In diretta dalla conferenza The Future of Science, l'intervento di Gabriella Pravettoni
Immaginiamo la mente come un sofisticato strumento di navigazione, non così preciso come un sistema di puntamento, ma comunque in grado di condurci verso le nostre mete, almeno il più delle volte. Bene, come fa questo sistema a scegliere fra due prodotti ? Se la mente non è un sistema di calcolo, come si sviluppano le preferenze?
I dati scientifici accumulati negli ultimi 50 anni ci permettono di tracciare un quadro sufficientemente preciso della mente-che-decide, anche se non è facile sintetizzarlo in pochi tratti, poche parole.
In estrema sintesi, potremmo immaginare che il nostro sistema di navigazione segua due principi di funzionamento. Il primo è immediato, panoramico e ci permette di capire a colpo d’occhio le tortuosità della mappa e dirigerci verso una direzione che appaia la migliore. Il secondo è lento, si sofferma sui particolari, valuta le distanza con il regolo e misura gli angoli delle curve con il compasso. Bene i due sistemi lavorano in sinergia, ma il primo è più veloce ad attivarsi, non richiede né tempo né energia ed è guidato da motivazioni profonde, emozioni, sensazioni, esperienze: dalle nostre memorie e dalle nostre aspettative. E’ ciò che potremmo chiamare intuito.
I due sistemi si attivano e inibiscono a vicenda a seconda delle circostanze. Ed è proprio da questo gioco di forza, da questo scambio di informazioni e di richieste, che scaturisce la nostra scelta. Una scelta il più delle volte guidata dall’intuito, anche se spesso siamo convinti del contrario.
Il giudizio intuitivo è immediato, guidato dal contesto, da tutto ciò che attrae l’attenzione (un colore, un profumo, un suono), dai nostri stati fisiologici (sete, fame ecc.), così come dalle nostre passate esperienze. Non a caso, proprio su questo giudizio si basano le campagne pubblicitarie, le azioni di marketing o discorsi dei politici. Se non ci facessimo guidare dall’intuito ben pochi di noi comprerebbero un jeans da 200 euro, berrebbero bibite ipercaloriche pur essendo a dieta o accetterebbero di indebitarsi per spese inutili.
Come ci mostra la neurobiologia, il nostro cervello sa quando un prodotto è troppo caro o quanto un bene può essere utile, ma a fianco, e perlopiù prima, di questi sistemi razionali, si attivano meccanismi emotivi, viscerali, che ci fanno pregustare il piacere dell’acquisto, del bene, del consumo: il gusto di un’illusione è spesso più intenso, e ben più motivante, di un arido calcolo, di una cifra stampata su uno sbiadito cartellino.
E se un giorno imparassimo a tacitare l’intuito, a controllare le emozioni e guardare al microscopio, invece di navigare in una mappa approssimativa ? Bene, è nostro parere che ben poco rimarrebbe della mente-che-decide, della sua enorme potenzialità, che ben lungi dall’essere limitata dai requisiti di un’analisi precisa, mostra tutta la sua potenzia nel suo essere euristica, aperta, tollerante l’incertezza come i suoi stessi errori. Forse una mente che ammette l’irrazionalità, l’illusione, come principio ordinatore è il segreto della nostra felicità. O forse è anche questa un’illusione.