Dagli screening che ci sono a quelli che ancora aspettiamo, dalle disuguaglianze alla crisi della forza lavoro in sanità: grandi temi sul tavolo nel Convegno organizzato a Roma da European Cancer Organisation in vista delle Europee di giugno
La situazione della lotta ai tumori, le misure da prendere per migliorare la qualità delle terapie, l’equità nell’accesso alle risorse, le possibilità di prevenire e diagnosticare le malattie, di assistere le persone in cura e dopo la cura. Di tutto questo si è parlato oggi in Senato, nel convegno Time to Accelerate: Insieme contro il cancro, organizzato da European Cancer Organisation (ECO), network europeo di cui fa parte anche Fondazione Veronesi, per presentare il Manifesto in vista delle prossime elezioni europee e un report nazionale sulla situazione italiana.
Molti e ricchi di spunti gli interventi che si sono susseguiti nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, una sede in cui nel 1947 Enrico De Nicola ha firmato la costituzione repubblicana, come ha ricordato Nicolò Matteo Luca Battisti, Co-Presidente della rete ECO sulle disuguaglianze, Presidente della Società internazionale di oncologia geriatrica (SIOG). «Il 2024 è un anno cruciale, in vista delle elezioni europee che, siamo convinti, possono essere opportunità e punto di svolta per migliorare la vita dei pazienti.
Il cancro non conosce colore politico, né orientamento sessuale, di genere, appartenenza etnica o condizione economica» ha ricordato Battisti, oltre ai motivi per cui il Manifesto è un documento prezioso per orientare le future politiche sul cancro: «Composto da 11 capitoli con specifiche raccomandazioni, risultato di 11 mesi di consultazioni a livello europeo e nazionale, con il contributo di più di 40 organizzazioni e supportato ad oggi da oltre 100 firmatari». Qualche esempio delle indicazioni più importanti? «Puntare a eliminare i tumori prevenibili con le vaccinazioni, ad esempio quelli provocati dall’HPV, attraverso una copertura vaccinale superiore al 90%, indipendentemente dal genere; ma anche supportare i programmi di screening, oltre alla assoluta necessità di affrontare la crisi della forza lavoro in oncologia».
IL REPORT SULL'ITALIA
E la situazione in Italia? La risposta è data dal country report, preparato da ECO in collaborazione con organizzazioni attive sul territorio nazionale, nel caso dell’Italia Fondazione Veronesi. Un’analisi che a fronte di alcuni punti di forza mostra «disuguaglianze ancora marcate, a danno di comunità ancora marginalizzate, con un divario nord e sud, ad esempio sulla copertura screening mammografico: dati che non vorremmo vedere nel 2024 per un Paese che è stato fra i fondatori dell’Unione europea», rileva Nicolò Battisti.
GLI SCREENING ONCOLOGICI
E proprio agli screening è stato dedicato un capitolo importante del convegno. Silvia Deandrea, Presidente FASO (Federazione delle Associazioni degli Screening Oncologici) ha così commentato la situazione italiana: «La copertura, ovvero la percentuale delle persone nelle fasce d’età previste che hanno fatto l’esame di screening dipende da due aspetti. Il primo è che il sistema sia in grado di invitare le persone giuste e rispettare il patto con il cittadino, garantendo lo screening ma anche gli eventuali controlli successivi; il secondo è la volontà della persona di aderire. Di solito quando si registrano criticità è perché ci sono entrambi i problemi: debolezza del sistema e resistenza all’adesione». I dati confermano differenze fra le regioni, specie per lo screening mammografico, percentuali ancora molto basse nell’adesione allo screening colorettale e una minoranza di regioni che ancora non ha fatto il passaggio dal Pap test all’Hpv test per lo screening del tumore cervicale nelle donne sopra i 30 anni. «La visione dello screening organizzato è quella che punta a raggiungere tutti in modo equo e permette di richiamare le persone e farsi carico di tutto il percorso diagnostico e terapeutico. Dopo il Covid è stata percepita l’importanza dello screening e tutte le Regioni hanno investito di più. Dalla nostra esperienza quando c’è la volontà politica poi le cose succedono. È cruciale investire nelle strutture che già esistono».
