Utilizzata come profilassi preventiva riesce a dimezzare i casi di trasmissione dell'infezione in quelle coppie in cui un partner è sieropositivo. Gli esperti riuniti al Congresso Mondiale però avvisano: guai ad abbassare la guardia e dimenticare il profilattico. E il vaccino? Ancora non esiste
Una nuova ulteriore strategia è all'orizzonte. L'utilizzo dei farmaci antiretrovirali nelle persone sane ma potenzialmente a rischio, ovvero chi frequenta partner sieropositivi, è in grado di abbassare drasticamente il contagio dal virus dell'HIV. E' questa una delle principali notizia che emerge dal Congresso Mondiale della Ias, l'International Aids Society, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma. Un occasione per fare il punto della situazione sul temibile virus che, da quando fu scoperto nel lontano 1981, ha causato la morte di più di 25 milioni di persone. Diffusione della malattia, ricerca scientifica, prevenzione e potenziali vaccini sono gli argomenti sui quali gli scienziati di tutto il mondo si stanno confrontando in queste ore.
GLI STUDI- A dare notizia del successo della terapia antiretrovirale nell'abbassare il tasso di contagio sono due studi dell'Università di Washington. I risultati delle ricerche svolte nello stato africano del Botwsana hanno dimostrato che la somministrazione dei farmaci antiretrovirali in soggetti sani ma a rischio riduce di oltre il 60% la probabilità di contrarre l'infezione. Per soggetti sani a rischio si intendono tutte quelle persone che potenzialmente potrebbero contrarre il virus in quanto partner di persone affette da HIV. La terapia antiretrovirale viene utilizzata con successo già da molti anni negli individui sieropositivi e ha la caratteristica di tenere sotto controllo la proliferazione del virus. Secondo i dati presentati negli studi questi farmaci potrebbero fare davvero la differenza anche nelle persone sane e quindi giovare all'intera collettività. Come dichiara però il professor Mauro Moroni, primario di Infettivologia presso l'Ospedale Luigi Sacco di Milano, «questo dato non deve comunque fare abbassare la guardia poiché l'utilizzo del profilattico e l'utilizzo consapevole del proprio corpo sono le armi migliori nel contrastare la diffusione dell'AIDS». Il rischio infatti è quello di vedere negli antiretrovirali la soluzione a tutti i mali. «Grazie a questo tipo di farmaci è possibile stoppare il contagio ma il punto fondamentale resta convincere le persone a rischio a sottoporsi ai test e, se positive, ad iniziare tempestivamente la terapia. Questo è il modo per curare non solo il singolo ma anche la collettività».
CHI E' A RISCHIO?- Ma a che punto siamo in Italia? Sicuramente molto lontani dagli spaventosi numeri degli anni '90 quando la malattia fu al suo massimo per contagi e decessi. Oggi rispetto a quindici anni fa ogni anno nel nostro paese si ammalano 4000 persone in meno. Secondo l'ultimo rapporto dellIstituto Superiore di Sanità i nuovi casi continuano a diminuire principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate introdotte nel nostro Paese nel 1996. Quello che è cambiato nel corso degli anni è invece l'identikit del malato. «Se prima la maggior parte dei contagi si verificava attraverso la tossicodipendenza, oggi il prototipo di persona a rischio non esiste. L'AIDS colpisce in tutti gli strati sociali, a tutte le età e indipendentemente dal sesso della persona. I soggetti più a rischio vanno dai giovani che hanno rapporti non protetti agli anziani che contraggono il virus a causa del turismo sessuale» spiega il professor Moroni.
IL PUNTO SUL VACCINO- Durante il congresso verrà anche affrontato l'annoso problema della creazione del vaccino per l'infezione da HIV. Le notizie riguardanti il loro sviluppo sono ormai all'ordine del giorno. Ultima in ordine di tempo quella che riguarda un gruppo di ricercatori della Oregon Health Sciences University che, sulle pagine di Nature, annunciano di esser riusciti a mettere a punto un vaccino per la lotta all'AIDS. Come ci spiega il professor Moroni, «ci sono moltissime ipotesi di lavoro sui vaccini ma al momento tengo a sottolineare che non esistono ancora vaccini di provata efficacia».
Daniele Banfi