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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 18-11-2019

Curcuma: da panacea ad agente tossico per il fegato?



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C'è una correlazione tra curcuma ed epatite virale non infettiva? Alle preoccupazioni di un lettore risponde l'epatologo Antonio Picardi

Curcuma: da panacea ad agente tossico per il fegato?

Ho letto il vostro articolo riguardante la correlazione tra uso di integratori a base di curcuma ed epatite virale non infettiva. Faccio molto uso di curcuma in polvere e sono reduce da una epatite cronica da virus Hcv curata e guarita con l'interferone dopo vent'anni di positività al virus. Come «eredità» mi è rimasto però un fegato steatosico e costantemente ingrossato. Continuare a usare curcuma in polvere può costituire un pericolo di recrudescenza della funzione epatica, fino all'epatite? Quale potrebbe essere invece una quantità giornaliera consigliata per poterne trarre benefici anche a livello epatico?

Alfonso P. (Trani, Barletta-Andria-Trani)  


Risponde Antonio Picardi, responsabile dell'unità operativa di medicina clinica ed epatologia del Campus Biomedico di Roma

La curcuma come spezia si presenta come una polvere gialla derivata dalla radice essiccata della Curcuma longa e, in diverse ricerche, ha dimostrato di avere proprietà antinfiammatorie e, in alcuni casi, addirittura antitumorali. Viene definita antiossidante perché in grado di proteggere le cellule dell’organismo dall'aggressione dei cosiddetti radicali liberi.

Abitualmente si utilizza come aroma alimentare ed è molto diffusa in Oriente e nel Subcontinente Indiano, insieme ad altre spezie per dare gusto e di palatabilità agli alimenti. Nel tempo si è poi scoperto che l'associazione della curcuma ad altre spezie potrebbe «potenziare» gli effetti protettivi su cellule ed organi. Infatti, l’assunzione della curcuma insieme al pepe nero, al peperoncino piccante e all’olio di oliva rende il principale componente biologicamente attivo della curcuma (la curcumina) molto più assorbibile a livello intestinale. Di fatto, soltanto in questo modo la curcumina assorbita dall’intestino può raggiungere il fegato e gli altri organi periferici.

Quando si passa dall’uso di un derivato vegetale come spezia alimentare all’uso come farmaco o integratore, si compiono almeno due passaggi importantissimi che possono influenzare significativamente gli effetti finali della stessa sostanza. Il primo è la purificazione - quando possibile e se identificata - della sostanza responsabile dei principali effetti o del principio attivo (in questo caso la curcumina), con il raggiungimento di diversi gradi di purezza. Il secondo passaggio è quantitativo, ovvero la dose di sostanza somministrata (e assorbita) deve essere sufficientemente elevata, affinché una quantità adeguata di sostanza possa raggiungere gli organi bersaglio. Si parla, per l’appunto, di dosi farmacologiche.

Se per l’uso in cucina l’assorbimento intestinale di una sostanza è indifferente, quando ipotizziamo un uso farmacologico è fondamentale assicurare che la sostanza ingerita sia assorbita e possa raggiungere gli organi su cui esercita i suoi effetti. Ed è importante che la quantità che raggiunge l’organo bersaglio sia sufficientemente elevata. Questo spiega perché se uso una sostanza come spezia di solito sono sufficienti piccole quantità, mentre per l’uso farmacologico abitualmente sono indicate quantità molto più elevate. Inoltre, conviene assicurare un adeguato assorbimento a livello intestinale, unendo al principio attivo altre sostanze che lo favoriscano o ne riducano la degradazione (eccipienti o cofattori).


Per esempio, la quantità di curcuma consigliata per la sapidità degli alimenti è di circa 10 grammi al giorno (corrispondenti a 200 milligrammi di curcumina). Al contrario, gli integratori a base di curcumina possono arrivare a contenere il 95 per cento di sostanza attiva (in una compressa da un grammo ci sono 950 milligrammi di curcumina, stando ai livelli di purezza dichiarati su alcune confezioni). Questo significa che, nel passare dall’uso alimentare della curcuma all’uso della curcumina purificata negli integratori, si ottiene una esposizione alla sostanza attiva di circa cinque volte maggiore. Inoltre, per assicurare l’assorbimento intestinale e quindi l’efficacia come farmaco, gli integratori associano spesso estratti di pepe nero che ne aumentano l’assorbimento intestinale di almeno venti volte rispetto alla assunzione della sola curcumina. 


Il 26 luglio 2019 il Ministero della Salute ha specificato* che non ci sono pericoli per la salute se gli integratori a base di curcumina sono utilizzati correttamente da persone senza problematiche epatiche. Altresì, l'Autorità ha prescritto di specificare sulle etichette degli integratori a base di curcuma che, «in caso di alterazioni della funzione epatica, biliare o di calcolosi delle vie biliari, l'uso del prodotto è sconsigliato. Se si stanno assumendo farmaci, è opportuno sentire il parere del medico». Nessun problema, infine, è legato all'utilizzo della curcuma come spezia alimentare, anche se associata a pepe nero o peperoncino.

*L'articolo è stato corretto in data 22/11/2019 con le conclusioni degli esperti incaricati dal Ministero della Salute



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