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Alimentazione
Francesca Morelli
pubblicato il 11-06-2015

Con l'obesità c'entrano anche la mente e l'occhio



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Bassa autostima, cibo accessibile e bene in vista in casa sono fattori legati all’aumento di peso. I risultati di uno studio americano

Con l'obesità c'entrano anche la mente e l'occhio

Ci sono almeno due fattori, seppure con un "peso" differente, che possono influenzare lo sviluppo dell’obesità: sono innanzitutto la presenza di cibi, in casa, al di fuori della cucina, e il basso livello di autostima. Lo ha rilevato un studio della Ohio State University, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista International Journal of Obesity. 

 

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LO STUDIO

Il cibo è davvero una tentazione, nel bene e nel male, specie se è tenuto in bellavista e se già si combatte con l’ago della bilancia. Per rendersene conto è stato sufficiente a un gruppo di ricercatori intervistare un centinaio di volontari, fra i 20 e i 78 anni, di cui metà obesi, con una serie di domande utili a scoprire non solo la quantità di alimenti ingerita e il tipo di prodotti acquistati, ma anche i luoghi casalinghi in cui il cibo veniva conservato e quanto questi fossero (facilmente) accessibili.

Ma non solo, il test comprendeva anche una valutazione psicologica, ovvero quanto la persona si sentisse bene con se stessa, e quanta l’attività fisica praticasse. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, la ricerca ha evidenziato che a fare la differenza sullo sviluppo dell’obesità non è soltanto la qualità e la quantità di cibo assunta, ma che sull’inclinazione a mangiare più o meno cibo, influiscono anche fattori "architettonici". Infatti entrambi i gruppi investivano in maniera simile sull’acquisto delle cibarie, consumavano all’incirca le stesse le calorie, sebbene i soggetti non obesi prediligevano cibi più sani e meno dolci, ma la diversità di peso fra le due popolazioni era significativamente rilevante.

Mente, cibo e salute: leggi il Blog di Stefano Erzegovesi 

 

LUOGO E STIMA

Coma mai? La prima risposta è ambientale, perché il gruppo più pesante teneva il cibo a portata di mano, e soprattutto di occhio, ed in qualsiasi punto della casa, anche diverso dalla cucina. E la seconda è il fatto che gli obesi nutrivano sentimenti di autosvalutazione nei propri riguardi, con punte tendenti anche verso la depressione. «L’ambiente domestico è spesso sottovalutato – dichiara Charles Emery, autore dello studio e professore di psicologia e medicina interna all’Università americana – invece ad esso, insieme ai fattori metabolici e genetici, occorre prestare maggiore attenzione in quanto è uno dei luoghi in cui le persone trascorrono la maggior parte del tempo. È dunque uno spazio di eccellenza da considerare quando si parla di sforzi rivolti al miglioramento della salute». Ma ancora non basta, bisogna curare anche il lato psicologico: «Se la stima verso se stessi è bassa - continua Emery - non si ha neppure la giusta motivazione per attuare o perseguire corretti cambiamenti comportamentali, anche nell’ambiente domestico».

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LA PREOCCUPAZIONE DEL CIBO

Lo studio ha messo però anche in evidenza che le persone obese avvertono la necessità di ‘avere accesso’ a una quantità sufficiente di cibo, e/o di riuscire a resistere al suo consumo - indipendentemente dallo stimolo della fame – quando depressi o in ambienti in cui il cibo era socialmente accettabile. «Questo atteggiamento – conclude il ricercatore – porta a pensare che se il cibo diventa l’oggetto sul quale si concentra il pensiero (sebbene sia difficile non farlo) può diventare una importante fonte di stress. Dunque poiché non si può smettere di mangiare, in caso di problemi alimentari, occorre impegnarsi per cercare di cambiare l’approccio al cibo il quale, in una certa misura, potrà modificare anche il modo in cui si comincerà a pensare ad esso».

 


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