati al cancro ovarico. La specificità dell’siRNA riduce al minimo i danni ai tessuti sani, favorendo l'efficacia del trattamento per singoli pazienti e promuovendo lo sviluppo della medicina personalizzata. Inoltre, si potrebbe estendere l'applicazione di questa tecnologia ad altri tipi di cancro, come i tumori cerebrali, e migliorare le terapie per tumori femminili, come il cancro al seno».

Cristina, sei mai stata all’estero per ricerca?

«Sì, durante il mio percorso di dottorato ho avuto l'opportunità di svolgere una parte della mia ricerca presso l'Università di Utrecht nei Paesi Bassi. Un’esperienza che non solo ha permesso di ampliare le mie competenze scientifiche, ma mi ha anche esposto a una cultura accademica diversa e a un contesto culturale internazionale. Questo ha contribuito in modo significativo alla mia crescita professionale e personale».

Perché hai scelto di fare la ricercatrice?

«Mi affascina l'idea di esplorare l'ignoto e di poter contribuire (anche se in minima parte) alla crescita del sapere umano. Non credo di poter individuare un singolo momento in cui ho realizzato di voler perseguire la scienza come carriera; piuttosto, è stato un accumularsi di esperienze e di curiosità fin dall'infanzia. Questo senso di meraviglia e la passione per la conoscenza hanno continuato a crescere nel corso degli anni, portandomi infine a scegliere la ricerca come percorso professionale».

Cosa ti piace di più della ricerca?

«Quello che mi piace della ricerca è l'emozione di esplorare nuovi ambiti della conoscenza, di pormi delle domande e cercare di trovare la verità spesso nascosta tra i dati e le teorie. È come un'avventura intellettuale, un viaggio nel mondo delle idee dove ogni progresso porta con sé la possibilità di una nuova scoperta».

E cosa invece eviteresti volentieri?

«La frustrazione di fronte a ostacoli apparentemente insormontabili e la competizione spietata che a volte si può trovare nel mondo accademico. Preferirei dedicare il mio tempo e la mia energia alla ricerca vera e propria piuttosto che navigare tra politiche burocratiche, finanziamenti incerti o rivalità accademiche».

Pensi che ci sia un sentimento antiscientifico in Italia?

«Penso che in Italia ci siano certamente sfumature di sentimenti antiscientifici, come in molte altre parti del mondo. Tuttavia, non credo che questo sia un fenomeno prevalente o assoluto. Ci sono persone che nutrono una grande fiducia nella scienza e nei ricercatori, mentre altre potrebbero essere più scettiche o indifferenti. Personalmente, vedo la figura del ricercatore come una fonte di ispirazione e speranza. Percepisco fiducia rispetto al mio lavoro, ma credo che ci sia ancora spazio per migliorare la comprensione e l'apprezzamento della scienza nella società italiana, così come in tutto il mondo».

Cosa fai nel tempo libero?

«Mi dedico con passione al nuoto, un interesse che coltivo da oltre quindici anni. Sono una nuotatrice agonistica master e partecipo sia a competizioni indoor che in acque libere. Trovo che l'acqua sia estremamente rilassante e rigenerante, offrendo uno spazio ideale per mantenere l'equilibrio tra la mia vita lavorativa e il mio benessere personale».

Il tuo film preferito?

«“C'è ancora domani” riflette profondamente le sfide e le aspirazioni delle donne in contesti difficili, una tematica che risuona profondamente sia come ricercatrice che come individuo. La storia di Delia è un potente racconto di resilienza e determinazione, dove la protagonista affronta le avversità con coraggio e trovando forza nelle relazioni umane e nelle piccole vittorie quotidiane. L'atto simbolico del voto di Delia, la sua prima esperienza di partecipazione politica, rappresenta una pietra miliare nell'affermazione dei diritti delle donne e nella costruzione di una società più equa e inclusiva. Come scienziata, sono motivata non solo dal desiderio di avanzare nella mia ricerca, ma anche dal contributo alla creazione di un ambiente in cui tutti possano godere di pari opportunità e dignità».

Cristina, perché è importante donare a sostegno della ricerca scientifica?

«Donare a sostegno della ricerca scientifica è fondamentale perché consente lo sviluppo di progetti innovativi, finalizzati a migliorare la comprensione e il trattamento di gravi patologie. La ricerca scientifica richiede risorse finanziarie significative per condurre studi avanzati, sviluppare terapie innovative e promuovere progressi nella medicina personalizzata».

Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno della ricerca scientifica?

«Vorrei dire un sincero "Grazie". Grazie al vostro sostegno, siamo in grado di perseguire soluzioni innovative che potrebbero cambiare il corso delle malattie e migliorare la vita di molte persone. La vostra generosità è un investimento nell'avanzamento della scienza e nella speranza di un futuro per tutti».

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