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Daniele Banfi
pubblicato il 16-04-2015

Emofilia: lo sport non sia più un limite


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Fedemo lancia il progetto Marathon. Otto emofilici correranno a New York per dimostrare che fare sport è possibile. Oggi la giornata mondiale dedicata alla malattia

Emofilia: lo sport non sia più un limite

In passato chi era affetto da emofilia veniva escluso da qualunque attività sportiva per il timore che eventuali traumi provocassero emorragie. Eppure un’attività fisica regolare e condotta correttamente rappresenta uno prezioso strumento per migliorare e preservare lo stato di salute di muscoli e articolazioni anche di chi è affetto dalla malattia. Oggi, grazie anche alla profilassi, la gamma delle attività sportive praticabili dagli emofilici è aumentata notevolmente e una disciplina come la maratona non è più un miraggio. E’ il caso di otto runners che correranno a New York il prossimo novembre grazie al progetto Marathon di Fedemo, la Federazione delle Associazioni degli Emofilici.

 

LA MALATTIA

L'emofilia è una patologia genetica ereditaria caratterizzata dall'incapacità di produrre il giusto livello di alcuni fattori di coagulazione. Il risultato che ne consegue è che la persona affetta non riesce a coagulare il sangue e una semplice emorragia interna dovuta a microtraumi può diventare un evento estremamente grave. Ecco perché fare sport, se non in maniera controllata, può essere davvero pericoloso. A oggi si conoscono tre differenti tipologie di emofilia ciascuna collegata ad uno specifico difetto genetico che rende la cellula incapace di produrre il fattore corretto. Le più comuni sono le forme A e B in cui mancano i fattori VIII e IX rispettivamente.

 

LE TERAPIE

Attualmente la terapia per trattare i malati si basa sull'assunzione, per via endovenosa almeno due o tre volte la settimana, della proteina mancante. Buone notizie giungono però sul fronte della ricerca. Pur essendo stata sperimentata per ora solo su animali da laboratorio, la terapia genica - prevede la sostituzione del gene difettoso con uno sano - forse in futuro rappresenterà la soluzione definitiva dell’emofilia.

 

PROGETTO MARATONA

«La malattia - spiega la dottoressa Chiara Biasoli, responsabile centro emofilia di Cesena - è culturalmente intesa come riduzione di tutte le attività motorie a causa del rischio di incorrere in emorragie. Lo sport, invece, è l'esaltazione del movimento. La conseguenza è il rischio concreto per il paziente emofilico di essere escluso dal gruppo. Ora i pazienti possono fare affidamento su trattamenti terapeutici di profilassi che evitano l'insorgenza della artropatia emofilica ed evitano la paura del ruolo che la traumatologia sportiva possa avere sulla stessa artropatia». Oggi per un emofilico fare sport è infatti possibile: un esempio concreto è proprio il progetto che il prossimo 1 novembre porterà alla partenza della maratona della Grande Mela otto persone con emofilia che già si stanno allenando.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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