Come usano internet i ragazzi italiani ed europei? Una ricerca finanziata dalla Commissione Europea traccia l'identikit del giovane navigatore web. E sfata alcuni luoghi comuni
L’amicizia col computer si stringe sempre più presto, si naviga spesso soli e i genitori ne sanno poco o niente. Questi sono alcune delle conclusioni del progetti EU Kids Online, finanziato dal Safer Internet Programme della Commissione Europea. Lo studio ha coinvolto 25.142 ragazzi fra i 9 e i 16 anni in 25 paesi europei.
MOLTO A CASA, SOLI, POCO DA SCUOLA - Fra i dati rilevati, c’è che si inizia a usare Internet in media a 9 anni (7 in Svezia e Danimarca, 10 in Italia, Grecia e Portogallo). Si naviga spesso, almeno una volta a settimana (il 60% una volta al giorno e per un’ora e mezza), più da casa (87%) che da scuola (63%). I ragazzi italiani più della media europea navigano dalla propria stanza, senza la presenza di adulti (62% contro il 49%). Si connette dalla scuola solo il 49% contro il 63% dei coetanei europei. L’Italia risulta essere il paese dove vi è la % più bassa di aiuto sull’uso di internet da parte degli insegnanti.
SOCIAL NETWORK SENZA PRIVACY - Ma cosa fanno in rete i bambini? Fanno ricerche scolastiche (85%), giocano (83%), guardano video (76%), chattano con amici (62%). Usano i social network (57% dei ragazzini italiani, in barba ai divieti esistenti, come il limite dei 13 anni per l’iscrizione a Facebook). Sono poco attenti alla sicurezza e alla privacy, dato il 26% crea profili pubblici, visibili da chiunque (ben il 35% in Italia).
GENITORI, GRANDI ASSENTI – Fra i genitori dei bambini che dichiarano di aver visto online immagini a sfondo sessuale, il 40% escluderebbe questa possibilità (ben il 54% fra i papà e le mamme italiane, i più inconsapevoli d’Europa). 81 genitori italiani su 100 non sanno che i figli hanno ricevuto messaggi offensivi o subito atti di bullismo, 67 su 100 che i ragazzi hanno incontrato qualcuno conosciuto in rete. In generale, il 70% dei genitori parlano con i figli di internet, 58% sono nelle vicinanze quando i figli navigano, 13% sono assenti da ogni forma di mediazione. Appena il 28% dei genitori bloccano o filtrano i websites e 24% controllano i siti visitati dai figli. Solo il 9% dei genitori dichiara di avere sufficienti informazioni sui sistemi di sicurezza in internet per i loro figli.
MITI DA SFATARE - Piermarco Aroldi, responsabile del Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica di Milano, sottolinea come i dati contraddicano alcune comuni convinzioni su bambini e nuovi media.
- I nativi digitali sanno già tutto: no, hanno competenza limitate, solo il 28% sa mettere un filtro, il 51% sa bloccare lo spam; l’alfabetizzazione digitale dei ragazzi italiani è all’ultimo posto in Europa dopo la Turchia; morale: anche se un terzo dei ragazzi dichiara di saperne più dei propri genitori, è un errore confidare nelle loro capacità da «smanettoni»
- Su Internet sono tutti creatori di contenuti: no, le attività partecipative (blog, virtual world, file sharing, chat) sono relativamente poco diffuse rispetto ad altre più tradizionali, come i giochi online
- I minori di 13 non usano social network: falso, il 38% dei ragazzi fra i 9 e i 12 anni ha un profilo su Facebook e simili; in un quarto dei casi, specie fra i più piccoli, il profilo è pubblico
- I contenuti pornografici sono diffusi e guardati: in Italia il rischio è relativamente ridotto (il 7% dei ragazzi dichiara di aver visto immagini a sfondo sessuale in rete nell’ultimo anno, contro una media europea del 14%)
- I bulli sono cattivi: la maggior parte dei persecutori è stato o è tuttora anche vittima di soprusi, in rete come nella vita reale
- Online si contattano sconosciuti: l’87% dei ragazzi comunica con persone che conosce già, c’è una forte continuità fra l’esperienza online e offline; 9 su 100 (4 in Italia) hanno incontrato fisicamente persone conosciute online.
- I ragazzi non sanno come reagire: non sempre, di fronte a immagini o contatti che li turbano, oltre la metà ne parla con adulti o con amici.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.