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Vera Martinella
pubblicato il 07-12-2017

Amiloidosi sistemiche: in arrivo nuove terapie



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Sono malattie rare che colpiscono 800 persone l'anno in Italia. Al Congresso USA di ematologia un riconoscimento alla ricerca italiana sulle amiloidosi sistemiche

Amiloidosi sistemiche: in arrivo nuove terapie

ATLANTA - Sono rare, ma non incurabili. Anzi, grazie alle nuove terapie che migliorano i sintomi e la qualità di vita di chi ne soffre, per i pazienti con amiloidosi si aprono anche prospettive di guarigione completa.

Le amiloidosi sistemiche sono un gruppo di circa 30 malattie causate dall’accumulo di materiale proteico (chiamato sostanza amiloide) prodotto dal nostro organismo, che si deposita in forma di minuscole fibre nei vari organi, anche in quelli vitali, danneggiandoli. 

Nonostante siano poco frequenti, queste patologie saranno al centro del congresso della Società Americana di Ematologia (Ash), che si apre l’8 dicembre ad Atlanta. Sarà infatti dedicata a questo tema una prestigiosa sessione del convegno, la Ham-Wasserman Lecture, tenuta da uno dei maggiori esperti sul tema: l’italiano Giampaolo Merlini, drettore del Centro per lo studio e la cura delle Amiloidosi del Policlinico San Matteo di Pavia.

800 ITALIANI OGNI ANNO RICEVONO LA DIAGNOSI DI AMILOIDOSI

Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato per il contributo fondamentale di Merlini nella comprensione dei meccanismi di malattia, nello sviluppo di metodi diagnostici innovativi e nella scoperta di nuovi farmaci e schemi terapeutici, che sono ormai divenuti standard nella cura dei pazienti con amiloidosi. «Ogni anno circa 800 persone nel nostro Paese si ammalano di uno dei 30 tipi differenti di queste patologie, ciascuno dei quali richiede una specifica terapia - spiega Merlini, che è anche direttore scientifico della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo -. Per i pazienti la diagnosi precoce è vitale: quando l’amiloidosi viene individuata agli inizi ci sono grandi probabilità di arrestare la malattia e recuperare il danno subito dagli organi che è progressivo e passa da un’iniziale reversibilità (una volta “riparato” il problema le persone possono tornare a avere vita normale) a una compromissione più grave. Il successo delle cure dipende quindi dalla precocità e dall’accuratezza della diagnosi». I ricercatori del centro di Pavia hanno sviluppato direttamente o in collaborazione con altri centri specializzati in Europa e negli Stati Uniti, molte delle terapie che ora si impiegano comunemente nell’amiloidosi e, trattando migliaia di pazienti, hanno accumulato una grande esperienza.

I SINTOMI DELL'AMILOIDOSI 

Le amiloidosi sistemiche sono però spesso difficili da riconoscere e il ritardo nella diagnosi è ancora comune, come spesso accade per le malattie rare. Anche perché molte delle possibili spie iniziali non sono tipiche soltanto di queste malattie, ma si riscontrano spesso in altre patologie più comuni ed è quindi fondamentale che siano interpretate con attenzione. «I sintomi davvero caratteristici si presentano più raramente – dice Merlini -: l’aumento di dimensioni della lingua e la comparsa di macchie di colore rosso porpora sulla pelle del volto (in particolare intorno agli occhi) e del collo. Gli altri indizi dipendono dagli organi che sono interessati dalla malattia. Le manifestazioni più comuni delle amiloidosi sistemiche sono legate al coinvolgimento del rene e del cuore e possono rendersi evidenti con gonfiore delle gambe (edemi), difficoltà nella respirazione (dispnea), in particolare sotto sforzo, e stanchezza. L’interessamento renale – continua l’esperto - si può manifestare con alterazioni di alcuni esami del sangue (creatininemia superiore ai limiti di riferimento) e delle urine (perdita di proteine). L’amiloidosi cardiaca si può riconoscere con l’ecocardiografia e con la risonanza magnetica nucleare. In alcune forme di amiloidosi, i depositi di amiloide a livello del cuore possono essere individuati con una scintigrafia. L'interessamento cardiaco si studia anche con esami del sangue (NT-proBNP, BNP e troponina), che permettono di definire la gravità della malattia e di individuarla precocemente. Talvolta, poi, i pazienti con amiloidosi possono presentare anche un aumento delle dimensioni del fegato, bassa pressione arteriosa (talora con svenimenti), perdita dell’appetito e calo del peso corporeo, alterazioni della sensibilità alle mani e ai piedi e diarrea».

LA DIAGNOSI E LE TERAPIE

Quando si sospetta l’amiloidosi, il primo passo per arrivare alla diagnosi è documentare la presenza dei depositi di amiloide. Nella maggior parte dei casi non è necessario eseguire la biopsia di uno degli organi coinvolti, ma è sufficiente un piccolo prelievo di grasso addominale con un ago sottile. «E’ poi fondamentale che le terapia sia personalizzata, adattata alle condizioni di ciascun paziente – chiarisce Merlini – e ci sia uno strettissimo controllo della sua efficacia utilizzando marcatori specifici (la scelta della terapia ), per cambiare rapidamente se un trattamento non dà i risultati attesi. Negli ultimi anni, sono stati fatti straordinari progressi nella terapia delle amiloidosi sistemiche e la prognosi dei pazienti affetti da queste malattie è in continuo miglioramento. L’obiettivo principale della cura è rallentare o arrestare la produzione della proteina che causa il danno degli organi coinvolti, motivo per cui stabilire con precisione il tipo esatto di amiloidosi (quindi la proteina coinvolta) ha un’importanza cruciale». Riducendo la produzione della proteina che forma l’amiloide, il processo che ha portato alla malattia si arresta e la funzione degli organi danneggiati, se il danno non è già irreversibile, può essere recuperata anche completamente. «Le nuove frontiere della ricerca – conclude l’esperto – puntano a altri obiettivi: impedire alle proteine alterate di formare l’amiloidosi o indurre la dissoluzione dei depositi di amiloide che si sono già formati. E sono già in arrivo le prime terapie di questo tipo».

Vera Martinella
Vera Martinella

Laureata in Storia, dopo un master in comunicazione, inizia a lavorare come giornalista, online ancor prima che su carta. Dal 2003 cura Sportello Cancro, sezione dedicata all'oncologia sul sito del Corriere della Sera, nata quello stesso anno in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi.


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