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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 24-09-2024

I lavaggi nasali funzionano davvero?



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Diffusi nella stagione fredda, i lavaggi nasali riducono davvero la durata e l'intensità del raffreddore nei bambini? E come effettuarli nella maniera più corretta?

I lavaggi nasali funzionano davvero?

Con l'inizio della stagione fredda e l'aumento di raffreddori e malanni tipici dell'inverno, i lavaggi nasali torneranno a far parte della routine di molte famiglie, specialmente con bambini piccoli. Il clima più freddo, il ritorno a scuola e la maggiore esposizione a virus, infatti, aumentano le probabilità di congestione nasale e infezioni delle vie respiratorie.

In cosa consistono i lavaggi nasali? Perché sono consigliati soprattutto nei bambini? Ma soprattutto, funzionano davvero o danno solo l’illusione di benessere nei bambini tormentati dal raffreddore?

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COSA SONO I LAVAGGI NASALI?

Il lavaggio o l'irrigazione nasale consiste nell'introdurre nelle narici una soluzione di acqua e sale, comunemente nota come soluzione fisiologica. Questa pratica ha l'obiettivo di "pulire" il naso, rimuovendo muco e crosticine. I lavaggi nasali sono particolarmente utili per neonati e bambini molto piccoli che, non essendo ancora in grado di soffiarsi il naso, possono trarre notevoli benefici da questa pratica in caso di raffreddore o altre malattie dell'apparato respiratorio, facilitando la respirazione e migliorando il benessere generale.

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SERVONO DAVVERO?

Secondo uno studio condotto dal team di Steve Cunningham dell’Università di Edimburgo e presentato al Congresso dell’European Respiratory Society (ERS), l'uso di gocce nasali saline può ridurre la durata del raffreddore comune nei bambini di ben due giorni. Inoltre, la ricerca suggerisce che questa pratica potrebbe contribuire a ridurre il rischio di trasmettere il raffreddore ai familiari, influenzando così anche il costo complessivo di questa diffusa malattia.

«I bambini hanno fino a 10-12 infezioni del tratto respiratorio superiore all’anno, – spiega Steve Cunningham -, quelle che noi chiamiamo raffreddori, che hanno un grande impatto su di loro e sulle loro famiglie. Esistono farmaci per migliorare i sintomi, come il paracetamolo e l'ibuprofene, ma non esistono trattamenti in grado di far guarire più rapidamente un raffreddore».

Il gruppo di ricerca ha coinvolto 407 bambini fino ai 6 anni. Di questi, durante il periodo di studio, 301 hanno contratto il raffreddore: a 150 sono state somministrate gocce nasali di soluzione salina ipertonica al 2,6% circa, preparate e somministrate dai genitori, opportunamente istruiti. Ai 151 coetanei rimanenti, invece, sono state somministrare solamente le cure standard, senza lavaggi nasali.

 

COSA È EMERSO?

Cosa è emerso? «Abbiamo scoperto che i bambini che usavano gocce nasali di acqua salata avevano sintomi del raffreddore per una media di 6 giorni, mentre quelli trattati con le cure abituali li avevano per 8 giorni», sintetizza Cunningham. Ma non è tutto. I bambini trattati con soluzioni saline «avevano anche bisogno di meno medicinali durante la loro malattia».

Inoltre, l'uso di gocce nasali a base di acqua salata ha mostrato un impatto positivo sulla diffusione del raffreddore all'interno delle famiglie. Solo il 46% dei nuclei familiari in cui i bambini hanno ricevuto le gocce ha riferito di aver contratto il raffreddore, rispetto al 61% delle famiglie che seguivano la cura abituale. L'82% dei genitori ha osservato che l'uso delle gocce ha aiutato il bambino a guarire più velocemente, mentre l'81% ha dichiarato che continuerebbe a utilizzare le gocce nasali in futuro.

 

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MINOR IMPATTO DEL RAFFREDDORE

«Questo intervento, estremamente economico e semplice – procede il professor Cunningham –, ha il potenziale per essere applicato a livello globale; fornire ai genitori un modo sicuro ed efficace per limitare l'impatto del raffreddore nei loro bambini e nella loro famiglia rappresenterebbe una significativa riduzione dell'onere sanitario ed economico di questa condizione molto comune».

