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Daniele Banfi
pubblicato il 27-07-2022

Epatite C: a rischio le campagne di screening



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A rischio i fondi destinati alle campagne di screening, tappa fondamentale per individuare i portatori del virus e curarli adeguatamente. Così si allontana l'obbiettivo eradicazione entro il 2030

Epatite C: a rischio le campagne di screening

Cattive notizie nella Giornata Mondiale dedicata alle epatiti. A causa delle recenti vicende politiche è a rischio il rinnovo del fondo per realizzare le campagne di screening utili ad individuare il "sommerso" dei portatori del virus dell'epatite C, premessa per l'inizio dei trattamenti. Una situazione che mette a forte rischio il raggiungimento dell'obbiettivo eradicazione della malattia stabilito dall'OMS per il 2030. Ad annunciarlo, nella giornata dedicata, l'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT).

CHE COSA E' L'EPATITE C?

L'epatite C è una malattia virale che colpisce prevalentemente il fegato. I danni a lungo termine causati dalla sua presenza sono cirrosi e tumore del fegato. Non solo, essendo un'infezione cronica le persone positive sono maggiormente predisposte a diabete, insufficienza renale e malattie cardiovascolari. Eliminare il virus è fondamentale dunque sia per il benessere generale sia per ridurre la mortalità, indipendentemente dal danno al fegato.

COME SI CURA?

Sino a pochi anni fa l'unica cura per l'epatite C era rappresentata dalla somministrazione di interferone e ribavirina. Combinazione che garantiva un successo in meno della metà dei casi e con pesanti effetti collaterali. La situazione si è sbloccata con l'avvento degli antivirali ad azione diretta, molecole che hanno rivoluzionato il trattamento dell'epatite C. Grazie ad essi -le combinazioni approvate ad oggi da AIFA sono 9- il virus può essere eliminato in oltre il 98% dei casi. Trattamenti altamente efficaci, con pochi effetti collaterali e della durata di poche settimane (la cura più breve arriva a durare solo 8 settimane).

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PERCHÉ SONO IMPORTANTI GLI SCREENING?

La malattia spesso si manifesta quando il danno al fegato è già presente. Ecco perché individuare il sommerso -ovvero chi è positivo al virus ma non ha ancora sviluppato la malattia- è più che mai fondamentale. In questi ultimi anni, curati i casi più gravi, l'attenzione si è progressivamente concentrata proprio su questi malati che non sanno di esserlo. Secondo l'Istituto Superiore di Sanità questo "sommerso" sarebbe pari a circa 300 mila persone. Il miglior modo per intercettarle si chiama screening, ovvero sottoporre particolari "fette" di popolazione al test per individuare la presenza del virus mediante l'analisi di una goccia di sangue o l'analisi della saliva.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Screening, iniziati negli anni scorsi, che rischiano ora di arenarsi a causa della decisione di non ammissibilità dell'emendamento che prevedeva il rinnovo del fondo. «Gli screening per scovare i casi di Epatite C rappresentano una buona prassi che ha insignito l'Italia del ruolo di leader contro le malattie del fegato e le malattie infettive –sottolinea il professor Alessio Aghemo, Segretario AISF–. Dopo il bilancio in chiaroscuro dell’ultimo biennio, è auspicabile prolungare la disponibilità dei 71,5 milioni di euro già stanziati nel 2020 fino al 31 dicembre 2023, per poi inserire stabilmente in futuro la pratica degli screening come un elemento stabile del nostro SSN. Con questo approccio, infatti, sarà possibile curare centinaia di migliaia di persone ed eliminare l'Epatite C nel nostro Paese».

Dello stesso parere anche la SIMIT: «La nostra società esprime viva preoccupazione per la recente non ammissibilità della proroga del fondo per gli screening –ribadisce il professor Claudio Mastroianni–. La terapia, infatti, oltre a curare il paziente, rappresenta anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus. Per queste ragioni è importante sviluppare l’azione in molteplici direzioni: servono politiche di screening a livello regionale su popolazioni target come presso carceri e servizi pubblici per le dipendenze (SerD), una ricerca del sommerso nelle fasce d’età previste nel decreto ministeriale e uno screening opportunistico, da effettuarsi ogniqualvolta una persona abbia la possibilità di farlo». Senza questa possibilità l'eradicazione del virus, già in ritardo a causa della pandemia, rischia di diventare un tranguardo irraggiungibile per il 2030.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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