Compreso meglio il ruolo del glucosio nella proliferazione cellulare dei tumori del colon. Potrebbe portare a nuove terapie. Ricerca all'Istituto oncologico di Candiolo
Uno studio dell’Oncologico del Piemonte IRCCS di Candiolo ha messo in evidenza un meccanismo di difesa e proliferazione del tumore del colon-retto precedentemente sconosciuto.
IL LAVORO DEI RICERCATORI
La ricerca è stata condotta in collaborazione con il Massachusetts General Hospital Cancer di Harvard e i risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Nature Communication. Lo studio dimostra che il cancro del colon-retto si avvale di cellule che formano uno scudo di zuccheri per proteggersi dai radicali liberi, che sarebbero in grado di danneggiare il tumore e ostacolarne la crescita.
Il TUMORE DEL COLON-RETTO E IL GLUCOSIO
Il tumore del colon-retto è la seconda forma di cancro più diffusa in Italia e in Europa, con 43.700 nuovi casi diagnosticati nel 2020 nel nostro Paese (11,6% di tutti i tumori), dopo il cancro della mammella. In base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (AIRTUM 2020), si calcola che un uomo ogni 12 e una donna ogni 19 svilupperanno un tumore del colon-retto nell’arco della propria vita. Noto è da decenni, per i ricercatori di tutto il mondo, il ruolo del glucosio nella crescita dei tumori. Il glucosio, la forma più semplice di zucchero e la fonte primaria di energia per le cellule dell’organismo, è strettamente connesso alla proliferazione tumorale e alla resistenza terapeutica.
COSÌ LE CELLULE TUMORALI HANNO BISOGNO DEL GLUCOSIO
«In particolare - spiega la professoressa Anna Sapino, Direttore Scientifico e primario dell’Anatomia Patologica dell’IRCCS Candiolo - le cellule sane impiegano glucosio, uno zucchero semplice, come carburante energetico attraverso la cosiddetta “glicolisi cellulare”, ossia la frammentazione metabolica del glucosio, che avviene generalmente in presenza di ossigeno, ma può avvenire anche in assenza di ossigeno. In questo caso l’energia prodotta è di molto inferiore. Le cellule tumorali utilizzano una quantità di glucosio 200 volte più alta rispetto alle cellule sane, proprio perché utilizzano questo zucchero per il loro metabolismo energetico anche in assenza di ossigeno (ipossia), una condizione molto frequente nei tumori, in parte legata ad un’alterata formazione della rete di vasi sanguigni che portano ossigeno al tumore stesso».
IL RUOLO (INATTESO) DELLA PROTEINA SIRT6
Questa ricerca si è focalizzata sulla funzione di SIRT6, una proteina collegata all’invecchiamento, alla riparazione del DNA, al mantenimento dei telomeri (piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma) alle infiammazioni e alla glicolisi. «Da questo studio - precisa Sapino - è emerso che SIRT6 regola le fasi iniziali e la proliferazione del tumore del colon-retto controllando il metabolismo del glucosio e in particolare la glicolisi. La perdita di SIRT6 in modelli sperimentali aumenta la formazione di lesioni polipose preneoplastiche del colon. A livello cellulare la perdita si SIRT6 si traduce in un aumento del numero di cellule quiescenti altamente “glicolitiche”, alcune anche con caratteristiche di cellule neuroendocrine (cellule specializzate che funzionano come parte del sistema nervoso ed endocrino del corpo). L'elevata attività glicolitica protegge queste cellule dall'accumulo di sostante ossidanti nocive (ROS) e supporta la loro attività di cellule staminali». Supportando quindi anche la proliferazione tumorale, spiega la professoressa Sapino: «L'identificazione delle vie metaboliche che controllano il destino di queste cellule è importante nella progettazione di nuovi approcci terapeutici, poiché è stato proposto che cellule staminali, le cosiddette “tumor initiating cells” (TIC) possano essere alla base sia della cancerogenesi, sia della recidiva del tumore e della proliferazione delle metastasi. Lo studio indica inoltre che il metabolismo del glucosio contribuisce all'eterogeneità (diversità delle cellule di un singolo tumore) del cancro».
I RISVOLTI CONCRETI DI QUESTO STUDIO
«Definire lo specifico ruolo di questo nuovo tipo di cellule - prosegue Sapino - potrebbe aprire la strada a nuove e più efficaci terapie antitumorali anche combinate ai farmaci tradizionali, in grado di estirpare non solo le cellule in corso di moltiplicazione, ma i cosiddetti “serbatoi” di cellule tumorali quiescenti, spesso responsabili dello sviluppo di forme tumorali recidive e della generazione di neoplasie resistenti ai trattamenti tradizionali, come chemio e radioterapia. Questo studio è dunque un presupposto fondamentale per comprendere sempre meglio la biologia del tumore e quelli che sono i suoi meccanismi di tipo metabolico, al di là degli aspetti prettamente molecolari (come le mutazioni di geni) che conosciamo meglio. L’integrazione di tutte queste conoscenze permette, inoltre, non solo di mettere a punto strategie più efficaci, ma anche di rendere la diagnosi sempre più accurata e di intervenire in maniera sempre più precisa sugli stili di vita».
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.