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Daniele Banfi
pubblicato il 06-09-2021

Covid-19: malattia sotto controllo grazie alla vaccinazione



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I vaccini riducono fortemente l'impatto di Covid-19 diminuendo le probabilità di ricovero e decesso. Quando ci si infetta comunque la malattia risulta più blanda

Covid-19: malattia sotto controllo grazie alla vaccinazione

I vaccini contro Covid-19 stanno permettendo di controllare la pandemia riducendo al minimo le conseguenze del virus sia sulla persona sia, di riflesso, sull'intero sistema sanitario nazionale. I dati parlando chiaro: nei vaccinati le probabilità di andare incontro a complicanze -anche in caso di infezione- da Covid-19 sono estremamente più basse rispetto ai non vaccinati. L'efficacia contro la malattia sintomatica sembra calare nel tempo ma quella contro la malattia grave rimane elevatissima. Ecco perché, una terza dose di vaccino, non sembra così scontata per tutti gli individui ma -numeri alla mano- solo per alcune particolari categorie di persone maggiormente a rischio.

IL CALO DELL'EFFICACIA

Nelle ultime settimane uno degli argomenti che più ha interessato la comunità scientifica -e il grande pubblico- è stato il presunto "calo dell'efficacia" dei vaccini oggi in commercio contro Covid-19. Diversi studi e dati provenienti un po' da tutto il mondo -Israele in primis- stanno indicando che nel tempo la capacità dei vaccini di evitare di sviluppare sintomi stia calando nel tempo. Ad esempio, negli over-60 di Israele, tale efficacia sarebbe calata dal 73% al 57%. Secondo invece i dati dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) su quanto sta accadendo in Italia, la riduzione c'è ma non così marcata. Pur essendoci diverse ipotesi sulla differente risposta tra Israele e altre nazioni simili all'Italia, c'è un dato in comune che lascia poco spazio alle interpretazioni: l'efficacia contro la malattia grave -intesa come probabilità di ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e decesso- rimane estremamente elevata. Ad esempio, per quanto riguarda l'ospedalizzazione, siamo al 94%. Quanto all'efficacia nell'evitare il decesso, la percentuale arriva al 97%.

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Certamente la vaccinazione, pur non essendo un'arma efficace al 100%, sta cambiando radicalmente l'impatto della pandemia. Nell'ultimo report dell'ISS c'è un dato su tutti che sta indicando la straordinaria efficacia dei vaccini ed è quello relativo al confronto tra le probabilità di finire ricoverati per Covid-19 tra chi si è vaccinato e chi no. Incrociando i dati relativi allo status vaccinale con quello dei ricoveri per positività a Sars-Cov-2 emerge che il tasso di ricovero nei non vaccinati è 9 volte più alto rispetto ai vaccinati completi (187,8 vs 21,1 ricoveri per 100.000 ab). Non solo, il tasso di ricoveri in intensiva è 15 volte più basso nei vaccinati (1,0 vs 14,6). Numeri importanti che si traducono anche sulla mortalità: il tasso di decesso è 15 volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati completi (5,3 vs 0,3 per 100.000 abitanti). 

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IL VACCINO PROTEGGE, ANCHE IN CASO DI INFEZIONE

Come detto, la vaccinazione non è l'arma perfetta ma sta aiutando enormemente a "disinnescare" l'impatto della malattia e i numeri appena raccontati sono testimonianza diretta di ciò. Infettarsi nonostante la vaccinazione è sì possibile ma l'effetto del virus è decisamente minore. Un recente studio apparso sulle pagine del New England Journal of Medicine ha dimostrato che nei vaccinati positivi al virus -gli addetti ai lavori le chiamano "breakthrough infections"- i sintomi di Covid-19 sono decisamente più blandi. Non solo, uno studio pre-print delle scorse ore pubblicato su MedRXiv -ma a riguardo ce ne sono diversi- sta mostrando come nei vaccinati positivi al virus il periodo di infettività risulti ridotto. Infine, ultimo in ordine di tempo apparso su The Lancet Infectious Diseases, ha mostrato come le probabilità di andare incontro ai danni da long-Covid sono estremamente inferiori nei vaccinati rispetto ai non vaccinati. Studi che, messi insieme, indicano chiaramente che la vaccinazione è sempre un vantaggio, anche in caso di infezione. 

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TERZA DOSE: ANCORA DUBBI 

Di fronte a questi dati estremamente confortanti, perché ora si sta dibattendo di una eventuale terza dose? L'idea nasce da Israele dove ciò è già realtà negli individui over-60, quelli maggiormente a rischio. Pur rimanendo elevata la protezione contro la malattia grave, Israele ha deciso per una terza dose che -stando ai primi dati in arrivo- starebbe contribuendo a riportare l'efficacia contro la malattia sintomatica a livelli elevatissimi. Sulla necessità di una terza dose non tutta la comunità scientifica è però concorde poiché, numeri alla mano, i vaccini stanno continuando a proteggere egregiamente dagli sviluppi più gravi della malattia. Come sempre però non è tutto bianco o nero, esistono delle sfumature importanti. Alcuni studi hanno dimostrato che per specifiche categorie di pazienti la terza dose sarebbe assolutamente indicata. E' questo il caso degli individui immunocompromessi come i grandi anziani, i trapiantati, i dializzati e alcuni pazienti oncologici. Non a caso, al di là delle dichiarazioni politiche, il parere di EMA sulla terza dose è chiaro: "l'evidenza sull'efficacia dei vaccini e sulla durata della protezione mostra che tutti i vaccini autorizzati nell'Ue sono attualmente in grado di fornire un'alta protezione contro il Covid-19 in relazione al ricovero in ospedale, alla malattia grave e alla morte, mentre nell'Ue ancora un adulto su tre -tra gli over 18 - non è completamente vaccinato. In questa situazione, la priorità ora dovrebbe essere la vaccinazione di tutti gli individui che ancora non hanno completato il ciclo di vaccinazione raccomandato". Quanto ai casi specifici: "Studi riferiscono che una dose aggiuntiva può migliorare la risposta immunitaria in individui immunocompromessi, come i trapiantati in cui la risposta iniziale è debole. In questi casi l'opzione di una dose aggiuntiva va considerata sin d'ora". 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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