Riscontrata una correlazione tra insonnia e scompenso cardiaco. E se c'entra la depressione, il pericolo per il cuore viene spesso ignorato
L’insonnia aumenta il rischio di avere uno scompenso cardiaco. In un’ampia e nuova ricerca sul tema, pubblicata sull’European Heart Journal, gli studiosi norvegesi dell’Università di Trondheim hanno coinvolto ben 54.000 persone di ambo i sessi, di età compresa tra 20 e 89 anni, e le hanno seguite per 11 anni.
SE NON DORMI CRESCE IL RITMO – Dalla ricerca è emersa una correlazione stretta tra insonnia e scompenso cardiaco in quanto il rischio di scompenso è apparso più alto e grave con l’aumentare (da uno a due, a tre) dei sintomi denunciati dell’insonnia. Ma che cos’è uno scompenso cardiaco? E’ l’incapacità del cuore di pompare sangue in quantità sufficiente per soddisfare i bisogni dell’organismo a seguito di un danneggiamento dovuto a infarto, ipertensione o altri eventi. Si dice anche, comunemente, insufficienza cardiaca. Enrico Smeraldi, ordinario dell'Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Dipartimento di Psichiatria dell'Ospedale San Raffaele-Turro di Milano, non fa che confermare questo legame: «L’insonnia induce una forte stimolazione noradrenergica che provoca un cambiamento continuo del ritmo cardiaco. E un’aumentata frequenza del ritmo fa aumentare il rischio cardiovascolare».
SE PERDE IL SONNO L’INFARTUATO - «Ma anche altri disturbi del sonno, come le apnee ostruttive, possono aumentare il rischio di uno scompenso cardiaco. Il meccanismo è più complesso, ma semplificando si può dire che le apnee col tempo generano ipertensione e il rischio aumenta per questa via». Al professor Smeraldi preme sottolineare la situazione opposta, che è forse più sconosciuta. «Per chi ha avuto, per esempio, un infarto, cambia la prognosi a seconda che la persona soffra o no di insonnia? Alcuni dati dicono che sì, aumenta la mortalità, specie quando la difficoltà sta nel cominciare a dormire. Altri, di fronte a questi dati, fanno un discorso più sfumato. E cioè: chi ha avuto un infortunio cardiovascolare, spesso va in depressione e l’insonnia compare, dunque, solo come un sintomo dell’umore basso. Se ne deduce che da curare è la depressione. Ma che si tratti solo d’insonnia o di depressione, sta di fatto che non c’è consapevolezza tra i medici del rischio che queste due condizioni comportano per il malato di cuore. E non ne tengono conto nella terapia. Manca, questa cognizione, in particolare nel mondo dei cardiologi».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.