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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 03-06-2015

Quanto rischia il mio cuore nei prossimi dieci anni? Lo dice un test



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Si chiama Globorisk ed è stato ideato per prevedere le probabilità di infarto o ictus. Validato dai 40 anni in su, è adattabile a ogni paese del mondo per impostare la politica sanitaria

Quanto rischia il mio cuore nei prossimi dieci anni? Lo dice un test

Prevedere il rischio cardiovascolare per i 10 anni a seguire in chi ha 40 anni e oltre, in qualunque parte del mondo. Questo è “Globorisk”, un metodo che non è fatto per spaventare ma per prevenire e che è stato presentato in un articolo su The Lancet. A firmarlo è il dottor Goodarz Danaei dell’Università di Harvard che ha guidato la ricerca usando otto studi di coorte così da comprendere, alla fine, cinquantamila persone. Questo “misuratore” può venire adattato facilmente a questo o quel paese impiegando informazioni facili da ottenere, proprio di routine: pressione del sangue, diabete, colesterolo, fumo, età, sesso. 

 

PAESI POVERI A RISCHIO

Dei test di previsione esistono già, ma a differenza di questo non erano stati tarati anche nei confronto dei paesi con basso o medio reddito pro capite. I ricercatori di Boston hanno per esempio stimato che l’alto rischio (dal 10% in su) di avere un attacco di cuore o ictus fatali entro dieci anni è più diffuso nei paesi poveri, tipo Cina e Messico, rispetto a paesi più ricchi come la Corea del Sud, la Spagna o la Danimarca. Addirittura in Cina un terzo degli uomini e delle donne - il che in un paese così grande vuol dire 170 milioni di persone di età compresa tra 40 e 84 anni - hanno un rischio cardiovascolare mortale parecchio più alto nel prossimo decennio rispetto al 5-10% di rischio degli spagnoli e dei danesi

 

IL PARERE DELL’ESPERTO

Sull’utilità del Globorisk sentiamo il professor Francesco Alamanni, ordinario di Cardiochirurgia e direttore del programma di chirurgia cardiovascolare al Centro cardiologico Monzino di Milano. «Intanto stavolta la taratura per i diversi paesi risulta ben fatta», è la prima approvazione. «Poi, i fattori di rischio sono moltissimi, qui si è fatta una scelta di buon senso di alcuni parametri facili da rilevare su grandi numeri. In quest’ottica non importa che il test non sia dei più raffinati». Per l’utilità il professor Alamanni guarda al singolo e guarda alla collettività: «Se mi dicono che in 10 anni ho un rischio del 20 % di un infarto o ictus fatali, chiedo al medico che cosa posso fare per scongiurarlo. Non si tratterà soltanto di prendere medicine, ma di cambiare stile di vita: niente fumo, controllo dell’alimentazione, del peso, esercizio fisico…». 

 

UNO STRUMENTO A DISPOSIZIONE DEI GOVERNI

Un’informazione capace quindi di cambiarci la vita, come abitudini, giorno per giorno, al fine di prolungarla. Quanto ai governi, secondo Alamanni avere il Globorisk della popolazione sarà un ottimo strumento per impostare la politica sanitaria. «Se in paese il livello di rischio risulta aumentato, bisogna controllare il perché: o si fa poca prevenzione primaria o c’è un non facile accesso alle cure, o si danno in particolare delle complicanze. Un governo utilizzando il Globorisk adattato alla sua situazione può anche controllare la validità dei suoi piani di intervento misurando il rischio al momento della partenza e, di nuovo, quando le misure di prevenzione saranno entrate in piena applicazione». 

 

POCA PREVENZIONE IN ITALIA

E l’Italia come appare? «Il sistema Italia appare tarato più sulle cure che sulla prevenzione. E non c’è una univoca politica sanitaria in tutto il paese. Col Globorisk si ha uno strumento per capire le varie zone», conclude Francesco Alamanni. Al fine, si spera, di uniformarle, naturalmente al livello più alto di efficienza nella prevenzione.

 

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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