La cannabis ad alta potenza può scatenare episodi di psicosi. Uno studio rileva un'impronta epigenetica che forse permetterà di individuare le persone più a rischio
L’uso di cannabis ad alta potenza lascia una precisa impronta sul Dna. È quanto risulta da una ricerca del King’s College London e dell’Università di Exeter (Regno Unito), pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry.
Per cannabis ad alta potenza (detta anche "super marijuana") si intende quella con più del 10 per cento di principio attivo Thc (tetraidrocannabinolo). Dallo studio emerge che l’effetto dell’uso della cannabis sul Dna è diverso fra quanti vivono un primo episodio di psicosi in confronto ad altri che non riportano questa esperienza, lasciando ipotizzare future ricerche che aiutino ad identificare precocemente gli utilizzatori di Thc più a rischio di sviluppare psicosi.
SEMPRE PIÙ DISPONIBILE LA SOSTANZA POTENTE
La professoressa Marta Di Forti, docente di Drugs, Genes and Psychosis al King’s College, autrice senior della ricerca, ha dichiarato: «Con l’aumento dei consumatori di cannabis e con la maggiore disponibilità di quella più potente c’è un pressante bisogno di conoscere meglio il suo impatto biologico, soprattutto sul versante della salute mentale. Il nostro studio è il primo a mostrare che la cannabis ad alta potenza lascia una “firma” specifica sul Dna nei meccanismi concernenti il sistema immunologico e della produzione biologica. La ricerca futura aiuterà a identificare i consumatori più a rischio di sviluppare psicosi, sia nel consumo per puro piacere sia nell’ambito curativo».
La dottoressa Emma Dempster dell’Università di Exeter, prima autrice dello studio, ha compiuto una metanalisi su due ricerche: una su pazienti inglesi che avevano avuto un primo episodio di psicosi, e una a livello europeo ed extra con pazienti anche senza esperienza di psicosi come gruppo di controllo, comprendente casi di Francia, Paesi Bassi, Italia, Spagna e Brasile. In totale i partecipanti con vissuto di psicosi sono stati 239 e 443 i partecipanti della popolazione generale.
USO FREQUENTE: PIÙ DI UNA VOLTA A SETTIMANA
La maggior parte dei consumatori presi in esame usavano cannabis ad alto contenuto di Thc con frequenza maggiore di una volta alla settimana e in genere avevano cominciato a 16 anni. La dottoressa Dempster ha detto: «I nostri risultati permettono di vedere a fondo come l’uso della cannabis possa alterare i processi biologici. La metilazione del Dna, che fa da ponte tra la genetica e i fattori ambientali, è un meccanismo chiave che permette alle influenze esterne, come l’uso di sostanze, di avere un impatto sull’attività dei geni.
La conoscenza di questi mutamenti epigenetici, modellati dallo stile di vita e dall’esposizione ambientale, offre una notevole prospettiva su come l’uso della cannabis può influenzare la salute mentale per vie biologiche».
PSICOSI: DELIRIO E ALLUCINAZIONI
Chiediamo un commento al dottor Gianmaria Zita, primario del Serd, servizio per le dipendenze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Anche nella clinica assistiamo a numerosi episodi di psicosi legate al consumo di cannabis ad alta potenza ma vediamo anche, al contrario, consumatori che non esperiscono questa sintomatologia – esordisce –. Verosimilmente la “firma” sul Dna di cui parla lo studio inglese conferma questa impronta epigenetica che sortisce poi quadri clinici differenti».
E che cos’è la psicosi? «Uno stato di grande sofferenza per chi ne è affetto, con allucinazioni, idee deliranti, pensieri dissociati, alcuni si chiudono in un mutismo ostinato. L’episodio psicotico è invalidante per la persona che non capisce che cosa gli accade, spesso ha allucinazioni uditive (sente le “voci”), facilmente ha vissuti persecutori, un classico è l’idea dell’essere pedinato e spiato dalla polizia. Spesso, inoltre, se il paziente riporta una crisi psicotica in questi casi è più a rischio di averne un’altra soprattutto se prosegue il comportamento di addiction».
UN DOMANI ALLERTARE CHI È A RISCHIO PSICOSI
In chi usa cannabis c’è spesso anche consumo di tabacco, il quale a sua volta altera il Dna, tant’è che è cancerogeno, e – come avverte Zita – potrebbe in parte rappresentare una variante confondente in questa metanalisi. «Ora, se fossimo in grado di riconoscere precocemente questa specifica “firma”, come l’hanno chiamata i ricercatori, potremmo in futuro individuare i ragazzi a rischio e avvertirli: abbiamo già descritto in quale pericolo si può incorrere. La scoperta, inoltre, di questi effetti particolari dell’uso di cannabis ad alta concentrazione suggerisce che le sostanze di abuso possono variare il loro effetto anche in base alla loro potenza». Conclude il dottor Zita: «Sulla base alle distinzioni come quelle ipotizzate dallo studio del King’s College London, un domani si potranno programmare interventi di prevenzione maggiormente selettivi; come, ad esempio, campagne di informazione e sensibilizzazione mirate su gruppi di ragazzi a rischio di psicosi. Un miglioramento sostanziale».