Chi ne soffre va incontro a cancro del colon già a partire dai 30 anni. Per la prima volta identificate due molecole che riducono il numero di polipi cancerosi
Quasi certamente – le percentuali sono prossime al cento per cento - chi soffre di poliposi adenomatosa familiare a trent’anni svilupperà un cancro del colon. Prevenirlo attraverso la rimozione dei polipi (lesioni che con il tempo si trasformano in cancro) è possibile. Quando però questi sono presenti a livello dell’intestino tenue allora il compito si fa più difficile. Come intervenire? Secondo uno studio pubblicato dalla rivista Journal of the American Medical Association, opera dei ricercatori della University of Utah (Stati Uniti), la soluzione è in un mix di farmaci: somministrate nelle persone affette dalla malattia le molecole in questione sono state in grado di ridurre il numero e le dimensioni dei polipi in questa porzione dell’intestino.
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IL DIFETTO IN UN GENE
La poliposi adenomatosa familiare è una condizione caratterizzata dalla formazione, a partire dall’età adolescenziale, di un numero molto elevato di polipi nel colon. Si calcola che ne siano affette una persona su 10 mila. Una presenza che predispone allo sviluppo di cancro al colon e che, in assenza di rimozione chirurgica di tratti dell’organo digerente, è pressoché inevitabile. Nella maggior parte dei casi la poliposi adenomatosa familiare dipende da alcune mutazioni a carico del gene APC. In alcuni frangenti possono manifestarsi in forma sporadica, ovvero senza essere “passate” dal genitore al figlio. Nella maggior parte dei casi invece vengono trasmessecinquanta per cento di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei propri figli.
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PREVENIRE CON IL BISTURI
Fondamentale, nell’affrontare questa patologia, è la prevenzione attraverso regolari endoscopie a partire dalla tenera età. Generalmente quando il numero di polipi arriva a 20-30 si procede con l’asportazione chirurgica che, molto spesso, si traduce in una rimozione di una porzione dell’intestino. Purtroppo però non sempre è possibile rimuovere tutti i polipi, in particolare quando questi sono di piccole dimensioni e si localizzano a livello dell’intestino tenue.
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PREVENIRE CON I FARMACI
Accanto alla rimozione meccanica dei polipi in alcuni particolari casi alle persone che soffrono della malattia viene somministrata la molecola sulindac, un antinfiammatorio capace di ridurre la presenza di queste lesioni pre-cancerose. Partendo da questa osservazione il gruppo di ricerca statunitense ha cercato di indagare quali fossero gli altri fattori in gioco – oltre all’infiammazione - responsabili della malattia. Precedenti studi in vitro avevano evidenziato che per lo sviluppo dei polipi era fondamentale la presenza di EGF, un particolare fattore di crescita. Unendo queste due informazioni gli autori dello studio hanno provato a sperimentare nelle persone affette da poliposi l’effetto della somministrazione combinata di sulindac e erlotinib, quest’ultimo un inibitore dell’effetto di EGF e correntemente utilizzato nel trattamento di alcuni tumori.
CHE COSA SONO E COME SI RIMUOVONO I POLIPI INTESTINALI?
MINOR SVILUPPO DI POLIPI
Il test, effettuato su 91 persone affette da poliposi, è risultato un successo e ha confermato quanto ottenuto in vitro. I partecipanti sono stati sudivisi in due gruppi – uno ha ricevuto il mix di farmaci, l’altro un placebo – e a sei mesi di distanza dalla prima colonscopia nelle persone che avevano ricevuto sulindac ed erlotinib il numero e la grandezza dei polipi risultavano significativamente ridotti (oltre il 70%) rispetto agli individui non trattati. Come spiega il dottor Jewel Samadder, uno degli autori dello studio, «i risultati ci indicano che per un gruppo selezionato di pazienti è possibile fare prevenzione farmacologica. I rischi legati ai possibili effetti collaterali superano i benefici». Il prossimo passo sarà ora quello di valutare l’effetto del mix di farmaci su un più ampio numero di pazienti e monitorare l’eventuale sviluppo di cancro al colon negli individui già trattati.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.