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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 29-06-2017

Istruzione e salute: e se la laurea proteggesse il cuore?



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Due ricerche Usa mostrano un’associazione tra il livello di istruzione e la probabilità di una malattia cardiovascolare nel corso della vita. Gli autori: importante attenuare le disparità

Istruzione e salute: e se la laurea proteggesse il cuore?

Il famoso pezzo di carta, qui inteso come laurea e principale traguardo di un’istruzione superiore, ti procura (forse) un lavoro migliore, ma forse finisce per proteggere  anche cuore e arterie. Sembrerebbe riassumersi così la ricerca dell’Università del Minnesota (Usa) pubblicata su Jama Internal Medicine sul rapporto tra livello di istruzione e possibilità di subire un infarto, insufficienza cardiaca o ictus. Una relazione inversamente proporzionale che di primo acchito stupisce, ma che compare supportata da tutta un’altra ricerca di cui riferiremo, firmata anche da un Nobel.


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EDUCAZIONE E SALUTE 

Ma intanto ecco i quattordicimila volontari bianchi e afroamericani ingaggiati dall’équipe del professor Yasuhiko Kubota tra gente di età 45-64 anni, senza alcun problema cardiocircolatorio, seguiti per ben 26 anni: dal 1987 al 2013. In quel periodo gli studiosi hanno rilevato più di 4.500 problemi cardiovascolari e 2.400 decessi non legati al cuore. Ed ecco le percentuali del rapporto cultura-salute cardiaca: tra gli uomini con un’istruzione di base il rischio cardiovascolare nel corso della vita è risultato del 59 per cento, diminuendo fino al 42 per cento tra i laureati. Tra le donne la disparità risulta ancora più forte: con il 51 per cento di rischio tra le meno istruite e appena un 28 per cento tra le donne che avevano raggiunto il massimo livello di studi scolastici.

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RIDURRE LE DISPARITÀ 

L’analisi dei ricercatori del Minnesota ha escluso dai dati altri importanti fattori socio-economici come il reddito familiare, il tipo di lavoro e il livello di istruzione dei genitori. Riassumendo: «Più di un individuo su due, uomo o donna, con un’istruzione che non è arrivata alle scuole superiori ha avuto un attacco cardiovascolare nel corso della sua vita», hanno scritto i ricercatori. «I nostri risultati sottolineano la necessità di maggiori sforzi per ridurre le disuguaglianze cardiovascolari legate alle disparità educative».

ALTRI RISCHI PER I NON LAUREATI 

L’altra ricerca cui si accennava è firmata da due economisti dell’Università di Princeton, Anne Case e Angus Deaton, premio Nobel nel 2015, che ne scrivono sui Brookings Papers on Economic Activity. Per gli americani bianchi non laureati - documentano - si è interrotto il declino in corso da decenni nell’incidenza dei problemi cardiovascolari. Ma non basta per questa fascia di persone: dalla fine degli anni Novanta per la prima volta da decenni si stanno anche riducendo le loro aspettative di vita a prescindere dal cuore. Tra le cause, anche molti suicidi o l’abuso di alcol e di droghe che i due studiosi hanno definito complessivamente «deaths of despair», morti della disperazione. Sono tendenze che non si ritrovano nella popolazione della stessa età e dello stesso livello di studi afro-americana, ma neanche europea. Nel contempo, secondo le ricerche di Case e Deaton, fra gli americani bianchi con laurea la mortalità nella mezza età continua a diminuire. Appare evidente che dalla medicina l’indagine deve spostarsi in ambito più ampio per scavare alla ricerca del nesso profondo fra studi e salute.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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