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Daniele Banfi
pubblicato il 04-03-2020
aggiornato il 08-03-2020

Coronavirus: rallentare il virus estendendo le misure di contenimento



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Ridurre i contagi per evitare il collasso degli ospedali. Le misure di contenimento nelle diverse aree del paese

Coronavirus: rallentare il virus estendendo le misure di contenimento

Con oltre 5.000 casi totali  di positività al coronavirus (dato 7 marzo), il nostro Paese è al terzo posto per numero di contagi dopo Cina e Corea del Sud. L'imperativo rimane il contenimento e la mitigazione del virus possibile solo attraverso le misure restrittive messe in atto. Nella notte fra il 7 e l'8 marzo il Governo ha emanato un decreto contenente ulteriori misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull'intero territorio nazionale.

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PERCHE' E' IMPORTANTE FRENARE IL CORONAVIRUS

Togliamocelo dalla testa: l'attenzione all'epidemia di coronavirus non è dovuta alla sua letalità quanto alla capacità di far «saltare» il nostro sistema sanitario. La spiegazione è nelle parole di Massimo Galli, primario infettivologo dell'Ospedale Sacco di Milano, in un'intervista rilasciata a Corriere della Sera: «In quarantadue anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive e delle rianimazioni di un’intera regione tra le meglio organizzate e preparate alle emergenze d’Italia. Nessun sistema sanitario avanzato può essere predisposto per ricoverare tanti pazienti critici tutti assieme e per di più in regime di isolamento». 

Alle 18 di ieri infatti, dei 2052 casi confermati, circa l'8% è in terapia intensiva e il 36% è ricoverato con sintomi. Anche se il rischio di contrarre la malattia nella popolazione, soprattutto al di fuori dei focolai, rimane basso, la diffusione del virus va rallentata per evitare che questo rischio aumenti con il conseguente collasso degli ospedali. Più persone si ammalano - e nella maggior parte dei casi il decorso è benigno - e più individui necessiteranno di ricovero.

 

COME POSSIAMO FARLO?

Ad oggi l'unica strategia per rallentare e «spalmare» i contagi in modo da evitare che si verifichino troppi casi in poco tempo (questo il problema principale dell'emergenza coronavirus) sono le misure restrittive che tutti possono mettere in atto. Diagnosi precoce ed isolamento sono le armi a nostra disposizione per isolare i focolai e rallentare la corsa del virus. 

Come spiega Giuliano Rizzardini, infettivologo del Sacco in prima linea in questi giorni nel coordinamento dell'emergenza in Lombardia, «bisogna fermare la corsa del virus. Sappiamo di chiedere sacrifici alla popolazione. Ma siamo anche consapevoli che solo se ciascun cittadino farà la propria parte riusciremo a bloccare i contagi. Le istituzioni cercano di fare al meglio la loro parte. Ma molto dipende anche da ciascuno di noi. I contatti sociali vanno limitati. Ciò vuol dire che chi può è meglio che lavori da casa, i bar non devono essere affollati. Non solo: chi ha tosse, raffreddore e sintomi compatibili con il coronavirus è meglio che stia a casa per qualche giorno».

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NON ABBASSARE LA GUARDIA AL CALO DEI CONTAGI

Misure restrittive che secondo il comitato scientifico voluto dal Governo a supporto del Ministero della Salute dovrebbero essere estese a tutto il territorio nazionale e non solo alle aree di focolaio. «Il rischio - spiega Nino Cartabellotta, presidente GIMBE, Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze - è di vedere in tutte le altre regioni quello che abbiamo visto in Lombardia o Veneto, magari non con quella intensità, ma il virus sta circolando, quindi le misure di contenimento, quanto meno quelle previste per la “zona gialla” vanno estese a tutto il Paese: no agli eventi di massa, chiusura scuole, telelavoro, ridurre contatti sociali, evitare assembramenti, distanziamento sociale».

Prima di 14 giorni dall'inizio delle misure restrittive sarà difficile vedere un calo dei contagi. Su questo il professor Pierluigi Lopalco, professore di Igiene all'Università di Pisa, ha le idee chiare: «Gridare oggi vittoria al primo segnale di calo dei casi nel Nordest è una stupidaggine. Il picco epidemico è quella parte della curva dopo la quale inizia la diminuzione dei contagi. Questo ovviamente avviene se di focolaio epidemico ce n'è uno solo. Se infatti dal primo focolaio se ne sono sviluppati altri, con un intervallo variabile si svilupperanno altre curve epidemiche. Tante curve epidemiche una accanto all'altra maschereranno il picco del primo focolaio e sarà difficile osservare un calo nel numero dei casi. Morale della favola: non aspettiamo il picco del primo focolaio come un segnale che le cose vadano bene. Bisogna evitare che si accendano altri focolai». E le misure restrittive vanno in questa direzione.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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