E’ stato costituito per affrontare le esigenze di prevenzione e cura di una comunità che per etnia e costumi alimentari è più a rischio Uno studio parallelo viene realizzato con Shangai
E’ stato costituito per affrontare le esigenze di prevenzione e cura di una comunità che per etnia e costumi alimentari è più a rischio Uno studio parallelo viene realizzato con Shangai
Non è solo questione di usi e costumi, le etnie possono influenzare anche l’incidenza, l’andamento e l’insorgenza di alcune patologie, come il rischio cardiovascolare e di ipertensione. Complici non soltanto le componenti genetiche, che incidono su di una maggiore predisposizione, ma anche stili di vita e comportamenti alimentari diversi. In occasione della nona giornata mondiale contro l’ipertensione, presentato un importante progetto italo-cinese per la prevenzione dell’infarto e della malattie cardiache.
L’ETNIA – E’ un problema crescente nella nostre società metropolitane nelle quali aumenta la convivenza con migranti extracontinentali costretti a confrontarsi e a adattare il proprio background genetico con uno stile di vita spesso all’opposto, o molto discordante, da quello di origine. E le conseguenze possono essere molte: prime fra tutte l’insorgenza o la diffusione di ‘nuove’ patologie, in precedenza poco presenti in una razza. Milano lo sa: l’ingente presenza della comunità cinese, salita a circa 20 mila individui, ha portato all’attenzione un rischio cardiovascolare diverso dalla popolazione indigena, spesso correlato al mantenimento della dieta originaria. «L’alimentazione tradizionale cinese – spiega il Professor Fabio Magrini, direttore del Centro Ipertensione della Fondazione Ca’ Granda – è ricca di riso, pesce, pollame e verdure e di un basso numero di prodotti alimentari trasformati come latticini, carni rosse e cibi ad alto contenuto di zuccheri o di grassi saturi. Questa dieta, mantenuta anche nei paesi occidentali, potrebbe però mettere a rischio il cuore di un cinese di Milano su cinque». Da qui la necessità di adottare misure preventive, quali l’apertura presso il Policlinico di un ambulatorio cardiologico bilingue italo-cinese altamente specializzato o l’avvio di studi mirati. «Nonostante la prevenzione sia fondamentale, è spesso impossibile raggiungere questi 4mila cinesi potenzialmente a rischio perché non parlano italiano oppure perché preferiscono tornare in Cina per farsi curare. È nata così l’idea di istituire un ambulatorio che ha l’obiettivo di fare prevenzione e di erogare le giuste cure».
LO STUDIO - Come cambia l’impatto dell’ambiente e dell’alimentazione nei migranti? Cosa accade se l’ambiente è diverso ma l’alimentazione rimane quella d’origine? Quanto influisce sul rischio cardiovascolare? Sono alcune delle domande a cui vuole rispondere uno studio in parallelo, sia a Milano che a Shangai, che si sta sviluppando al fianco dell’ambulatorio. «I pazienti cinesi, in entrambe le città - commenta ancora il cardiologo - saranno sottoposti agli stessi controlli clinici e strumentali (esami del sangue e delle urine, esami mirati alla concentrazioni di sale nell’organismo, elettrocardiogrammi, ecocardiogrammi, pressione e battito cardiaco nell’arco di 24 ore) e raccolte informazioni sullo stile di vita e la dieta conservata o modificata rispetto a quella d’origine. L’obiettivo è scoprire i fattori che influenzano maggiormente il rischio cardiovascolare in caso di immigrazione e studiare l’impatto dello stile di vita occidentale in cinesi di seconda e terza generazione, tra questi anche l’influenza che l’eccessivo quantitativo di sodio può avere sull’andamento pressorio notturno che nei cinesi, rispetto ai caucasici, non subisce una riduzione». Supporta il Policlinico il Consolato Cinese di Milano e personale bilingue e la distribuzione di opuscoli in italiano e in cinese, per avvicinare la popolazione alla prevenzione cardiovascolare.
Francesca Morelli