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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 12-03-2024

Tumore del pancreas: migliorare l'efficacia delle terapie



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Approvato anche in Italia l'utilizzo in seconda linea di Nal-IRI, farmaco con un'innovativa formulazione capace di estendere la sopravvivenza nelle forme metastatiche

Tumore del pancreas: migliorare l'efficacia delle terapie

Nessun miracolo. Il tumore del pancreas continua ad essere una neoplasia particolarmente difficile da trattare. Con i pochi farmaci a disposizione guadagnare mesi estendendo l'aspettativa di vita è ancora complicato. Ora però, grazie alla formulazione di irinotecano liposomiale pegilato, qualcosa comincia a muoversi. Nelle scorse settimane AIFA ha dato il via libera all'utilizzo in seconda linea di questo nuovo trattamento. Un'approvazione in grado di fornire un'arma in più contro la malattia metastatica estendendo così l'aspettativa di vita dei malati.

IL TUMORE DEL PANCREAS

Il tumore del pancreas è una malattia che ogni anno in Italia fa registrare circa 15 mila nuovi casi. L'80% di queste neoplasie si sviluppa nel pancreas esocrino, ovvero nella porzione deputata alla produzione gli enzimi utili alla digestione. Purtroppo, a differenza di altri tumori, quello del pancreas risulta essere il più difficile da curare. Tre quarti dei malati va incontro a decesso entro un anno dalla diagnosi e a 5 anni dalla scoperta della malattia sono vivi solo 8 pazienti su cento.

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UNA MALATTIA DIFFICILE DA CURARE

Le ragioni di questo insuccesso sono molte: i sintomi nelle fasi iniziali della malattia non si manifestano oppure non sono sufficientemente specifici per suscitare sospetti, così spesso la neoplasia viene scoperta con troppo ritardo quando il tumore ha formato già molte metastasi. Non solo, per la natura stessa del tumore -particolarmente ricco di tessuto stromale- è difficile veicolare farmaci antitumorali al suo interno. Due caratteristiche che rendono il tumore del pancreas particolarmente difficile da trattare.

COME SI INTERVIENE? 

Proprio per la facilità di creare metastasi quando il tumore è ancora di ridotte dimensioni e il posizionamento dell'organo, vicino a grosse vene e arterie che rendono difficile l'intervento, la rimozione del tumore attraverso l'approccio chirurgico non è indicata in tutti i casi di neoplasia pancreatica. «Statisticamente -spiega Michele Milella, Professore di oncologia e Direttore della Divisione di Oncologia medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona- vengono diagnosticati in fase operabile, quindi localizzata, circa il 25-30% dei casi; il 20% in fase localmente avanzata, non operabile, ma ancora confinato al pancreas e ai linfonodi regionali e circa il 50-60% in fase metastatica. Nelle fasi della malattia che comprendono le forme localmente avanzate non operabili e la malattia metastatica (quasi il 70-80% delle diagnosi), le terapie locoregionali hanno uno spazio di azione molto limitato perché la neoplasia è già molto diffusa».

Nella stragrande maggioranza dei casi, dunque, l'approccio principale è la somministrazione della chemioterapia. Ad oggi i trattamenti sistemici per il tumore del pancreas si basano sui farmaci chemioterapici e su due recenti innovazioni: la prima riguarda la possibilità di associare più farmaci insieme; si è passati da uno standard di cura rappresentato dalla sola gemcitabina all’utilizzo dell’associazione di questo farmaco con nab-paclitaxel o anche ad un’associazione a tre o più farmaci. La seconda innovazione riguarda il fatto che il tumore del pancreas è particolarmente difficile da raggiungere dai farmaci che circolano nel sangue, perché ha intorno a sé uno stroma molto denso. Per questo motivo è stata sviluppata una nuova tecnologia che veicola con maggiore efficienza i farmaci chemioterapici all'interno del tumore, come nel caso dell’irinotecano liposomiale pegilato» spiega l'esperto.

MIGLIORARE L'EFFICACIA DELLE TERAPIE

Per superare le limitazioni imposte dalle caratteristiche biologiche del tumore del pancreas la ricerca ha sviluppato una nuova formulazione di irinotecano veicolata attraverso nanoparticelle –chiamate liposomi- in grado di facilitare i fenomeni di diffusione del farmaco all’interno della massa tumorale. «Sebbene la tecnologia delle nanoparticelle abbia ad oggi ancora un impiego limitato, è sicuramente una scienza interessante e promettente per superare la problematica della quantità di farmaco che riesce a raggiungere il tessuto tumorale. L’irinotecano liposomiale pegilato è incapsulato all'interno di piccole vescicole con uno strato lipidico doppio. Le nanoparticelle permettono inoltre il rilascio prolungato in forma attiva del farmaco nella circolazione del sangue: iniettando il farmaco in forma nativa, ovvero non incapsulato nei liposomi, questo raggiunge alte concentrazioni plasmatiche, associate ad alti livelli di tossicità, per poi decrescere nel tempo. Quando il farmaco è incapsulato in una nanoparticella si ha un rilascio programmato e prolungato, evitando picchi di concentrazione e mantenendo più bassi i livelli di tossicità e una migliore tollerabilità» spiega Romano Danesi, professore ordinario di Farmacologia, Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia, Università degli Studi di Milano.

