Se un paziente cardiopatico segue con troppa partecipazione, è il cuore a correre seri pericoli. Uno studio lo rileva e raccomanda comportamenti più salubri
Martedì è l’ora della verità. Dentro o fuori. L’Italia si gioca il passaggio al secondo turno del mondiale brasiliano. Saranno milioni gli italiani davanti alla televisione. Attenzione però a non esagerare con il tifo. A rischio infortunio c’è il cuore. Come nel caso dei mondiali 2006 in Germania: in quel periodo, in concomitanza con le partite della nazionale tedesca, il numero degli infarti è aumentato esponenzialmente.
COSA SUCCEDE?
Come spiega il professor Cesare Fiorentini - direttore del programma di Cardiologia presso l’Istituto Cardiologico Monzino -, centro di eccellenza per la salute del cuore, «quando si provano forti emozioni il nostro corpo secerne un eccesso di catecolamine, ormoni prodotti dalle ghiandole surrenali responsabili dell’aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna». Ciò è un fatto del tutto fisiologico. In alcuni soggetti, però, l’eccessiva produzione, è in grado di scatenare eventi cardiaci acuti. «E’ questo il caso dei pazienti cardiopatici, persone affette da coronaropatie che, per l’eccesso di produzione di catecolamine, possono andare incontro a infarto, aritmia, fibrillazione, scompenso cardiaco e ictus dovuto all’aumento della pressione sanguigna».
LO STUDIO
Problemi, quelli a cui si riferisce Fiorentini, che una ricerca inglese effettuata nel 2006 ha monitorato nel corso dei mondiali di Germania. Lo studio, effettuato nell’area di Monaco di Baviera, ha registrato tutti gli accessi ai pronto soccorsi dell’area bavarese durante le partite della nazionale tedesca e li ha confrontati con gli stessi periodi dell’anno in assenza del mondiale. I risultati? Nei giorni di match della nazionale gli infarti sono triplicati negli uomini e raddoppiati nelle donne. Una stretta e curiosa correlazione che si è guadagnata la pubblicazione sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine.
NON SOLO TIFO
Cosa fare dunque? Chiudersi in casa con la televisione spenta e aspettare il risultato finale? «Rinunciare alla partita è difficile. Ciò che si può fare è eliminare tutto ciò che è di contorno. Spesso le partite di calcio sono l’occasione per ritrovarsi con gli amici. In questi casi, supportati dall’effetto del gruppo, scaldarsi un po’ troppo è abbastanza facile. Non solo, ciò che non manca mai è il cibo, l’alcol e il fumo di sigaretta. Fattori che, in soggetti già predisposti, possono essere la goccia che fa traboccare il vaso» conclude Fiorentini. Il consiglio è dunque quello di tifare sì, ma con moderazione ed eliminando tutto ciò che è di contorno.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.