Nella giornata mondiale contro la malattia, l'Oms afferma di voler ridurre i nuovi casi entro il 2035. Ma per adesso la malattia, tra quelle infettive, è seconda soltanto all'Aids
Terapie: quali le prospettive più incoraggianti?
Miete ancora troppe vittime ogni anno: almeno un milione e mezzo, dato che la pone alle spalle soltanto dell’Aids. La tubercolosi, di cui oggi si celebra la giornata mondiale, è tutt’altro che una malattia dimenticata. Dal batterio responsabile - mycobacterium tubercolosis, scoperto 135 anni fa da Robert Koch, Nobel per la medicina nel 1905 - risulterebbe infetto circa un terzo della popolazione mondiale. Non tutti, per fortuna, sviluppano la malattia (in assenza della quale non possono nemmeno trasmetterla). Ma l’infezione, quando attiva, espone a un rischio quasi trenta volte più alto di contrarre l’Hiv. Un problema non di poco conto, soprattutto nelle realtà in via di sviluppo.
Tubercolosi: qual è la situazione in Italia?
MIRINO SUL 2035
Arrivare a un mondo quasi libero tubercolosi non è un’utopia per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, convinta di poter ridurre le morti del 95% entro il 2035. A patto, però, che si rafforzino le strategie preventive all’interno dei singoli Paesi, vengano offerte maggiori possibili di cura alle popolazioni migranti e si affronti il problema delle forme resistenti della malattia, che soltanto nel 2013 hanno colpito 480mila persone nel mondo. Seppure meno rispetto ad altre realtà, la malattia è diffusa anche in Europa (360mila ammalati) e in Italia, dove spesso si lancia l’allarme soltanto in occasione di nuovi focolai.
«Ma andando avanti di questo passo l'Unione Europea non riuscirà a eliminare la malattia prima del prossimo secolo - afferma Antonietta Filia, epidemiologa del centro malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità -. Per raggiungere l’eliminazione entro il 2050, il declino annuale dei casi dovrebbe essere almeno pari al doppio di quello attuale. Oggi la maggior parte dei casi si verifica in persone immigrate. Nei Paesi ad alta incidenza, invece, si contano molti casi di reinfezione e casi multiresistenti». Nel 2013, lungo la Penisola, si sono verificati 3153 nuovi casi di malattia: soprattutto tra gli anziani e nelle comunità migranti (l'incidenza è quattro volte più alta nelle città metropolitane). Ecco perché, nonostante il calo costante che si registra dal secondo dopoguerra, è proibito abbassare la guardia.
Tubercolosi: ecco come il batterio è diventato resistente ai farmaci
SE I FARMACI NON FUNZIONANO
Quello della resistenza agli antibiotici è uno dei primi aspetti da affrontare se si vuole mettere alle spalle la malattia. Nel caso della tubercolosi (Mdr), il problema riguarda la capacità del batterio responsabile dell’infezione di non essere stanato dai due più potenti antibiotici usati contro di esso: l’isoniazide e la rifampicina. Anche in questo il motivo per cui l’emergenza sta assumendo proporzioni sempre più ampie è l’utilizzo scorretto dei farmaci.
Così la malattia, se non curata adeguatamente, si diffonde soprattutto negli ambienti affollati: come le carceri, le scuole e gli ospedali (si stima che un tubercolotico possa infettare anche venti persone in un solo anno). Ancora più delicata è la vicenda della tubercolosi estensivamente resistente ai farmaci (50mila casi nel mondo), un’ulteriore evoluzione della malattia (riconosciuta dall’Oms dal 2006) che pone il mycobacterium tubercolosis al riparo anche dai farmaci di seconda linea (gli antibiotici fluorochinoloni, capreomicina, kanamicina, e amikacina).
Di conseguenza curare l’infezione può diventare impossibile, soprattutto in quelle realtà che non dispongono di tutti i farmaci attualmente in uso. Adesso si guarda con interesse all’impiego come adiuvante delle cellule stromali mesenchimali. Si tratta di cellule dotate di potere rigenerativo che possono essere ottenute da diversi tessuti: come midollo osseo, sangue periferico, cordone ombelicale, tessuto adiposo e derma. In diversi studi si sono dimostrate capaci di stimolare le staminali dei polmoni nella rigenerazione dell’epitelio danneggiato dal batterio della tubercolosi.
Dalla vitamina D una “nuova” arma contro la malattia?
SCARSA PROFILASSI
La ricerca di un vaccino che possa avere un impatto riducendo il carico globale della malattia è ancora in fase embrionale. Da più di ottant’anni l'unico vaccino antitubercolare esistente è un vaccino vivo attenuato, il Bcg (bacillo di Calmette-Guerin) che, pur proteggendo nei primi 5-10 anni di vita, non è efficace nel periodo successivo: né per la prevenzione della malattia né per l'interruzione della trasmissione della TB nella popolazione. a complicare i piani, finora, è stata la scarsa conoscenza degli indicatori di infezione latente o in fase di recidiva.
(a cura di Daniele Banfi, Fabio Di Todaro, Cinzia Pozzi ed Edoardo Stucchi)