Da “male sacro” a condanna, credenze e rappresentazioni dell'epilessia nel corso del tempo
I nomi illustri cui viene attribuita come patologia, a ragione o a torto, sono davvero tanti, ma non sono riusciti a “nobilitare” l’epilessia. Ancora fa paura, al di là del portato fisico, induce a vergognarsene, quindi a sentirsi socialmente segnati. Sì, lo stigma sull'epilessia è ancora forte.
Giulio Cesare, Napoleone, van Gogh, Dostoevskij, Leopardi, Alessandro Magno, Giovanna d’Arco, San Paolo, Gustave Flaubert, Carlo V, Paganini, Petrarca e si potrebbe continuare con i grandi personaggi che sarebbero stati epilettici. Il male ha una storia molto antica, ma anche romanzata nelle varie epoche che ne hanno spesso cancellato la natura di malattia fisica.
A cominciare dalla più antica citazione, in un testo babilonese conservato al British Museum di Londra, dove sono descritti i vari tipi di crisi, ciascuna associata a uno spirito o a un dio. In generale, nell’antichità l’epilessia veniva considerato un “male sacro”, in quanto si supponeva che le sue crisi fossero una forma di attacco da parte di demoni, o che le visioni sperimentate dai pazienti fossero dei messaggi degli dei. Perfino Ippocrate, ritenuto il padre della medicina scientifica staccata dalla religione e dalla filosofia, intitolò “Il male sacro” il suo trattato sull’epilessia nel V secolo a. C. dove, tuttavia, rifiutava il carattere sovrannaturale di questa patologia.
Tanti secoli dopo, nel Medioevo, le donne epilettiche in particolare vennero ritenute streghe e molte finirono per questo sul rogo. Ancora qualche anno fa una inglese ha raccontato al quotidiano The Guardian che dinanzi ai suoi disturbi i genitori l’avevano fatta esorcizzare come un’indemoniata.
Nell’aura speciale attorno all’epilessia non è mancata la tonalità romantica, in particolare con la figura del principe Myskin, L’idiota di Fedor Dovstoevskij, che seppe cogliere di questo male (di cui peraltro soffriva) l’incanto dell’inafferrabilità, dell’estasi momentanea.
Non abbiamo ancora detto la derivazione etimologica del nome: deriva dal greco “epilambano” che significa “cogliere di sorpresa, invadere” con chiaro riferimento all’imprevedibilità delle crisi e alla loro invasività.
Altri nomi con cui si è letto e sentito dell’epilessia sono “grande male” e “piccolo male”: la prima espressione si riferisce alle classiche crisi generalizzate, il secondo a una veloce e fugace perdita di coscienza. Altro termine: “mal caduco” dove l’aggettivo allude sia alla “caducità”, la rapidità, con cui il male sparisce sia al fatto che fa cadere a terra.
È nell’Ottocento che viene identificata la natura neurologica (e non psichiatrica) dell’epilessia, anche se – come s’è visto – non si sono del tutto spenti i fuochi del pregiudizio sociale.
(immagine tratta da A system of practical medicine, 1897, via Wikimedia Commons)
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.