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Ginecologia
Daniele Banfi
pubblicato il 08-01-2016

Cesareo sì ma solo quando serve



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La World Health Organization lo raccomanda nel 10-15% dei casi. Uno studio appena realizzato su JAMA alza l’asticella a oltre il 19%. Ancora troppi invece quelli in Italia

Cesareo sì ma solo quando serve

Parto cesareo, utile o dannoso? Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, questa pratica è una delle più diffuse “operazioni” chirurgiche al mondo. Se realizzato solo quando realmente è necessario il “taglio” è utile a preservare l’incolumità sia della madre sia del bambino. Secondo le statistiche del prestigioso ente il numero di parti cesarei utili a garantire il massimo della sicurezza non dovrebbe superare i 10-15 su un totale di 100 nascite (10-15%). Una stima che sembrerebbe essere messa parzialmente in discussione da uno studio pubblicato dal Journal of the American Medical Association. Realizzato dagli scienziati della Stanford University (Stati Uniti) l’analisi alza l’asticella al 19%. Al di là di questo scarto, un dato è certo. In alcuni Paesi, Italia in primis, i parti cesarei superano di gran lunga queste percentuali.

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Per arrivare a questa conclusioni gli scienziati statunitensi hanno analizzato i dati relativi alle nascite avvenute nell’anno 2012 in oltre 190 nazioni. L’analisi, effettuata su un campione stimato di quasi 23 milioni di parti, ha tenuto conto sia della mortalità materna –avvenuta in un periodo compreso tra il parto e 42 giorni successivi- sia di quella infantile –dalla nascita al 28esimo giorno-. Dai dati è emerso che la percentuale ottimale di tagli cesarei nel caso di mortalità materna si attesta nella fascia tra il 7 e il 22%. Per quanto riguarda invece quella neonatale tra il 13% e 24%. Unendo i dati gli scienziati della Stanford University hanno concluso che per il beneficio di mamma e piccolo la percentuale ottimale si attesta intorno a 19 tagli cesarei su 100 nascite. Un numero decisamente superiore rispetto a quanto consigliato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

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QUANDO INTERVENIRE?

Ma in quali casi è davvero necessario il taglio cesareo? Nell’attesa che venga fatta chiarezza sulla percentuale ottimale le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono chiare. Come spiega Marleen Temmerman, direttrice del dipartimento di ricerca e salute riproduttiva presso il prestigioso ente «il cesareo andrebbe utilizzato solo in presenza di un parto eccessivamente prolungato, in quei momenti in cui si verificano condizioni in cui ci sia stress fetale o in caso di posizione anomala del bambino». Il cesareo in determinate condizioni può salvare la vita di mamma e piccolo ma attenzione a dove si effettua. Per essere efficace deve essere svolto in strutture che abbiano le competenze per affrontare possibili complicanze poiché il cesareo, trattandosi di un intervento chirurgico, non è privo di rischi.

L’ANOMALIA ITALIANA

Rischi che nel nostro Paese non sembrano più di tanto essere calcolati. L’Italia infatti è una delle nazioni dove si fa maggiormente ricorso al bisturi, soprattutto nel caso di cesarei programmati. In media il 36,7% dei parti avviene attraverso questa modalità ma con notevoli differenze regionali (in alcune regioni come la Campania oltre la metà delle nascite avviene con il cesareo). Rispetto al luogo del parto si è registrata una forte propensione all’uso del taglio nelle case di cura accreditate in cui si registra questa procedura in circa il 56,9% dei parti contro il 33,9% negli ospedali pubblici. Dati ben al di fuori dei consigli degli esperti che ogni anno, alla divulgazione, vengono commentati negativamente dal Ministero della Salute. Nonostante l’allarme lanciato nel corso degli anni il trend non sembra migliorare. 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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