Una parte consistente dei processi mentali avviene a livello inconscio. Alberto Oliverio spiega come siano automatici e inconsapevoli anche molti meccanismi della memoria
Una parte consistente dei processi mentali avviene a livello inconscio. Alberto Oliverio al convegno MINDset spiega come siano automatici anche molti meccanismi della memoria
Noi riteniamo di essere consapevoli di gran parte dei nostri processi mentali ma in realtà gran parte di loro, dalla visione alla memoria e alle decisioni avvengono a livello inconscio. Un inconscio diverso rispetto a quello freudiano ma non per questo meno inquietante poiché numerose funzioni mentali occorrono nostro malgrado o più semplicemente a nostra insaputa. Gli stessi processi della memoria possono essere consapevoli o scaturire da automatismi inconsapevoli che dipendono da differenti aree e nuclei cerebrali.
MEMORIA IMPLICITA - La componente inconscia di numerosi processi cognitivi è oggi al centro di numerose ricerche ed è ormai ben chiaro che si può rintracciare e utilizzare un'esperienza del passato senza avere coscienza di far uso di memorie preesistenti. Un caso ben evidente sono le cosiddette memorie implicite, tra cui la memoria procedurale che è legata al “saper fare” anziché al “saper descrivere” della memoria semantica. Ma oltre alla memoria procedurale, che ci permette di andare in bicicletta, allacciarci le scarpe, guidare l'automobile, esistono altri aspetti della memoria implicita che, anziché influenzare le nostre azioni, il “fare”, influenzano il nostro modo di pensare.
L'ESPERIMENTO - Questi aspetti della memoria sono stati studiati nelle persone affette da amnesia. A un gruppo di volontari normali e a un gruppo di pazienti amnesici è stato chiesto di studiare una lista in cui erano comprese parole come tavolo, giardino, automobile. Dopo alcuni minuti, queste venivano mostrate insieme ad altre parole nuove: i pazienti amnesici non erano in grado di ricordare di averle viste mentre i volontari, ovviamente, non avevano difficoltà a riconoscerle. Questo semplice esperimento confermava quanto era già ben noto nel campo dell'amnesia, cioè l'incapacità di ricordare un'esperienza a distanza di poco tempo. Ma ciò non significava necessariamente che la mente non trattenesse nulla delle esperienze vissute. I pazienti amnesici furono sottoposti a un test “facilitato”: adesso dovevano riconoscere le parole della lista che avevano studiato sulla base di un indizio, le prime tre lettere che formano quella parola. Ad esempio, dovevano completare le lettere tav..., gia....., aut.......: in questo caso i pazienti completarono le parole con prestazioni decisamente superiori rispetto a quelle dimostrate nei confronti di parole che non avevano visto in precedenza: le loro prestazioni erano in molti casi assolutamente identiche, a quelle dei volontari normali.
MEMORIA SENZA RICORDO - Paradossalmente, il cervello dei pazienti amnesici lavora di più rispetto a quello delle persone normali in quanto analizza migliaia e migliaia di possibilità, come un calcolatore impazzito che non sa concentrarsi su una parte più circoscritta di un compito. Ma se questa è la spiegazione delle scarse capacità della memoria di riconoscimento dei pazienti amnesici, esiste anche un altro singolare aspetto della loro memoria: le persone studiate affette da amnesia sapevano completare le lettere mancanti delle parole che avevano studiato prima ma non ricordavano assolutamente di averle viste. Ritenevano di essere state brave a indovinare, non di essere state influenzate dalla precedente esperienza. Pur dimostrando di aver “memorizzato” le parole studiate in precedenza, non ricordavano nel senso usuale. In altre parole, avevano quella che è stata definita una “memoria senza ricordo”, o una memoria inconscia che viene comunemente definita come memoria implicita.
LA VISIONE CIECA - La “memoria senza ricordo” presenta numerosi punti di contatto con la cosiddetta “visione cieca”: nei casi di danni localizzati alla corteccia visiva primaria, i soggetti non “vedono” la realtà che li circonda, cioè non sono consapevoli della sua esistenza, ma sono in grado di svolgere compiti basati sul riconoscimento visivo, pur dimostrandosi stupiti di questa loro abilità in quanto affermano di non aver “visto” gli stimoli. In un esperimento compiuto da Lawrence Weiskrantz veniva utilizzato uno stimolo luminoso puntiforme: il paziente lo riconosceva quando esso corrispondeva alle parti sane della sua corteccia occipitale, mentre non era in grado di riconoscerlo quando esso coincideva con la sede della lesione. Tuttavia, se lo sperimentatore chiedeva al paziente di provare a indovinare la localizzazione dello stimolo visivo, questi non sbagliava mai: dal punto di vista dei meccanismi consci era cieco, cioè non si rendeva conto della presenza e della posizione del punto luminoso, mentre dal punto di vista inconscio era in grado di percepirlo e quindi di rispondere.
I casi della visione cieca, della mente senza coscienza o della memoria senza ricordo indicano quindi che si può accedere all’informazione “eseguendo” particolari programmi senza che ne esista una rappresentazione mentale.
Alberto Oliverio