Kelly Hudspeth è arrivata a Milano da Chicago per lavorare nell’immunologia dei tumori in uno dei centri di eccellenza della ricerca del nostro paese
Chi l’ha detto che l’Italia non attrae ricercatori stranieri? Di sicuro nel nostro paese non è semplice fare ricerca; si investe poco e le scarse risorse sono spesso impastoiate nella burocrazia. Si parla sempre di fuga dei cervelli italiani all’estero e non si è a conoscenza che, nonostante tutto, ci sono centri di eccellenza anche in Italia in grado di attirare ricercatori provenienti da tutto il mondo, come Kelly Hudspeth, nata a Lexington, in Sud Carolina. Kelly si è laureata in Scienze Biologiche alla Auburn University in Alabama, e ha successivamente conseguito un dottorato in Patologia e Neuropatologia Sperimentale proprio in Italia, all’Università degli Studi di Milano.
UN’AMERICANA IN ITALIA
Kelly ha lavorato a Chicago e ad Atlanta prima di volare in Europa. Attualmente lavora come ricercatrice post-doc all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, nel laboratorio di Immunologia Sperimentale diretto dal professor Domenico Mavilio. Gli Stati Uniti sono universalmente riconosciuti come la patria della migliore ricerca scientifica mondiale, da cui provengono molte delle scoperte più rivoluzionarie e innovative e dove gli scienziati di tutto il mondo sperano di poter andare per completare la propria formazione professionale. Come mai, quindi, una scienziata americana ha deciso di venire a fare ricerca in Italia?
«Sono venuta in Italia grazie a una collaborazione scientifica del mio capo a Chicago». Dice Kelly «Inizialmente avrei dovuto restare sei mesi, ma mi sono molto appassionata al progetto ed ero sicura che avesse un ottimo potenziale nel campo dell’immunologia. Inoltre, mi piaceva molto vivere in Italia. Così ho deciso di restare e mi sono iscritta al corso di Dottorato all’Università di Milano».
LA SCIENZA E’ UNA SFIDA
Kelly è uno spirito libero, e lo dimostra la sua passione per i viaggi, che occupano tutto il tempo che trascorre lontano dal bancone: «Da quando mi sono trasferita in Italia ho scoperto la passione di visitare luoghi mai visti prima». È la stessa curiosità che l’ha portata a diventare una scienziata «La scienza, per sua natura, è una sfida continua: mi dà l’opportunità di esprimere me stessa ed essere creativa. Molti pensano che la scienza sia bianco o nero e che le domande abbiamo semplici risposte come si o no. Ma la realtà è ben più complessa e occorre molta immaginazione per interpretare i risultati».
Fare scienza significa imparare ad accettare che la propria ipotesi di partenza sia sbagliata «Non è sempre facile, soprattutto dopo aver investito tempo e soldi negli esperimenti; quando però ottieni risultati che confermano la tua idea, non c’è nulla di comparabile a quella sensazione» racconta Kelly.
CELLULE KILLER NELLE METASTASI
Di cosa si occupa, in concreto, la sua ricerca? L’Istituto Clinico Humanitas, dove Kelly lavora, è un centro di ricerca all’avanguardia a livello internazionale soprattutto nell’ambito dell’Immunologia. Comprendere come il sistema immunitario combatte i tumori è una delle frontiere nello sviluppo di terapie anti-tumorali, in particolare in stadi avanzati, ed è in questo campo pioneristico che lavora Kelly «La mia ricerca vuole capire il ruolo delle cellule natural killer nelle metastasi del fegato causate da un tumore del colon-retto».
Le cellule “natural killer” sono un tipo di linfociti, cioè cellule del sistema immunitario: hanno la peculiare capacità di riconoscere e uccidere cellule tumorali anche senza averle mai viste prima, a differenza degli altri linfociti e cellule immunitarie che devono essere prima “addestrate” a riconoscere un tumore.
«Le cellule natural killer si infiltrano nelle masse tumorali: l’ipotesi da cui prende il via il mio progetto è che ci sia una correlazione positiva tra il numero delle cellule natural killer presenti nelle metastasi epatiche e l’aspettativa di vita del paziente. In particolare, più natural killer ci sono, migliore è la prognosi» illustra Kelly.
L’obiettivo è quello di valutare, attraverso tecnologie come l’immunoistochimica, se il numero delle cellule natural killer presenti nelle metastasi sia influenzato dalla somministrazione della chemioterapia e se possa a sua volta influenzare la risposta più o meno favorevole del paziente al trattamento.
Oltre ad aiutare i medici a capire meglio le relazioni tra risposta immunitaria e cancro, i risultati della ricerca di Kelly potrebbero aiutare lo sviluppo di strumenti diagnostici importanti per valutare il decorso della malattia nei pazienti con tumori già avanzati e metastatici.
SHOCK CULTURALE
Così come per un italiano non è mai facile lasciare la propria terra e le proprie abitudini e integrarsi in un paese straniero, anche Kelly ha dovuto affrontare uno “shock culturale” quando è arrivata a Milano.
«Le cose in Italia vanno molto più lentamente che in America. All’inizio questo per me era piuttosto frustrante, e talvolta lo è ancora, ma ho imparato ad apprezzare uno stile di vita più tranquillo» racconta Kelly «In America, è normale lavorare moltissime ore, spesso a spese della propria vita privata. Noi sovrastimiamo il valore dell’efficienza e finiamo per non goderci abbastanza la vita».
Sicuramente questa mentalità è quella che rende gli Stati Uniti una nazione così efficiente e produttiva. Del resto, a volte l’Italia va avanti con un ritmo un po’ troppo “rilassato”, e per questo le cose non funzionano così bene come potrebbero; questo è vero per il mondo della ricerca, spesso rallentato da una eccessiva burocrazia e non sempre meritocratico, come per molti altri settori.
«Le nostre nazioni potrebbero imparare molto l’una dall’altra» conclude Kelly «Gli Americani potrebbero riscoprire un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata, e gli Italiani apprezzerebbero sicuramente i vantaggi di un sistema più efficiente».
La storia di Kelly, comune a moltissimi scienziati e ricercatori, italiani e non, rivela che la scienza è un linguaggio universale, attraverso il quale persone di ogni cultura e di ogni parte del mondo possono trovare un terreno comune e un punto di incontro.
Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.