Il motivo per cui le soluzioni saline possono aiutare a ridurre i tempo di guarigione dal raffreddore, è così ipotizzato da Cunningham: «il sale in esso contenute è composto da sodio e cloruro. Il cloruro è usato dalle cellule che rivestono il naso e la trachea per produrre acido ipocloroso, che usano per difendersi dalle infezioni virali. Somministrare cloruro supplementare alle cellule di rivestimento aiuta a produrre più acido ipocloroso. E ciò contribuisce a sopprimere la replicazione virale, riducendo la durata dell’infezione virale e, quindi, quella dei sintomi».

L'équipe di ricerca spera di approfondire l'effetto delle gocce nasali a base di acqua salata sul respiro affannoso associato al raffreddore. I risultati preliminari dello studio sono promettenti: i bambini che hanno ricevuto le gocce hanno mostrato un numero significativamente inferiore di episodi di respiro affannoso, con solo il 5% dei casi rispetto al 19% nel gruppo di controllo.

 

QUALE SOLUZIONE UTILIZZARE?

Per chi decide di ricorrere ai lavaggi nasali per i propri bambini, è bene ricordare l'importanza di introdurre la soluzione fisiologica nelle narici con una discreta pressione, utile a liberare le prime vie aeree, solitamente utilizzando una siringa, senza ago, da 2,5 ml o 5 ml. Questo metodo è molto semplice e pratico, privo controindicazioni o effetti negativi per i bambini e i neonati. La soluzione da utilizzare per i lavaggi nasali possono essere soluzioni saline sterili o provenire da sorgenti termali arricchite di manganese, rame, ferro o zolfo. Si ritiene che queste sostanze abbiano proprietà antiallergiche, antiossidanti o antinfiammatorie.

Le soluzioni normalmente utilizzate per il lavaggio nasale sono soluzioni isotoniche o ipertoniche. La soluzione isotonica, comunemente chiamata “soluzione fisiologica” ha una concentrazione di sale (sodio cloruro o NaCl) dello 0,9%, lo stesso dei liquidi biologici, mentre la soluzione ipertonica ha una concentrazione di sodio cloruro più elevata e quella di uso più frequente è la soluzione al 3%. Le soluzioni ipertoniche sono utilizzate quando il bambino ha un muco più denso.

 

DUE ALTERNATIVE ALLA SIRINGA

Quando si è fuori casa, i flaconcini monouso (da 2,5 o 5 ml) rappresentano una buona alternativa, sebbene siano meno efficaci a causa della minore pressione con cui si può introdurre la soluzione fisiologica. Per liberare il naso dei bambini più grandi, è possibile utilizzare spray predosati. Questi semplici dispositivi si collegano alla pompa dell'aerosol e dispongono di un beccuccio che si appoggia alla narice del bambino, erogando docce nasali micronizzate. Un'altra opzione per i bambini più grandi è l'uso del "neti lota", un'apparecchiatura di origine asiatica che consiste in una piccola brocca con un beccuccio, progettata per i lavaggi nasali.

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COME SI EFFETTUANO I LAVAGGI?

Ecco i consigli degli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su come effettuare i lavaggi nella maniera più corretta.

  • Riempire la siringa con la soluzione da utilizzare
  • Mettere il bambino sdraiato sul fianco. Se si tratta di un neonato o di un bambino che ha meno di un anno e mezzo, metterlo a pancia in su (posizione supina) con la testa girata di lato
  • Inserire il beccuccio della siringa nella narice più in alto (ad esempio se il bambino è sdraiato sul fianco destro, iniziare con la narice sinistra) e inclinare la siringa in modo che punti verso l'orecchio dello stesso lato. Questa posizione permette una migliore fuoriuscita del materiale dal naso del bambino
  • Iniettare la soluzione con un movimento continuo e deciso. La soluzione uscirà dall'altra narice
  • Asciugare il naso del bambino e tranquillizzarlo
  • Quando il bambino è di nuovo tranquillo posizionarlo sdraiato sul fianco opposto e ripetere la procedura con la seconda narice
  • Se la presenza di muco è abbondante ripetere l’operazione da entrambe le narici

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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