La sifilide, se trasmessa durante la gravidanza, può avere conseguenze drammatiche sul nascituro. Nessun allarme in Italia, dove la diagnosi precoce fa la differenza
Alle nostre latitudini, per il momento, non è un'emergenza. Ma i casi di sifilide congenita conteggiati a livello mondiale, pur evidenziando un decremento, segnalano come «il numero di donne e bambini che ne sono colpiti rimane inaccettabilmente elevato». Questo il responso dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che sulle colonne della rivista Plos One ha pubblicato una stima dei casi di infezione trasmessi dalla mamma al nascituro nel corso della gravidanza. Oltre 660mila gli episodi conteggiati nel 2016, che in oltre un caso su due hanno determinato l'insorgenza di 355mila eventi avversi nella prole. Tra questi, ben 200mila decessi evitabili: avvenuti in utero o subito dopo il parto.
SIFILIDE CONGENITA: PERCHE' FA COSI' PAURA?
La sifilide è una malattia infettiva (non ha un vaccino) provocata dal batterio Treponema Pallidum, che ogni anno colpisce oltre dieci milioni di persone: provocando i sintomi dell'infezione in poco più della metà degli infetti. Se i sintomi più gravi nell'adulto possono comparire soltanto nelle forme più avanzate della malattia, quelle secondarie e terziarie, la trasmissione «verticale» del microrganismo durante la gravidanza mette a repentaglio fin da subito la vita del nascituro. Secondo lo stato d’infezione materno, infatti, il batterio, che raggiunge il feto attraverso la placenta, può determinare la morte in utero (30-40 per cento dei casi) o, più di frequente, l'insorgere di un'infezione congenita (60-70 per cento dei casi). La probabilità è tanto più alta quanto più recente risulta essere l'infezione materna: se non curata. La sifilide congenita - il batterio provoca un'infezione diffusa nel feto: i sintomi possono essere assenti al momento della nascita e comparire successivamente - può essere la causa di un parto prematuro, del basso peso alla nascita del neonato e dell'insorgenza di altre malformazioni.
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE:
COME LE SI PUO' PREVENIRE?
EMERGENZA IN AFRICA E SUD-EST ASIATICO
Vista la gravità del possibile scenario, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito un obiettivo: portare quasi a zero i casi di trasmissione della sifilide tra madre e figlio. Ma i dati appena diffusi - comunque in calo: nel 2012 si contarono 750mila contagi e 397mila eventi avversi - evidenziano come il traguardo sia ancora lontano. Dalle stime emerge come i problemi si registrino a tre livelli: una scarsa attenzione alla prevenzione e alla diagnosi precoce e una non sempre capillare distribuzione della benzilpenicillina, l'unico antibiotico in grado di debellare l'infezione nel corso della gravidanza (se somministrato nel primo trimestre). Preoccupante viene considerata la situazione in Africa e nei Paesi del Mediterraneo orientale, dove l’elevata diffusione della malattia tra le donne si combina alla carenza di servizi sanitari per le cure prenatali. Va un po’ meglio nel Sud-est asiatico, dove gli stessi ostacoli sono però soltanto un po' meno diffusi.
Vaccinazioni in gravidanza: un'opportunità per difendere (anche) il bebé
IN ITALIA SCREENING IN DUE TAPPE
In Italia, come detto, la sifilide congenita non è una emergenza. Stando ai dati pubblicati nel rapporto redatto dall'European Centre for Diseases Prevention and Control (Ecdc), lungo la Penisola nel 2014 si sono contati poco più di venti casi (incidenza di 4 casi su 100mila nati vivi). «Nel nostro Paese, le donne incinte vengono sottoposte a uno screening per la sifilide in due momenti: all'inizio e alla fine della gravidanza - afferma Elisa Fabbri, ginecologa dell'ospedale dei Bambini Buzzi di Milano -. I due step permettono di verificare l'assenza del batterio sia all'atto del concepimento sia al termine della gestazione, in modo da poter escludere un eventuale contagio avvenuto attraverso un rapporto sessuale avuto durante i nove mesi». In caso di positività ai test anticorpali, il protocollo prevede il trattamento immediato con la benzilpenicillina. «Con un ciclo precoce di terapia, che non provoca alcun danno al feto, la mamma e il feto o il neonato guariscono senza alcun esito». La presenza di lesioni provocate dall'infezione poco prima del parto obbliga a ricorrere al taglio cesareo, come accade in caso di riscontro dell'herpes genitale.
NON ABBASSARE LA GUARDIA
Sebbene non sia il nostro Paese a non far dormire sonni tranquilli agli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'aumento delle malattie sessualmente trasmesse e la scarsa consapevolezza a riguardo da parte degli italiani non deve far abbassare la guardia. Negli ultimi quindici anni, è il dato segnalato dal Policlinico Sant'Orsola di Bologna, i casi di sifilide sono aumentati di oltre il 300 per cento. Si tratta - questo deve essere chiaro - di diagnosi portate a termine in donne e uomini adulti. Ma questo può rappresentare il punto di partenza per un potenziale aumento dei casi di sifilide congenita. «A differenza di quanto accade per esempio nei confronti della toxoplasmosi, il controllo attuato nel nostro Paese ha fatto perdere la consapevolezza della gravità della trasmissione della sifilide da mamma a figlio - conclude Fabbri -. L'offerta dello screening ha fatto diventare l'esame di routine. Tocca a noi, a questo punto, dedicare qualche minuto in più al dialogo con le pazienti per restituire la giusta importanza a questi accertamenti».
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).