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Serena Zoli
pubblicato il 26-05-2012

Se parli due lingue e balli allontani l'Alzheimer



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Sapere e praticare l’inglese o il francese crea una “riserva cognitiva” utile per contrastare la demenza. Anche l’attività fisica aiuta: ma solo se è divertente. «E’ il piacere», spiega il dottor Antonio Guaita «l’ingrediente che fa la differenza per proteggere il cervello»

Se parli due lingue e balli allontani l'Alzheimer

Se parli due lingue, allontani il rischio di Alzheimer. Se si è predisposti, la demenza verrà, ma intanto si guadagnano anni di piena salute mentale. E solo perché si è imparata e praticata almeno una lingua straniera, meglio – si immagina – se più di una. L’affermazione viene da un recente studio della New York University che sugli effetti benefici del bilinguismo non fa che confermare precedenti ricerche, ma che in più si interroga sul perché ciò avvenga. L’ipotesi pubblicata su Trends in Cognitive Sciences è che il costante sforzo lungo gli anni per “maneggiare” due linguaggi al fine di scegliere di volta in volta la parola o l’espressione più giusta, attivi aree del cervello che sono centrali per l’attenzione e per il controllo cognitivo. E quest’esercizio continuo andrebbe a rafforzare e riconfigurare tali regioni cerebrali, posticipando così  la possibile avanzata della demenza.

BENEFICI DEL BILINGUISMO -  «Si sapeva già che il bilinguismo ha un effetto benefico sullo sviluppo cognitivo dei bambini», ha detto la dottoressa Ellen Bialystok, che ha guidato la ricerca, «noi abbiamo voluto vedere come agisce negli adulti indagando con metodi comportamentali e di neuroimaging. Oltre al rafforzamento delle reti del controllo cognitivo, pensiamo che il bilinguismo aumenti la “riserva cognitiva”, quel benefico effetto provocato da stimolanti attività, non solo mentali ma anche fisiche, sul funzionamento cognitivo in un invecchiamento in salute». E un altro un esperto di Alzheimer, il dottor  Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso (Milano),  ci conduce su altri “sentieri” inaspettati.

UN “LADRO” DI CELLULE «Forse va per prima cosa spiegato che l’Alzheimer è come un ladro che ruba pezzi di quanto si ha nel magazzino cerebrale», esordisce il medico. «La malattia consiste, infatti, nella perdita di cellule cerebrali. L’autopsia di un uomo anziano con l’Alzheimer rivela un cervello da bambino di, che so, 7 anni. Certi studi mostrano che la regressione cognitiva segue proprio le fasi di sviluppo del bambino all’incontrario, tanto che si possono mettere le due età a confronto: il cervello diventa quello di un adolescente, poi di un bambino delle elementari, poi di un bimbo più piccolo…». Tornando al bilinguismo, Antonio Guaita  spiega che cosa si intende per “riserva cognitiva” o “cerebrale”. «Accade che una persona con un grosso danno cerebrale, un grosso “furto” di cellule, non mostri i sintomi della malattia e, all’opposto, un individuo con un danno meno grave manifesti i segni dell’Alzheimer. A fare la differenza tra queste due condizioni è appunto la cosiddetta “riserva cerebrale”. Se io ho messo in magazzino, nel mio cervello, tante esperienze di vita sia fisiche che mentali, ho un deposito maggiore e attingerò da questo surplus quando ci sarà bisogno. E’ il caso del primo malato citato. A distanziare le due fasi – danno cerebrale e manifestazione esterna – è la sua riserva cerebrale».

STUDIARE PROTEGGE Ormai si intuisce il ruolo del bilinguismo. «Usando e confrontando due lingue di continuo», spiega Guaita, «si “allenano” le cellule e le si stimola a saper compensare. Ogni parola ha il suo doppio in un’altra lingua, come una “riserva”, no? L’apprendimento costituisce i tre quarti del nostro cervello! La scolarità, lo studiare: è sconvolgente vedere quanto protegge questo specialissimo organo». Ma non solo l’attività intellettuale fa bene, nello studio di New York e nelle parole del direttore del Golgi si fa un chiaro parallelo con l’attività fisica. Quindi la ginnastica allontana il rischio di Alzheimer? Più se ne fa e meglio è? Ma il dottor Antonio Guaita lancia un perentorio altolà: «Il movimento fa bene solo se piace. Se fatico tanto per lavorare e la faccenda non mi va, questo sforzo fisico non si traduce affatto in protezione contro l’Alzheimer. Sto citando l’esito di una ricerca statunitense-canadese, in cui sono stati studiati anche molti gemelli. E si è visto che l’impegno fisico e psicologico dev’essere oltre un certo livello, ma pure piacevole, voluto, per essere protettivo anti demenza».

NATI PER RIDERE - E’ il piacere allora a proteggere contro l’Alzheimer? «Proprio così! Altre ricerche pubblicate 7-10 anni fa sul New England mostrarono che lo svago è protettivo. Lo è ballare, ridere. Non è meraviglioso? Siamo nati per divertirci. Così dev’essere anche il lavoro». Dottor Guaita, lei fa un lavoro divertente? Breve pausa. «Beh, c’è una quota rilevante di piacere, poi come tutti sconto una quota di ripetitività».

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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