Prove d’avanguardia, per ora solo su topi, vengono considerate una grande porta aperta: il cervello non cancella definitivamente niente. Per far rinascere il passato, usata una lama di luce
Trasferire ricordi in un individuo che non ha avuto quella esperienza. Cancellarli mentre ancora stanno trasformandosi in memoria. Riattivarli e così rievocare il passato dopo che s’era “spento”. Il premio Nobel Susumu Tonegawa si è sbizzarrito non poco a “giocare” con le madeleines tecnologiche e comparendo in questi ultimi anni con le sue scoperte prima su Nature ed ora su Science. In che cosa consistono i ricordi? O, almeno, come si conservano? Si parte dall’amnesia, come quella prodotta dall’Alzheimer o da traumi alla testa. Per spiegarla «tra i neuroscienziati», ha detto Tonegawa, «prevaleva la teoria di un danno a specifiche cellule cerebrali che così renderebbe impossibile il depositarsi del ricordo, mentre noi abbiamo ora dimostrato che l’amnesia è un problema di blocco dell’apertura, sta nell’incapacità di riattivazione».
IL RICORDO-ENGRAMMA
Il “noi” del Nobel giapponese comprende gli studiosi del Mit americano e del Richen Institute vicino a Tokio. Il ricordo diventa nelle loro mani un “engramma” che sarebbe l’insieme dei neuroni che accolgono l’esperienza vissuta dal soggetto creando tra loro collegamenti che prima non c’erano. Ora, per venire alle prove con i topi, i ricercatori li hanno fatti entrare in una gabbia mentre una leggera scossa elettrica li colpiva a una zampa. Successivamente le cavie mostravano paura di rientrare nella gabbia. L’insieme dei neuroni espressione di questo ricordo-paura sono stati contrassegnati, poi “sciolti” con un farmaco.A quel punto i topi non dimostravano più alcun timore a passare per la porticina di cui non ricordavano la scossa.
LUCE BLU
Ricordo sparito, dunque? No, solo conservato diversamente dal cervello. Per “aprirne” l’engramma occorreva una speciale leva: un raggio di luce blu. Ed ecco i ratti tremare di nuovo nell’avvicinarsi all’insidiosa soglia, di nuovo memori della scossa. (“Memori”: si può esserlo anche senza aver mai vissuto l’esperienza fissata nel ricordo, ha dimostrato Susumu: due anni fa ha trasferito l’engrammadella scossa dai protagonisti della disavventura al cervello di altre cavie che mai erano entrate nella gabbia: e pure questi, nel vederne l’ingresso, esitavano). Resta da dire che per spegnere e accendere le memorie i ricercatori americani e giapponesi si sono avvalsi della optogenetica, un settore molto nuovo della genetica che sfrutta le proprietà di alcune proteine di assorbire la luce. Da qui il “magico” raggio usato sul cervello dei topini per resuscitarne i ricordi.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.