Grazie alle nanoparticelle ricercatori americani sono riusciti a creare una specie di calamita naturale in grado di attrarre le cellule del sistema immunitario e spegnere l’infiammazione
I dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo nei Paesi industrializzati. Nella sola Europa sono 4 milioni le persone che ogni anno perdono la vita. Quando si sopravvive ad un infarto però non è di certo una passeggiata. I danni a carico del cuore rimangono ma buone notizie giungono dal mondo della ricerca: grazie all’utilizzo delle nanotecnologie sembrerebbe possibile ridurre sino al 50 per cento i danni a carico del muscolo cardiaco. Come? Spegnendo sul nascere l’infiammazione. Ad affermarlo, in uno studio da poco pubblicato dalla rivista Science Traslational Medicine, sono i ricercatori della Northwestern University di Chicago (Stati Uniti).
COSA ACCADE
Una delle principali cause dell'infarto è l'ostruzione delle arterie provocata dalla presenza di placche aterosclerotiche. Si tratta di veri e propri intoppi che impediscono il corretto flusso del sangue. Quando le coronarie, ovvero quei vasi che irrorano il cuore, si ostruiscono il sangue non riesce più ad arrivare e di conseguenza il tessuto cardiaco muore poiché non riceve più nutrimento. In questi casi, nella zona del danno, si concentra la presenza di cellule del sistema immunitario che secernono numerosi fattori infiammatori. Un processo che danneggia ulteriormente il già provato muscolo cardiaco.
CALAMITA NATURALE
Una delle possibili strategie per limitare i danni sembrerebbe dunque essere quella che prevede lo “spegnimento” dell’infiammazione. Come? Intercettando e mettendo a tacere le cellule del sistema immunitario presenti a livello del tessuto danneggiato. Per fare ciò gli scienziati statunitensi hanno creato delle nanoparticelle costituite da acido lattico coniugate ad acido glicolico. La particolarità di queste sfere è quella di avere una carica negativa sulla superficie capace di attirare, come quanto avviene con una calamita, le cellule del sistema immunitario. Quando avviene il legame queste ultime si disattivano e vengono indirizzate nella milza per essere eliminate.
LO STUDIO
Ad oggi le nanoparticelle sono state testate nei topi e la loro iniezione, che deve avvenire entro le 24 ore successive l’infarto, ha permesso di ridurre del 50 per cento i danni a livello cardiaco. Come spiega Daniel Getts della Northwestern University, uno degli autori dello studio, «Questa è la prima terapia che va a colpire un fattore chiave responsabile dei danni cardiaci da infarto. Non ci sono altri trattamenti all’orizzonte in grado di agire così. La nuova cura può potenzialmente trasformare il modo con cui si affrontano gli attacchi di cuore e le malattie cardiovascolari».
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.