Identificata una variante genica che tiene a bada i livelli di LDL a livello sanguigno. E' una proteina che ne regola l'assorbimento a livello intestinale
Chi l'ha detto che tutte le mutazioni genetiche a livello del Dna sono dannose? In diversi casi, grazie alle sempre più sofisticate tecniche di sequenziamento del genoma, è stato dimostrato che esistono alterazioni che portano un vantaggio. Un esempio? Secondo uno studio da poco pubblicato dalla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, possedere una particolare mutazione nel gene NPC1L1 riduce i livelli ematici di colesterolo LDL -quello cattivo- dimezzando così il rischio infarto.
GRASSI CATTIVI E BUONI
Il colesterolo è un grasso presente nel sangue, in gran parte prodotto dall’organismo e in minima parte introdotto con la dieta, che svolge diverse funzioni importanti nell'organismo. Esso, tra i tanti processi nel quale è coinvolto, è importante nel fenome della digestione -grazie alla formazione della bile-, favorisce la costruzione della parete delle cellule e consente la formazione di ormoni come il testosterone e gli estrogeni. Il colesterolo, però, non è tutto uguale: quello da temere è l'LDL, capace di depositarsi nelle pareti delle arterie portando, alla lunga, malattie cardiovascolari come infarti e ictus. Mantenere i livelli controllati è di fondamentale importanza per abbassare il rischio cardiovascolare.
LO STUDIO
Recenti studi indicano l'importanza della componente genetica negli elevati livelli di colesterolo. Esistono infatti delle malattie, un esempio è l'ipercolesterolemia famigliare, dove alcune mutazioni portano alla produzione di eccessive quantità di grasso. E' però vero anche il contrario e lo studio da poco pubblicato lo dimostra. Eseguendo una mappatura del Dna su oltre 20 mila persone, un terzo delle quali con coronaropatia, i ricercatori hanno identificato 15 mutazioni nel gene NPC1L1 in grado di alterare la produzione di colesterolo. Il gene in questione è responsabile dell'assorbimento a livello intestinale dei grassi. In particolare i portatori di una mutazione specifica avevano una quantità di colesterolo LDL nel sangue inferiore di 12 mg/dl rispetto agli altri e un rischio d’infarto cardiaco pressoché dimezzato (inferiore cioè del 53%). Estendendo le analisi è emerso che i fortunati portatori della “difetto” benefico sono circa un individuo su 650 a livello della popolazione globale.
IL COMMENTO
«Avere una copia del gene non funzionante è esattamente come assumere ogni giorno della nostra vita un farmaco che inibisce quel gene» ha dichiarato Nathan Stitziel, direttore del Center for Cardiovascular Genetics dell’Università di Washington. Non a caso un famoso farmaco utilizzato per tenere a bada i livelli di colesterolo agisce esattamente andando ad inibire la funzione di NPC1L1.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.