Giovanni Pacchiana lavora alla frontiera tra oncologia e immunologia: indaga una teoria di “fusione cellulare” che potrebbe conferire alle cellule tumorali la capacità di originare metastasi
La capacità delle cellule tumorali di spostarsi dal sito primario dando origine a metastasi potrebbe originarsi nella loro “fusione” con il sistema immunitario. Non è fantascienza ma una teoria proposta per la prima volta all’inizio del ventesimo secolo e ripresa recentemente alla luce di nuove scoperte scientifiche: è su questo che lavora Giovanni Pacchiana, ricercatore milanese di 33 anni.Dopo la laurea in biotecnologie farmaco-genomiche all’Università di Milano-Bicocca, Giovanni si è spostato a Torino per svolgere un dottorato di ricerca in scienze e tecnologie cellulari all’Istituto per la ricerca e cura del cancro di Candiolo. Ora è tornato nella sua città natale e lavora all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, nel laboratorio di Biotecnologie Mediche coordinato dal Dottor Palo Vezzoni.
SUPER CELLULE CHE SI SPOSTANO
La ricerca di Giovanni vuole rispondere a una domanda in apparenza semplice, ma estremamente complessa dal punto di vista scientifico: in che modo un tumore si evolve al punto che alcune sue cellule imparino a spostarsi e a migrare altrove? La risposta a questa domanda avrebbe un grandissimo impatto dal punto di vista clinico «La principale causa di morte per tumore infatti deriva non dai tumori originari ma dagli effetti delle metastasi», spiega Giovanni. Sono molti i gruppi di ricerca in tutto il mondo che studiano, con molteplici approcci, il fenomeno delle metastasi, e Giovanni lo fa da un’angolatura particolare. «Una teoria proposta agli inizi del ‘900 e ripresa recentemente afferma che le cellule che formeranno le metastasi possano originarsi dalla fusione anomala tra una cellula tumorale e un macrofago. La cellula tumorale quindi potrebbe “incorporare” le capacità di movimento innate del macrofago e usarle per disseminare metastasi».
QUALE MECCANISMO?
I macrofagi sono cellule del sistema immunitario che, per loro natura di “difesa”, sono molto mobili e in grado di spostarsi tra i tessuti e nel sangue e raggiungere praticamente ogni tessuto dell’organismo, laddove sono richiesti, ad esempio per contrastare un’infezione. Ma è nomale che due cellule si “fondano” insieme? «Sì in determinate situazioni fisiologiche. La fusione è un fenomeno raro ma molto importante». La fusione tra cellule è all’origine della vita, poiché avviene al momento della fecondazione tra la cellule spermatozoo e la cellule uovo. È inoltre essenziale per la formazione della placenta e per lo sviluppo delle fibre muscolari e degli osteoclasti nello scheletro.
«La questione è capire se la fusione cellulare avviene quando non dovrebbe o tra cellule che normalmente non dovrebbero fondersi fra loro, come una cellula tumorale e una cellula immunitaria, nel caso specifico i macrofagi». I macrofagi infatti, non intervengono solo contro virus e batteri esterni, ma anche nella risposta antitumorale, ed entrano in contatto con le cellule maligne. «Ed è a questo punto che dobbiamo capire cosa succede. Quando e soprattutto come avviene la fusione tra una cellula tumorale? Cosa succede alla “super-cellula” ibrida a livello molecolare e genetico?». Sono le domande a cui Giovanni sta provando a rispondere attraverso la sua ricerca. «Sul lungo periodo, nei miei sogni, c’è l’identificazione molecolare del meccanismo di fusione e quindi lo sviluppo di farmaci che blocchino questo fenomeno».
SCIENZIATO E PAPA’ ROCK
La seconda grande passione di Giovanni dopo la scienza è la musica. «Faccio parte di una band ska e rocksteady, in cui suono il trombone. Ci esibiamo in giro per l’Italia e anche all’estero». Infine, ma non certo per importanza, nella vita di Giovanni ci sono anche la moglie («che non è una scienziata, ma fa l’educatrice», ci tiene a precisare Giovanni) e il figlio Alessandro, due anni. È proprio perché c’è la sua famiglia che Giovanni si interroga sul suo futuro. «Non so come mi vedo da qui a dieci anni.
Da un lato sogno di continuare questo lavoro, che è anche una passione, e cercare di guadagnarmi un po’ di indipendenza scientifica, dall’altro sento anche la necessità di un posto di lavoro non a scadenza annuale, come invece sono le borse o gli assegni di ricerca». È una situazione comune a molti ricercatori, soprattutto in Italia, e questo allarga la riflessione all’emorragia di talenti della ricerca che si spostano all’estero. «È giusto che chi vuole fare questo lavoro con eccellenza colga le opportunità che si presentano. Viviamo in uno stato che non valorizza, anzi spesso penalizza, chi fa ricerca. È ovvio che le persone cerchino miglior fortuna fuori dai confini».
La speranza, e l’impegno di molti scienziati, ricercatori e fondazioni attive nella ricerca e nella divulgazione è che cambi l’attitudine, da parte delle istituzioni e del “sistema Italia”, verso quella che potrebbe diventare una leva di rilancio economico e culturale: la ricerca scientifica.
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Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.