Le nascite plurime sono 1 su 100, ma diventano 1 su 5 con la fecondazione in vitro. Ora una formula matematica permetterà di prevedere quali embrioni attecchiranno e dunque di limitare l'impianto a uno solo di qualità certa
Le nascite plurime sono 1 su 100, ma diventano 1 su 5 con la fecondazione in vitro. Ora una formula matematica permetterà di prevedere quali embrioni attecchiranno e dunque di limitare l’impianto a uno solo di qualità certa
E’ la maggiore “complicanza” delle fecondazioni in vitro: complicanza in senso lato per la vita di una coppia che desiderava sì un figlio, ma se ne vede arrivare due o tre tutt’insieme. Ed è complicanza in senso stretto, con aumentati rischi ostetrici sia per la madre sia per il feto. “E’ il problema, con la P maiuscola, di questa tecnica”, riassume il professor Alberto Revelli che si occupa di procreazione assistita all’Università di Torino.
SUCCESSO ITALO-SVEDESE - Per evitare le gravidanze gemellari non volute, la soluzione sarebbe l’introduzione nell’utero della donna di un solo embrione, ma di qualità ottimale, “certa”. Altrimenti con un solo tentativo le probabilità di successo sarebbero molto basse. Ma come individuare gli embrioni che hanno le maggiori probabilità di attecchimento? Finora non c’era modo, ecco perché l’uso dell’impianto, in tutto il mondo, di 2 o 3 embrioni alla volta e la conseguente crescita planetaria della nascita di gemelli. Ma ora il metodo è arrivato e consiste in una formula matematica che il Centro per la fecondazione in vitro diretto dal professor Revelli ha messo a punto lavorando insieme con esperti statistici della Linne’ Kliniken di Uppsala. Un successo italo-svedese, dunque.
INDAGINE SU 2700 CASI - La prima curiosità sarebbe di farsi dire la formula. E’ talmente notoria addirittura la formula della relatività… Ma il professore torinese ride: «Non si può, è lunga mezza pagina». E prosegue raccontando il percorso di questa scoperta. Si è partiti dall’indagine su 2.700 fecondazioni in vitro con 2 embrioni impiantati in ciascuna donna. In 1.500 casi non si è verificata la gravidanza, nei restanti 1.200 casi i parti gemellari sono stati 700 e 500 quelli coronati dalla nascita di un solo bambino.
5 VARIABILI - Si è pensato di confrontare i vari embrioni impiantati per capire le differenze tra loro corrispondenti ai diversi risultati. «Conoscevamo cinque caratteristiche morfologiche di ogni embrione, caratteristiche visibili al microscopio:
-numero di cellule dopo 48 ore di sviluppo
-presenza o meno del nucleo al loro interno
-regolarità delle dimensioni
-presenza della disposizione simmetrica a quadrifoglio
-presenza di cellule frammentate.
Ora queste variabili sono state utilizzate per produrre una formula matematica che indica se un embrione ottenuto in vitro ha elevate o scarse probabilità di attecchire. Occorrono poi anche i dati della donna e in uno speciale software insieme con la formula vengono inseriti 90 variabili cliniche sia dell’aspirante madre che del compagno: per esempio l’età di lei, la qualità dello sperma di lui e così via».
Si “frulla” tutto nel computer, verrebbe da dire, e si ottiene la percentuale che in quel dato caso si sviluppi una gravidanza. «Si parte dall’ipotesi di trasferire in utero 2 embrioni», riprende Alberto Revelli, «mai più 3. Se il software indica più del 20% di possibile parto gemellare, la scelta finale sarà invece di impiantare un solo embrione».
Il responso della “formula magica” non è sicuro al 100%. «Però in quattro cliniche svedesi che hanno adottato questi calcoli», interviene Revelli, «la percentuale di parti gemellari era del 25% e ora è del 3%». Una bella differenza, non c’è che dire.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.