Una sola dose basta dopo l'infezione. La barriera dei 6 mesi potrebbe presto essere rivista. La risposta immunitaria dura nel tempo e gli anticorpi possono adattarsi alle varianti
+++ Aggiornamento: in seguito alle evidenze scientifiche descritte in questo articolo, oggi chi è risultato positivo a Sars-Cov-2 può effettuare la vaccinazione in singola dose entro 12 mesi dall'infezione. Prima il termine massimo era di 6 mesi +++
Dopo Covid-19 ha senso vaccinarsi? Quante dosi sono necessarie? Per quanto tempo rimarranno gli anticorpi? Con il passare del tempo, osservando la risposta del sistema immunitario in seguito alla malattia e al vaccino, la situazione si sta facendo sempre più chiara. Per chi ha dovuto affrontare la malattia, una sola dose di vaccino è in grado di indurre una risposta anticorpale superiore rispetto a quanto ottenuto con la sola vaccinazione. Non solo, questa sembrerebbe durare per molto tempo. Ad affermarlo sono diversi studi sull'argomento, ultimo in ordine di tempo quello comparso sulla rivista Nature ad opera dei ricercatori della Rockefeller University.
LA RISPOSTA IMMUNITARIA
Quando il nostro corpo viene in contatto con un agente esterno potenzialmente dannoso produce una reazione immunitaria composta da due fasi: quella aspecifica -presente già alla nascita e non dipendente da incontri pregressi- e quella specifica -diretta in maniera precisa contro quel determinato agente esterno. Quest'ultima è essenzialmente mediata da due tipi di cellule: i linfociti B e i linfociti T. I primi sono i responsabili della produzione di anticorpi, i secondi della risposta cellulare al virus. In entrambe in casi in seguito da un'infezione o alla vaccinazione si creano specifiche cellule della memoria in grado di attivarsi in caso di incontro con il patogeno.
QUANDO RICEVERE UNA SOLA DOSE
Che dopo la malattia la persona sia "protetta" -alemeno temporaneamente- dalla memoria dell'incontro con il virus non è di certo una novità. Non è un caso che le reinfezioni da Sars-Cov-2 siano un fenomeno -al netto della nascita di nuove varianti- abbastanza raro. Ma per ridurre ulteriormente la possibilità di reinfezione e consolidare la "memoria immunologica" contro il coronavirus, la vaccinazione è consigliata anche in chi nel passato ha sviluppato Covid-19. Le indicazioni attuali dicono che la vaccinazione è possibile, in singola dose, a partire da 3 mesi dopo la positività e sino a 6 mesi. Scaduti questi termini la persona, se vuole vaccinarsi, deve procedere con lo schema classico a due dosi. Un'indicazione che nel prossimo futuro potrebbe essere rivista.
IMMUNITA' A LUNGO TERMINE
Alla base delle possibili nuove indicazioni sulla necessità di una sola dose anche dopo i 6 mesi dall'infezione ci sono diversi studi. Il più importante, pubblicato su Nature nelle scorse settimane, ha dimostrato che che l'immunità può essere ulteriormente potenziata in chi ha avuto la malattia vaccinando la persona anche dopo un anno. Dai risultati è emerso che una singola dose di vaccino a mRNA ha portato alla produzione di un quantitativo maggiore di plasmacellule (cellule che producono gli anticorpi) -rispetto all'infezione naturale- e di anticorpi contro il virus fino a 50 volte maggiore rispetto a prima della vaccinazione. Risultati importanti che indirettamente indicano che l'immunità a Covid-19 potrebbe essere di lunga durata.
LA CONFERMA NEI DATI ITALIANI
A conferma di quanto ottenuto nella pubblicazione su Nature c'è anche un piccolo studio, con dati tutti italiani, realizzato sui dipendenti dell'Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Anche in questo caso la risposta anticorpale misurata è stata tanto più forte quanto più tempo era trascorso dall'infezione, fino a oltre dieci mesi. Un ulteriore dato che potrebbe far cambiare l'attuale schema vaccinale per chi in passato è risultato positivo a Sars-Cov-2.
GLI ANTICORPI SI ADATTANO ALLE VARIANTI
Ma le buone notizie non finiscono qui perché a supporto dell'estrema capacità del nostro sistema immunitario di adattarsi nel rispondere a possibili varianti virali, lo studio pubblicato su Nature ha avuto il pregio di andare ad analizzare il comportamento delle plasmacellule in grado di produrre gli anticorpi. Dalle analisi è emerso che nel tempo queste evolvono portando alla produzione di anticorpi leggermente differenti rispetto a quelli originali. Anticorpi in grado di evolvere nel tempo neutralizzando in vitro varianti virali mai incontrate in precedenza.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.