Uno studio inglese dimostra che la quantità percepita di cibo influisce più di quella realmente consumata nel dichiararsi affamati. Capirne di più potrebbe aiutare nella lotta all’obesità
Uno studio inglese dimostra che la quantità percepita di cibo influisce più di quella realmente consumata nel dichiararsi affamati. Capirne di più potrebbe aiutare nella lotta all’obesità
Sentire la pancia piena non dipende solo da un menu soddisfacente, ma anche da meccanismi neurologici estremamente complessi come i processi del ricordo. La memoria di un lauto pasto fa sì che ci si senta sazi, mentre al contrario avere in mente un piatto scarso induce a dichiararsi affamati.
Diversi studi di psicologia e neurobiologia hanno provato lo stretto legame fra appetito e memoria. E’ nota da tempo ad esempio la presenza di iperfagia, o fame esagerata, in persone colpite da amnesia. Ora un gruppo di ricercatori dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, ha cercato di capire fin dove arrivi il potere del ricordo.
LO STUDIO - A un centinaio di volontari è stato mostrato un piatto di minestra, a una metà 300 ml e all’altra 500 ml. Poi, con un sistema di pompe nascoste che sottraevano o aggiungevano minestra di nascosto, i ricercatori hanno fatto sì che all’interno di ciascuno dei due gruppi di 50 persone, 25 consumassero 300 ml e 25 500 ml. In tutto, sono stati creati 4 gruppi con diverse quantità di cibo consumato, reale o percepito. Subito dopo il pranzo, la sazietà dichiarata corrispondeva alla quantità di minestra effettivamente mangiata. Ma a distanza di due o tre ore, il rapporto si è invertito: «La fame è stata influenzata dalla quantità percepita, non da quella reale: i partecipanti che credevano di aver mangiato mezzo litro di zuppa dichiaravano di avere molta meno fame» hanno spiegato gli autori. Lo stesso è accaduto nei giorni successivi. «Ciò dimostra il contributo importante e indipendente dei processi della memoria alla sazietà. C’è la possibilità di sfruttare queste scoperte per ridurre l’assunzione di calorie negli individui».
NON SI CHATTA A BOCCA PIENA - La ricerca è stata pubblicata dalla rivista Plos One e sostenuta dal Consiglio britannico delle Ricerche in Scienze biotecnologiche e biologiche. Jeff Brunstrom, primo autore dello studio, da anni si dedica ai legami fra attenzione, memoria e appetito. Lo stesso gruppo di lavoro, fra l’altro, ha documentato il fatto che mangiare davanti a pc o televisione riduce la capacità di sentirsi sazi e induce a mangiare di più, proprio per la continua interruzione e distrazione nel processo di memorizzazione del pasto. Chi legge le email in pausa pranzo è avvisato.
Donatella Barus