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Donatella Barus
pubblicato il 04-10-2016

Autofagia: ecco le ragioni del Nobel



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Maria Masucci, membro della Commissione che assegna i Nobel, spiega come la ricerca sta utilizzando le scoperte sull'autofagia per cercare nuove cure contro tumori e Alzheimer

Autofagia: ecco le ragioni del Nobel

Il premio Nobel per la medicina 2016 è andato a Yoshinori Ohsumi. Nella sala stampa del Karolinska Institutet, dopo il tanto atteso annuncio, è stato tenuto un discorso che ha spiegato al mondo le ragioni del prestigioso riconoscimento.

A pronunciarlo, Maria Masucci, docente di virologia presso il Karolinska Institutet di Stoccolma e membro della Commissione che assegna il Nobel. Insieme a lei, stimato membro del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto Veronesi, ripercorriamo il valore del lavoro di Yoshinori Ohsumi. «Il Nobel riconosce la scoperta di un meccanismo fisiologico fondamentale per la sopravvivenza delle cellule e per lo svolgimento delle loro funzioni».

Si tratta dell’autofagia, il processo con cui le cellule del nostro corpo «cannibalizzano» alcuni loro componenti, ovvero si nutrono di proteine e altro materiale inutilizzato. Un meccanismo che da un lato permette l’approvvigionamento di energia per la cellula e dall’altro promuove l’eliminazione degli scarti potenzialmente dannosi.

 

FUNZIONE VITALE PER LA CELLULA

«Le disfunzioni nel meccanismo dell’autofagia sono implicate nello sviluppo di molte malattie, fra cui Parkinson, diabete, cancro, disturbi del sistema immunitario, sono coinvolte nell’invecchiamento e nella regolazione delle difese immunitarie contro le infezioni». Ma l’autofagia non è importante solo nello sviluppo delle malattie, prosegue Maria Masucci: «È un processo indispensabile anche alla fisiologia delle cellule. Per la sopravvivenza stessa dell’organismo a situazioni di stress di varia natura, come la malnutrizione. Pensiamo che un organismo adulto ha bisogno di 200-300 grammi di proteine al giorno, con il cibo ne assumiamo circa 70 grammi, il che significa che una larga parte del fabbisogno proteico viene soddisfatto non dalla nutrizione, ma dal riciclo cellulare di proteine e organelli non utilizzati. L’autofagia è anche un sistema essenziale per eliminare invasori esterni come virus o batteri intracellulari».

 

AUTOFAGIA E TUMORI

Esiste anche un lato ambiguo di questo sistema di riciclaggio, ci spiega Maria Masucci, che si manifesta ad esempio se consideriamo il cancro. «Si è scoperto che può interferire con alcuni farmaci chemioterapici; nella fase di cura di un tumore l’autofagia può anche promuovere la sopravvivenza delle cellule tumorali (nella foto) e quindi la resistenza alle terapie. Ma d’altra parte nelle fasi precedenti allo sviluppo del tumore, l’autofagia svolge invece un ruolo protettivo». Permette infatti alla cellula di sbarazzarsi delle strutture danneggiate. Alcune ricerche, ad esempio, hanno scoperto che molti tumori del seno e dell’ovaio presentano una mutazione in una proteina prodotta da un gene chiamato BECN-1. E questo gene svolge un ruolo fondamentale nell’avvio del processo di autofagia.

 

LE APPLICAZIONI

Gli studi di Yoshinori Ohsumi hanno reso possibile la conoscenza di questi meccanismi, dei geni coinvolti, di cosa accade quando qualcosa non funziona e, quindi, anche di cosa si potrebbe fare per impedire il problema o per risolverlo.

Può diventare uno strumento di cura? «Già adesso ci sono delle sperimentazioni cliniche in cui l’autofagia è un target terapeutico. Sono soprattutto ricerche sul cancro, che studiano come ridurre o bloccare l’autofagia per portare a morte le cellule tumorali. Altre sperimentazioni riguardano le malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer. Poiché l’autofagia ha un ruolo nella “pulizia” della cellula, si studia come promuoverla e permettere alle cellule neuronali di eliminare il loro contenuto di proteine tossiche».

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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