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Alessandro Vitale
pubblicato il 12-02-2019

Gliomi nei bambini: un nuovo modello per studiarli



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Francesco Antonica vuole sviluppare un nuovo “modello sperimentale” per studiare i gliomi pediatrici, una forma aggressiva e mortale di tumore cerebrale infantile

Gliomi nei bambini: un nuovo modello per studiarli

I gliomi sono un gruppo di neoplasie maligne che possono svilupparsi in qualsiasi distretto del sistema nervoso centrale: originano da cellule della “glia” (cellule del sistema nervoso che non sono neuroni), come gli astrociti, gli oligodendrociti e le cellule ependimali – che rivestono l’epitelio dei ventricoli cerebrali e il canale centrale del midollo spinale. I gliomi possono essere inoltre classificati in base all’aggressività: i gliomi di terzo grado e di quarto grado sono conosciuti come gliomi ad alto grado, caratterizzati da una forte malignità, dall’esito infausto e dal fatto di colpire principalmente in età infantile.

Inoltre, sebbene esistano dei “modelli animali” in grado di simulare la malattia per gli adulti (permettendoci di sviluppare nuovi farmaci e strategie terapeutiche), le nostre conoscenze sui gliomi infantili sono ancora limitate. Francesco Antonica, ricercatore presso il "Department of Cellular, Computational and Integrative Biology – CIBIO" dell’Università degli Studi di Trento, studia come sviluppare nuovi modelli animali per la cura dei gliomi infantili di alto grado grazie sostegno del progetto Gold for Kids di Fondazione Umberto Veronesi.

Francesco, la tua ricerca è dedicata a sconfiggere un tumore che colpisce spesso i bambini: raccontaci qualcosa di più.

«Certo: il mio progetto è dedicato specificamente ai gliomi di alto grado, che rappresentano la forma più aggressiva e mortale tra i tumori pediatrici. Diversamente dagli adulti, dove la chirurgia è spesso il primo di una serie di trattamenti, nei pazienti pediatrici gli unici approcci terapeutici possibili sono la radioterapia e la chemioterapia. Purtroppo i chemioterapici attualmente utilizzati sono stati sviluppati per il trattamento del glioma negli adulti, e ciò fa sì che i pazienti pediatrici abbiano una risposta terapeutica più bassa e una prognosi peggiore».

 

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Non si potrebbero sviluppare farmaci ad hoc proprio i pazienti più giovani?

«Il principale problema nella creazione di farmaci mirati per le forme pediatriche di glioma è l’assenza di modelli sperimentali adeguati: quelli esistenti, infatti, simulano il glioma degli adulti. L’obiettivo del progetto sarà proprio quello di creare un modello sperimentale per il tumore cerebrale pediatrico: per ricreare un modello il più fedele possibile verranno utilizzate cellule cerebrali dove verrà indotta l’espressione di alcuni geni specifici, scegliendo proprio quei geni che sono risultati iper-espressi in precedenti campioni provenienti da cellule di glioma pediatrico. Il risultato potrebbe diventare uno strumento valido nella ricerca di nuovi approcci terapeutici focalizzati alle forme infantili di glioma».

Nel tuo percorso di ricerca sei mai stato all’estero?

«Sì, per quasi dieci anni, dal 2008 al 2018. Mi ha spinto la curiosità di lavorare in ambiente diverso da quello a cui ero abituato, la possibilità di imparare una lingua straniera e conoscere gente da tutto il mondo».

Dieci anni sono molti: c’è qualcosa che ti ha colpito in particolare?

«Principalmente l’internazionalità dei laboratori e i finanziamenti più alti alla ricerca, ma anche l’ambiente più competitivo. Certo mi sono mancati la mia città natale, la mia famiglia e i miei amici».

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Ricordi il momento in cui hai scelto di intraprendere la strada della ricerca?

«Sono stato sempre una persona curiosa e appassionata di biologia e medicina, devo dire che non ricordo nessun episodio o momento particolare».

Hai invece un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare?

«Ricordo di essere stato il primo al mondo ad aver creato una tiroide artificiale partendo da delle semplici cellule. Più che la pubblicazione su una rivista scientifica prestigiosa, ricordo bene il piacere nel momento in cui ottenni i dati che mostravano ciò che stavo cercando».

Cosa ti piace di più della ricerca?

«Il cercare una risposta a domande complicate e trovare il modo per far rispondere. Trovare un modo nuovo e alternativo per ottenere una risposta alle nostre domande scientifiche. È Il lavoro più bello e gratificante che esista».

Ti vedi ancora qui, sul bancone, tra dieci anni?

«Considerando lo stato di precariato che contraddistingue il mondo della ricerca spero ancora di farne parte in futuro».

Cosa fai nel tempo libero? Hai qualche hobby o passione al di fuori dell’ambito scientifico?

«La musica. Ma il poco tempo libero che il lavoro mi lascia cerco di dedicarlo alla famiglia, a mia moglie e mia figlia».

Descriviti con tre pregi e tre difetti.

«Onesto, umile e simpatico; pigro, testardo». Raccontaci una “pazzia” che hai nella vita. «Fare il ricercatore!»


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