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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 11-05-2023

Ictus: per evitare il declino cognitivo il tempismo è tutto



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La metà delle persone che supera un ictus sviluppa declino cognitivo entro un anno. Intervenire precocemente è fondamentale. Mancano ancora però percorsi di riabilitazione omogenei sul territorio

Ictus: per evitare il declino cognitivo il tempismo è tutto

Dopo un ictus la metà delle persone sviluppa declino cognitivo entro un anno. Non solo, uno su 3 va incontro a demenza entro i 5 anni dall'evento. Intervenire il prima possibile per ridurre il danno da ictus, identificare le persone maggiormente a rischio attraverso semplici test cognitivi e intraprendere un percorso di riabilitazione sono i punti chiave per migliorare gli esiti dell'ictus. Ad affermarlo l'American Heart Association con un documento pubblicato sulle pagine della rivista Stroke.

CHE COSA SONO GLI ICTUS?

L'ictus ischemico, in gergo tecnico lo "stroke", si verifica quando le arterie che garantiscono il corretto flusso di sangue al cervello sono ostruite per la presenza di un coagulo. Come per l’infarto del miocardio, dove sono le coronarie ad essere ostruite, le aree a valle del blocco che non possono essere sufficientemente irrorate vanno incontro a morte. Rimuovere il coagulo è fondamentale per evitare danni e, nei casi più gravi, il decesso del paziente.

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COME SI INTERVIENE?

Le strategie di intervento per lo stroke sono essenzialmente due: se l'ictus è causato da un coagulo di piccole dimensioni la somministrazione di molecole in grado di sciogliere il trombo (fibrinolisi) è sufficiente a ristabilire il corretto flusso di sangue. Quando invece l'ostruzione riguarda i grandi vasi allora si rende necessario un intervento endovascolare noto con il nome di trombectomia meccanica. In quest'ultimo caso, attraverso l'ausilio di un catetere, si procede alla rimozione meccanica del coagulo.

DECLINO COGNITIVO NEL 50% DEI CASI

Quando la persona sopravvive ad un ictus, la strada è tutt'altro che in discesa. I dati USA -del tutto paragonabili a quelli italiani- affermano che la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. Il disturbo maggiormente diffuso è il declino cognitivo, ovvero un importante deterioramento nelle capacità mentali. Declino che è spesso si associa ad altre condizioni come disabilità fisica, disturbi del sonno, cambiamenti comportamentali e di personalità, depressione e altri cambiamenti neuropsicologici, ognuno dei quali può contribuire a una minore qualità della vita.

SCREENING E RIABILITAZIONE

Purtroppo ad oggi non esiste un "gold standard" per lo screening cognitivo dopo un ictus. Tuttavia, come dichiara il documento dell'American Heart Association, alcuni brevi test di screening (Mini-Mental State Examination e Montreal Cognitive Assessment) possono essere utilizzati per identificare il deterioramento cognitivo dopo un ictus. Screening utili a identificare quei pazienti da candidare prioritariamente alla riabilitazione cognitiva. Il post ictus, dunque, assume un ruolo cruciale nella prevenzione del declino cognitivo. Eppure, nonostante le sempre maggiori evidenze -non solo relative alle funzioni cognitive-, nel nostro Paese non si trovano ancora percorsi codificati e presenti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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