I farmaci ci sono e funzionano. Ora bisogna individuare chi non sa di avere il virus. Gli screening assumeranno sempre più importanza
Screening e trattamento. E' questa la ricetta per eradicare l'epatite C entro il 2030, come da obbiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Saniatà. Un traguardo sempre più alla portata grazie all'avvento degli antivirali ad azione diretta. Ma per raggiungerlo, ora che la sfida scientifica è vinta, occorrerà individuare il "sommerso" attraverso campagne di screening come il progetto Fast-Track Cities.
CHE COS'E' L'EPATITE C
L'epatite C è una malattia virale che colpisce prevalentemente il fegato. I danni a lungo termine causati dalla sua presenza sono cirrosi e tumore del fegato. Non solo, essendo un'infezione cronica le persone positive sono maggiormente predisposte a diabete, insufficienza renale e malattie cardiovascolari. Eliminare il virus è fondamentale dunque sia per il benessere generale sia per ridurre la mortalità, indipendentemente dal danno al fegato.
COME SI CURA?
Sino a pochi anni fa l'unica cura per l'epatite C era rappresentata dalla somministrazione di interferone e ribavirina. Combinazione che garantiva un successo in meno della metà dei casi e con pesanti effetti collaterali. La situazione si è sbloccata con l'avvento degli antivirali ad azione diretta, molecole che hanno rivoluzionato il trattamento dell'epatite C. Grazie ad essi -le combinazioni approvate ad oggi da AIFA sono 9- il virus può essere eliminato in oltre il 98% dei casi. Trattamenti altamente efficaci, con pochi effetti collaterali e della durata di poche settimane (la cura più breve arriva a durare solo 8 settimane).
INDIVIDUARE IL SOMMERSO
Se la sfida da un punto di vista scientifico -e anche sul fronte dei costi- è vinta, ora tutto si gioca sull'individuazione delle persone da curare. Secondo uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità gli italiani da trattare sarebbero ancora 300 mila. Come intercettarli? La risposta si chiama screening, ovvero sottoporre particolari "fette" di popolazione al test per individuare la presenza del virus.
IL PROGETTO FAST-TRACK CITIES
Per raggiungere l'ambizioso progetto di eradicare il virus entro il 2030, sono molti i progetti a livello globale nati negli anni con l'obbiettivo di individuare e trattare i positivi. Uno di questi, il progetto Fast-Track Cities, è partito nel 2014 sulla base della Paris Declaration, una partnership globale tra oltre 300 città e comuni, IAPAC, UNAIDS, UN-Habitat e la Città di Parigi. Un progetto portato e curato in Italia già da tempi per un altro virus (non eradicabile ma trattabile se individuato precocemente), HIV, dalla Fondazione The Bridge.
AGIRE A LIVELLO LOCALE
"L'eliminazione dell'Epatite C -spiega il professor Alessio Aghemo, responsabile dell'unità operativa di epatologia e docente associato di gastroenterologia all’Humanitas University- passa per un lavoro di squadra che include società scientifiche, pazienti, istituzioni, amministrazioni locali, tutti efficacemente rappresentati nel progetto Fast-Track Cities. Sono fondamentali dei progetti a livello locale, perché è con questo tipo di approccio che si possono definire dei percorsi diagnostico-terapeutici efficaci e perché vi sono le risorse per intervenire. Il focus si è spostato dal trattamento all'identificazione dei pazienti con malattia finora sfuggiti alle cure per i più diversi motivi: perché privi di sintomi, perché non a conoscenza delle nuove soluzioni terapeutiche, perché spaventati dalle terapie precedenti o perché non seguiti da specialisti. L’iniziativa delle Fast-Track Cities si rivela di grande impatto, in quanto permette di giovarsi di un’esperienza già maturata sull'HIV anche ad altri ambiti: è un modello virtuoso di collaborazione tra diversi stakeholder che perseguono gli stessi obiettivi. Traduce in pratica il concetto di microeliminazione e si applica a contesti specifici quali singole città, ospedali o popolazioni con caratteristiche comuni".