LA PREVENZIONE CHE VERRÀ: LO SCREENING POLMONARE
Poi ci sono gli screening che ancora non ci sono, ma che l’Europa ha raccomandato, come quelli per i tumori del polmone. Giulia Veronesi, membro del Collegio di indirizzo di Fondazione Veronesi e professoressa ordinaria di Chirurgia Toracica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele: «Già dal 1999 sappiamo che la Tc a basso dosaggio ci permette di trovare dei tumori polmonari in stadio iniziale, con il risultato di estendere le possibilità di sopravvivenza fino all’80-90 per cento. Abbiamo i dati di importanti studi randomizzati, europei e internazionali, che confermano l’efficacia dello screening, con una riduzione della mortalità di oltre il 20 per cento. C’è un tema di sostenibilità economica, ma va detto che il costo del tumore del polmone per il sistema sanitario è di circa 2,5 miliardi l’anno, soprattutto per le terapie per gli stadi avanzati. Per ogni anno di vita salvato, con buona qualità di vita, il costo dello screening sarebbe di circa 3.000 euro. È importante far sapere alle persone a rischio che quando c’è una diagnosi in fase precoce i trattamenti sono poco invasivi e permettono una buona qualità di vita. In Italia esiste un programma di screening regionale in Lombardia proprio grazie all’impulso dell’UE, e abbiamo progetti pilota già in corso finanziati dal Ministero della Salute che però vanno ampliati e implementati a livello nazionale, in attesa dei prossimi LEA che sicuramente includeranno anche lo screening del tumore del polmone, sempre ovviamente in parallelo alla prevenzione primaria, ovvero lo stop al fumo».
I TUMORI GASTRONTESTINALI
Pierluigi Fracasso, gastroenterologo ed epatologo, United European Gastroenterology ha sottolineato: «I tumori digestivi sono una realtà in netto aumento (+ 26% dal 2000 ad oggi), responsabili di oltre un terzo delle morti per cancro. Abbiamo la grande opportunità di vederli con l’endoscopia, si prestano sia alla prevenzione sia alla diagnosi precoce. In Italia abbiamo circa 110.000 nuovi casi (dati 2019) e 65.000 decessi. I tumori del colon-retto sono decisamente più comuni, sono in aumento i tumori pancreas, mentre quelli dello stomaco stanno leggermente regredendo. Ma entrambi sono ancora gravati da un’alta letalità». E qui entrano in gioco gli screening, poiché arrivare prima permetterebbe di poter curare meglio malattie altrimenti estremamente complesse. «Lo screening colorettale, con la ricerca del sangue occulto, esiste da molto tempo – ricorda Fracasso - e sappiamo che salva le vite, con un decremento significativo dei casi e dei decessi per tumori del colon. Ma nell’adesione l’Italia è divisa in tre parti, con il Sud fermo al 10 per cento. Riguardo ai tumori dello stomaco, nei paesi ad alta incidenza (l’Italia non lo è, ndr) si può consigliare lo screening, con metodiche ancora allo studio ma in genere con il test per rilevare l’Helicobacter pylori, patogeno responsabile del cancro gastrico, e gastroscopia alle persone positive. È però un sistema laborioso e non facile; si spera che prima o poi avremo un marcatore liquido per arrivare ad una diagnosi in modo meno invasivo».
IL BILANCIO POLITICO
Walter Ricciardi, Professore di sanità pubblica all'Università Cattolica, presidente della Missione Europea sul Cancro ha ripercorso l’attualità recente: «L’Europa ha agito in maniera straordinaria nei passati 5 anni, con una grande sintonia fra scienza e politica. Oggi in Italia ci troviamo con una spesa sanitaria inadeguata per sostenere le sfide future, specialmente a fronte dei fattori di rischio che vediamo evidenziati anche nel rapporto nazionale (sovrappeso, fumo, mancanza di vaccinazioni, di screening, isolamento). Se vogliamo un sistema sanitario nazionale pubblico che funziona allora c’è un problema politico di priorità da stabilire. L’appello ai medici è di non essere rassegnati e impegnarsi per portare alla politica le necessità dei pazienti».
Alessandra Moretti, Eurodeputata e membro della rete ECO di parlamentari nazionali e internazionali per l'azione contro il cancro, ha voluto sottolineare il tema del futuro che sapremo costruire, soffermandosi sul tema de lavoro in sanità: «È fondamentale affrontare la carenza – comune a molti paesi europei – di personale sanitario. 41.000 medici ospedalieri e di famiglia andranno in pensione entro il 2025, gli stipendi sono bassi, le condizioni di lavoro massacranti, fra il 2019 e il 2021 8.000 medici si sono dimessi spontaneamente dal sistema pubblico. È urgente attivarsi per rendere professione attrattiva con condizioni di lavoro dignitose, limitare peso dei compiti burocratici, investire in scuole di specializzazione e università. Teniamoci stretti, perché la politica ha bisogno della scienza».
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.