Secondo uno studio, presentato al Congresso Hypertension 2014 di Atene, ad ogni tipo di pressione arteriosa corrisponderebbe una particolare malattia cardiovascolare
«Di che pressione sei?». Saperlo sembrerebbe fondamentale. Un recente studio condotto dall’Institute for Health Informatics Farr Research di Londra, pubblicato su The Lancet, indicherebbe infatti una correlazione fra la potenzialità a sviluppare nell’arco della vita una specifica malattia cardiovascolare e il tipo di pressione alta, o minima o massima, cui si è soggetti.
LO STUDIO
Sono stati presi in esame oltre un milione e trecento mila pazienti di età superiore ai 30 anni, con un inizio di malattie cardiovascolari, suddividendoli per fasce di età e problematica. Poi sono stati monitorati per oltre cinque anni; un tempo sufficiente ai ricercatori per tracciare l’andamento pressorio in dodici malattie cardiache - angina stabile e instabile, infarto del miocardio, disturbi coronarici, insufficienza cardiaca, arresto cardiaco, attacco ischemico, ictus ischemico, emorragia subaracnoidea e intracerebrale, aneurisma addominale dell’aorta e malattia arteriosa periferica - arrivando a scoprire uno stretto binomio fra tipo di pressione e evento cardiovascolare.
«L’osservazione di oltre 83mila manifestazioni cardiovascolari – spiega la dottoressa Eleni Rapsomaniki, fra gli autori dello studio – attesterebbe che livelli elevati di pressione sistolica (massima) aumentano il rischio di emorragie (in tutte le sue forme), ictus e angina stabile. Di contro la pressione diastolica alta (minima) predisporrebbe allo sviluppo di possibili aneurismi dell’aorta addominale». Ma lo studio ha avuto anche un ulteriore merito: quello di calcolare il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari tra i 30 e gli 80 anni. «Vi sarebbe l’evidenza scientifica - continua la cardiologa - che la pressione alta, in giovane età, eleva al 63% il rischio di sviluppare un evento cardiovascolare, anticipandolo anche di cinque anni».
PRESSIONE ALTA: CON QUALE
FREQUENZA VA CONTROLLATA?
IL PARERE DELL’ESPERTO
I dati dello studio e l’indicazione sulla precocità di incorrere in una malattia cardiaca, non solo sembrano dare nuove informazioni per un migliore approccio al paziente a rischio, ma segnalerebbero anche la necessità di adottare nuove strategie di prevenzione. «La prevenzione primaria, ovvero quella che si mette in atto prima che l’evento sia capitato - spiega Roberto Meazza, responsabile del Centro Ipertensione della Fondazione Ca’ Granda - è sicuramente quella da prediligere. La riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari nei paesi a elevato reddito è correla sicuramente con la migliore conoscenza e controllo dei fattori di rischio che portano alla malattia e all’utilizzo di farmaci che hanno anch’essi un ruolo preventivo. I dati emersi da questo studio confermano una relazione fra elevati valori pressori, principale fattore di rischio cardiovascolare, e probabilità di sviluppare differenti patologie cardiovascolari. Dunque il controllo dei valori pressori è il fulcro della strategia preventiva e l’aspetto sui cui deve puntare la ricerca presente e futura».