L'appello conclusivo della Conferenza mondiale Science for Peace and Health 2021 a istituzioni, scienziati, industria e cittadini, dedicato al diritto-dovere globale alla vaccinazione
Si è conclusa la tredicesima edizione della Conferenza Mondiale Science for Peace and Health. Un’edizione ricchissima, con un programma fitto che ha visto scienziati e intellettuali, italiani e internazionali, confrontarsi sui grandi temi aperti dalla crisi pandemica e soprattutto (il titolo è stato non a caso “Next”) sul futuro dopo la pandemia. Si è parlato di salute, diritti, innovazione, ambiente, disuguaglianze. Al termine, come è consuetudine della Conferenza, è stato presentato il documento conclusivo, l’appello Il diritto e il dovere di vaccinarsi.
GLI OBIETTIVI DELL'APPELLO
L'appello è consultabile e scaricabile qui. L’obiettivo? Moltiplicare le risorse alla ricerca scientifica e garantire la possibilità di vaccinarsi a tutti, su scala globale. A chi è rivolto? A istituzioni, case farmaceutiche, scienziati, esperti, scuole, università, centri ricerca, ai media e a tutti cittadini affinché tutti facciano la loro parte. Importantissimi i punti toccati, dagli accordi per una produzione adeguata e una distribuzione equa dei vaccini alla condivisione del sapere senza protagonismi e faziosità; dalla qualità dell'informazione all'impegno per costruire una vera cittadinanza scientifica e una circolazione equa della conoscenza. Abbiamo interpellato Alberto Martinelli, professore emerito di Scienza Politica e Sociologia dell'Università degli Studi di Milano e Vice Presidente Science for Peace and Health.
SERVE L'IMPEGNO DI TUTTI
La Conferenza quest’anno ha affrontato temi complessi, in un contesto estremamente complesso. Perché, per l’appello finale, è stato scelto come tema principale quello delle vaccinazioni?
«Questa pandemia ha accresciuto la consapevolezza che noi tutti abitanti della Terra siamo una comunità di destino, condividiamo un destino comune. Quindi dobbiamo fare tutto il possibile per contenere il rischio e limitare i danni di crisi pandemiche e ambientali. Ognuno deve fare la sua parte. Ecco perché rivolgiamo un appello partendo dal tema attualissimo delle vaccinazioni per Covid-19, che hanno permesso durante quest’ultimo anno di abbattere i contagi e contenere la curva pandemica, di allentare le misure di contenimento più severe come i lockdown e le chiusure. Ma ci sono problemi evidenti e urgenti nell’esitanza vaccinale in parte della popolazione e nella disponibilità di vaccini per i paesi meno sviluppati. Nell’Africa sub-sahariana solo il 5 per cento della popolazione è stata vaccinata e nella primavera 2022 si arriverà se va bene al 20 per cento. Bisogna fare di più. Esiste un dovere di solidarietà, ma è anche interesse nostro, perchè solo l’estensione massima della copertura vaccinale ci aiuterà a contenere la circolazione del virus e la comparsa di forme meno trattabili. Ma c’è un altro aspetto».
Quale?
«Anche fra chi ha accesso ai vaccini, una percentuale ridotta della popolazione rifiuta la vaccinazione con argomentazioni non condivisibili e prive di fondamento scientifico. Per questo dobbiamo ribadire che il vaccino è un diritto di tutti, ma anche un dovere civile, il dovere di concorrere a tutelare la salute pubblica. In democrazia funziona così: diritti e doveri sono sempre bilanciati fra loro e i diritti dell’uno non devono ledere i diritti degli altri. A questo proposito, è auspicabile che non venga più dato tanto spazio a voci, anche di intellettuali, che hanno paragonato le attuali misure di contenimento della pandemia a periodi storici drammatici, parallelismi fuori luogo, esempi di grande ignoranza non solo scientifica, ma storica».
Il programma di questa edizione è stato ricchissimo. Cosa l’ha particolarmente colpita?
«Ho apprezzato che si parlasse anche degli aspetti meno evidenti dell’emergenza Covid-19, come il disagio psichico ed emotivo. Ed è sempre molto utile ricordare che la pandemia è responsabile non solo delle morti provocate direttamente dal virus, ma anche di quelle vittime indirette provocate dalla riduzione della risposta assistenziale, della prevenzione mancata, degli ostacoli all’accesso e dei timori dei cittadini. Significa avere una percezione più completa e realistica del fenomeno, pensiamo che Richard Horton, caporedattore di The Lancet, ha parlato di 12 milioni di vittime reali nel mondo, il doppio delle stime ufficiali.
Lei crede che abbiamo imparato qualcosa da questa pandemia?
Non si esce da una crisi simile senza aver imparato qualcosa. Un’emergenza così grave lascia il segno, cambia il modo di lavorare e di studiare, di confrontarsi, di stare insieme. Durante le giornate della conferenza è emerso più volte quanto stia evolvendo (e io dico in meglio, sia pure con fatica ed errori) il confronto fra comunità scientifica e decisori politici, che stanno imparando a dialogare in modo più efficace. Credo anche sia evidente nei cittadini una maggiore consapevolezza dell’importanza della scienza, perché solo una scienza affidabile, innovativa e coesa, finanziata ci aiuterà a trovare le soluzioni di cui abbiamo bisogno».
Non fermare la ricerca. Dona ora per i pazienti più fragili.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.