Anche se sono più a rischio gli anziani l’aritmia è ormai diffusa negli adolescenti. Il “cuore pazzo” ha molte cause tra cui il fumo. Quali sono gli esami per scoprirla e i principali trattamenti per curarla, compreso l'intervento chirurgico
BATTITI IRREGOLARI- «Le aritmie sono un'alterazione del normale battito cardiaco. Sono dei fenomeni che vanno a modificare l'attività elettrica del cuore» spiega il dottor Claudio Tondo, responsabile dell'Unità di Aritmologia ed Elettrofisiologia presso l'Ospedale Cardiologico Monzino di Milano. Diverse sono le cause che portano il cuore a soffrire di aritmia. Oltre alla semplice tensione emotiva, che alle volte può causare quella sensazione fastidiosa di un “salto” nel petto, tra i principali fattori che scatenano il disturbo possiamo trovare il fumo e il consumo di alcol. Sostanze queste che sono in grado di eccitare l'attività elettrica e dare quindi origine all'aritmia. «Esistono poi anche delle persone -spiega Tondo- che avvertono il disturbo o dopo i pasti o durante l'attività fisica».
DISTURBO SENZA ETA'- Anche se non esiste un'età certa in cui si cominciano ad avvertire i sintomi di un'aritmia, le persone anziane sono quelle più a rischio. «Un dato importante ma che non deve far dimenticare che questo genere di disturbo può manifestarsi anche in tenerà età» spiega Tondo. In questo caso i giovani affetti da aritmia lo sono per cause congenite sin dalla nascita. Nonostante non tutte le aritmie siano gravi è importante che queste vengano diagnositicate.
CAMPANELLI D'ALLARME- I sintomi iniziali della presenza di aritmie sono diversi. «Sicuramente quello principale -spiega Tondo- è la sensazione di tonfo al cuore segnalata come mancanza di un battito. Non solo, alcune persone addirittura hanno un colpo di tosse. Queste sono tutte manifestazioni apparentemente aspecifiche ma che devono invece far sospettare il medico della presenza di una possibile aritmia». Oltre a questa classica sensazione, un altro campanello d'allarme è dato dall'affanno nello svolgere le normali attività che sino a prima del disturbo non richiedevano molto impegno fisico.
QUALI ESAMI?- L'esame essenziale per valutare l'eventuale presenza del disturbo è l'elettrocardiogramma. L'unico punto a sfavore di questo tipo di indagine è dato dalla sua breve durata. E' infatti probabile che durante la registrazione il tracciato possa risultare normale perchè in quel dato lasso di tempo, la persona affetta da aritmia, non manifesta sintomi. «Per ovviare a questo tipo di problema esistono dei sistemi di monitoraggio della frequenza cardiaca che possono registrare il battito per periodi più lunghi come l'intera giornata o addirittura l'intera settimana» spiega Tondo. Aumentando dunque la durata di registrazione aumenta la probabilità di cogliere l'evento aritmico.
CURE FARMACOLOGICHE- La cura delle aritmie può essere effettuata mediante diversi approcci. Il primo è rappresentato dal trattamento farmacologico. Una delle possibili strategie è quella di somministrare dei farmaci che agiscano in modo tale da rilassare il sistema cardiocircolatorio attraverso una riduzione della frequenza cardiaca. «In altri casi invece, dove l'aritmia è persistente anche se benigna, il trattamento prevede l'utilizzo di farmaci specifici chiamati “anti-aritmici”» dichiara Tondo.
RUOLO DELLA CHIRURGIA- Esistono poi dei casi in cui il classico approccio farmacologico non sembra dare risultati. In questo caso si parla di aritmie persistenti refrattarie ai farmaci. La modalità attraverso la quale è possibile eliminare il distrubo è l'intervento chirurgico. «Le attuali tecniche ci consento, attraverso particolari sonde, di arrivare alle cavità cardiache ed individuare il focolaio da cui si origina l'aritmia. Una volta identificato è possibile intervenire attraverso un intervento di cauterizzazione, ovvero una rimozione di quelle zone che scatenano l'evento aritmico» conclude Tondo. La tecnica ablativa, questo è il nome, viene utilizzata in aritmologia interventistica già da circa 20 anni con straordinari risultati.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.