Per la prima volta riscontrato il virus Zika nello sperma 188 giorni dopo i sintomi. Finora 61 casi in Italia, tutti contratti all'estero. Studio dell'Istituto Spallanzani, lo stesso che segue gli atleti a Rio 2016
Il virus Zika può permanere nel liquido seminale più a lungo di quanto ipotizzato finora, anche per sei mesi dopo i primi sintomi. E’ quanto dimostra uno studio condotto dagli esperti dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma e pubblicato da Eurosurveillance ed è un’informazione importante sia per comprendere la diffusione del virus per via sessuale, sia per prolungare la raccomandazione di utilizzare profilattici per gli uomini contagiati.
L’INDAGINE
I test condotti dai virologi italiani hanno riguardato un uomo di 30 rientrato nel gennaio 2016 da Haiti dopo avere riscontrato un’infezione da virus Zika. Il giovane aveva avuto sintomi (febbre, astenia, rash cutaneo per due settimane) ed era tornato in Italia 14 giorni dopo la diagnosi. Attraverso tecniche di biologia molecolare sono stati tenuti sotto controllo i fluidi corporei dell’uomo a distanza di tempo. Campioni di saliva, sperma e urine sono stati esaminati in periodi diversi: a 91 giorni (tre mesi) risultavano tutti positivi alla presenza di Zika, a 134 giorni (4 mesi) solo lo sperma, così come a 188 giorni (6 mesi). Fino ad ora la presenza del virus nello sperma era stata accertata a 62 giorni.
PROFILATTICO PER ALMENO SEI MESI
In un comunicato gli esperti dell’Istituto spiegano che i risultati dello studio «confermano che il virus può persistere nel liquido seminale con implicazioni per la potenziale trasmissione sessuale». Da ciò deriva la «la necessità di raccomandare ai pazienti affetti di astenersi da attività sessuali o di usare il preservativo per almeno sei mesi». Va poi tenuto conto del fatto che la gran parte dei casi di infezione, a differenza di quanto accaduto al trentenne rientrato da Haiti, sono asintomatici, il che ad esempio potrebbe far emergere il bisogno di «misure di screening accurati per l’analisi dello sperma crioconservato nelle banche biologiche».
FINORA 61 CASI IN ITALIA (INFETTATI ALL’ESTERO)
Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto, conclude ricordando che i progressi nella conoscenza del virus si devono anche alla collaborazione dei pazienti e al loro «lodevole contributo». Sono 61 le persone a cui è stata diagnosticata l’infezione in Italia, 1.111 in Europa, «tutti viaggiatori tornati da paesi ad alto tasso di trasmissione del virus attraverso la zanzara Aedes». L’Irccs Spallanzani studia da tempo il fenomeno Zika, il virus legato a casi di microcefalia soprattutto in Sudamerica, sotto tutti gli aspetti, dal virus, alla diffusione dell’infezione, alle sue manifestazioni patologiche. E’ anche incaricato dal Coni di seguire gli atleti italiani impegnati alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, offrendo loro tutte le informazioni necessarie 24 ore su 24 e occupandosi della prevenzione e del controllo di eventuali infezioni da malattie tropicali.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.