I RISULTATI

Il farmaco in questione è stato testato nello studio di fase III Napoli-1, confrontato la combinazione dell’irinotecano liposomiale pegilato in associazione al 5-fluorouracile rispetto al 5-fluorouracile da solo, in pazienti precedentemente trattati con gemcitabina. La metà della popolazione di pazienti ha ricevuto fluorouracile da solo mentre l’altra metà ha ricevuto l'associazione di fluorouracile e irinotecano liposomia. Dalle analisi è emerso un vantaggio significativo nell'utilizzo della nuova formulazione a lunga durata d'azione. Non solo, questa strategia è stata poi utilizzata su quasi 300 pazienti per replicare i risultati dello studio iniziale. 

«I dati in Real World Evidence -spiega la dottoressa Sara Lonardi, Direttore F.F. Oncologia 3, Istituto Oncologico Veneto- hanno dimostrato una riduzione della malattia nel 12% dei pazienti trattati con Nal-IRI, un dato sicuramente non trascurabile per questo tipo di neoplasia. Inoltre, grazie a questo trattamento siamo stati in grado di controllare la malattia, vale a dire almeno per un periodo fermarne la progressione, nel 41% dei pazienti. La sopravvivenza è stata di poco più di 7 mesi e la sopravvivenza libera da progressione di poco più di 3 mesi. Un aspetto interessante emerso dallo studio riguarda anche un sottogruppo di pazienti che ha tratto beneficio a lungo termine dal farmaco (dato già emerso anche dallo studio registrativo) con una sopravvivenza del 27% a 12 mesi e del 12% a 18 mesi. Lo studio ha quindi dimostrato i vantaggi di Nal-IRI per tutti i pazienti eleggibili al trattamento, ma ha anche evidenziato che tra questi vi è un sottogruppo (circa un quarto) che può trarne beneficio a lungo termine. Attualmente non sappiamo con precisione da chi sia composto questo sottogruppo, per cui si procede proponendo la terapia a tutti coloro che sono eleggibili e che quindi potrebbero beneficiarne, con la consapevolezza che 1/4 di questi potrà trarne un beneficio più sostanziale». Risultati importanti che si sono tradotti nell'approvazione all'utilizzo in seconda linea da parte di AIFA. «Poter dare qualche mese di vita in più ai pazienti affetti da tumore del pancreas, una forma di neoplasia con una prospettiva molto sfavorevole, ha un enorme valore» sottolinea la Lonardi.

L'IMPORTANZA DEI CENTRI SPECIALIZZATI

Ma l'aver individuato una nuova possibilità di cura non è il solo obbiettivo per chi si occupa di tumore del pancreas. Altrettanto fondamentale è l'aspetto dell'organizzazione dei centri ospedalieri. Emblematiche le parole di Michele Reni, Direttore del Programma Strategico di Coordinamento Clinico, Pancreas Center, IRCCS Ospedale S. Raffaele, Milano: «La complessità biologica del tumore del pancreas, l’alta specializzazione necessaria alle diverse figure mediche coinvolte richiede un approccio multidisciplinare e integrato nella diagnosi e nella cura di questa malattia. Il modello multidisciplinare trova la sua piena attuazione nelle Pancreas Unit, nuove strutture organizzative al cui interno sono presenti le figure professionali delle varie discipline che, in modo integrato, concorrono alle cure del paziente: oncologia, chirurgia, radiologia, ecoendoscopia, gastroenterologia, genetica, patologia, radioterapia, nutrizione, psiconcologia, medicina palliativa e scienze infermieristiche. La Regione Lombardia è la prima ad aver definito l’elenco delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate identificate quali Centri Hub e Centri Spoke della Rete regionale delle ‘Pancreas Unit’. Il modello a rete consente di avere centri diffusi sul territorio che garantiscono la diagnosi, i trattamenti oncologici, endoscopici e radioterapici di questa tipologia di tumori, nelle strutture indicate come "spoke". Quelle invece individuate come "Pancreas Unit Hub" a decorrere dal 1° aprile 2024 saranno le uniche a poter erogare a carico del SSN gli interventi di resezione di tumore del pancreas, concentrando così l’attività in centri altamente specializzati. L’organizzazione multidisciplinare della rete permetterà ai malati di seguire un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale predefinito e integrato, erogato da centri con adeguate tecnologie, personale competente e con elevati volumi di trattamento».

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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