Un articolo pubblicato sul BMJ racconta di alcuni errori procedurali nella sperimentazione. Ma con miliardi di dosi somministrate non è in dubbio la sicurezza ed efficacia della vaccinazione
A sollevare il caso Pfizergate ci ha pensato un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista British Medical Journal. Attenzione però a trarre facili conclusioni: le irregolarità segnalate dalla rivista -su indicazione di un'ex-dipendente di Ventavia, una delle società coinvolte nella realizzazione dello clinical trial che ha portato all'approvazione di Comirnaty- riguardano aspetti procedurali che poco hanno a che fare con la sicurezza ed efficacia della vaccinazione. Come spiega l'autore dell'articolo, il giornalista Paul Thacker, le irregolarità sono state rilevate da Brook Jackson, "regional director" di Ventavia, nel corso di alcune settimane di settembre 2020, il periodo per il quale la ricercatrice ha lavorato per l'azienda. Queste segnalazioni andranno indagate ma, complice l'elevato numero di somministrazioni in questi mesi, non mettono in dubbio la bontà del vaccino.
LA SPERIMENTAZIONE DI COMIRNATY
L'11 dicembre 2020 rappresenta una data storica nella lotta a Covid-19. E' in quel giorno che l'FDA approva in via emergenziale l'utilizzo di Comirnaty, il primo vaccino della storia contro Sars-Cov-2. Una decisione a cui segue, il 21 dicembre 2020, quella dell'EMA. Un'approvazione -quella del vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech- basata sui dati di un ampio clinical trial realizzato su oltre 40 mila partecipanti. I risultati, pubblicati dal New England Journal of Medicine, lasciano poco spazio alle interpretazioni: il vaccino è efficace nel 95% dei casi nell'evitare lo sviluppo della malattia (indipendentemente dall'età, dal sesso e dall'etnia) e la protezione inizia a partire dal quattordicesimo giorno dopo la prima somministrazione.
IL CASO DI VENTAVIA
Per arrivare a questo straordinario risultato l'azienda Pfizer-BioNTech ha condotto le sperimentazioni affidando la gestione del tutto a diverse società che si occupano di organizzare fattivamente il trial clinico. Una di queste è Ventavia, responsabile di 3 delle 153 sperimentazioni effettuate nelle diverse nazioni coinvolte. Da un punto di vista numerico si tratta dunque di mille persone gestite da Ventavia su un totale di 40 mila.
Ed è proprio sulle sperimentazioni condotte da Ventavia che si concentra l'attenzione del British Medical Journal. Secondo quanto riportato dalla rivista, durante le fasi di gestione del clinical trial si sarebbero verificate delle irregolarità e "poor practies". Questo significa che in generale il protocollo della sperimentazione non è stato seguito alla perfezione.
Ma quali sono queste "poor practies"? Secondo il racconto dell'ex-dipendente di Ventavia si tratterebbe di errori procedurali relativi a siringhe smaltite in sacchi di plastica e non in contenitori; mancato monitoraggio continuo del vaccinato dopo l'iniezione ma normale attesa in sala d'aspetto; comunicazione degli eventi avversi avvenuta 3 giorni dopo e non uno, come da protocollo; nomi dei partecipanti scritti sui campioni e quindi potenzialmente identificabile il gruppo dei vaccinati da quello placebo; mancata effettuazione di alcuni tamponi per testare eventuali positività.
INDAGARE... MA NON SOLO
Errori procedurali assolutamente da indagare -e del tutto grossolani da parte di chi gestisce un trial clinico- che non devono però indurre nell'errore di pensare che il risultato finale del trial clinico sia falsato. Sicurezza ed efficacia infatti, stando agli errori procedurali, non sono in discussione. Gli errori invece dovrebbero indurre chi affida la conduzione del trial clinico ad una seria riflessione sull'eventuale futura esclusione delle società che non si attengono rigorosamente ai protocolli. Ma al di là della questione procedurale -da indagare senza alcuno sconto- le miliardi di dosi somministrate sino ad oggi parlano da sole: i vaccini, sicuri ed efficaci, stanno cambiando la traiettoria della pandemia. Con la vaccinazione si riduce enormemente il rischio di contrarre la malattia, essere ricoverati e andare incontro a decesso.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.