Beta talassemia ed anemia falciforme possono essere curate con successo modificando i geni responsabili della patologia. Una correzione definitiva grazie a CRISPR-Cas9, la forma più evoluta di terapia genica
Beta-talassemia ed anemia falciforme, due delle più diffuse emoglobinopatie, possono essere curate con successo grazie a CRISPR-Cas9, l'innovativa tecnica che consente di correggere con estrema precisione il difetto genetico responsabile della patologia. I risultati presentati al recente congresso dell'EHA (The European Hematology Association) lasciano poco spazio alle interpretazioni: sia per la beta-talassemia sia per l'anemia falciforme, la terapia genica con Exagamglogene autotemcel si è dimostrata utile nell'evitare il ricorso a trasfusioni di sangue nei pazienti affetti da queste emoglobinopatie. Un risultato duraturo nel tempo come dimostrano i dati a 37 mesi dalla somministrazione.
CHE COSA SONO LE EMOGLOBINOPATIE?
Le emoglobinopatie sono un gruppo di malattie genetiche in cui ad essere compromessa è la normale funzione dell'emoglobina, proteina contenuta all'interno dei globuli rossi necessaria al corretto trasporto dell'ossigeno nei diversi distretti corporei. Le diverse malattie -e il modo in cui si manifestano- dipendono dal difetto genetico presente sin dalla nascita. Proprio per la ridotta capacità di trasportare l'ossigeno le emoglobinopatie portano con sé numerose complicanze a livello del sistema cardiocircolatorio.
IL CASO DELLA BETA TALASSEMIA
Una delle emoglobinopatie più diffuse è la beta-talassemia, un gruppo di malattie rare del sangue in cui, a causa di un difetto genetico, la produzione di emoglobina è fortemente ridotta o del tutto assente. A seconda della mutazione (ne sono note circa 300) nel gene della beta-globina, una proteina che concorre alla formazione dell'emoglobina, la malattia può essere più o meno severa. Ad oggi la cura della forme di beta-talassemia grave consiste in continue e periodiche trasfusioni di sangue che espongono il malato a notevoli effetti collaterali, primo fra tutti un eccessivo accumulo di ferro che può arrivare a danneggiare i diversi organi. Per questa ragione, oltre alle trasfusioni che hanno l'obbiettivo principale di mantenere adeguati livelli di emoglobina, occorre una terapia ferro-chelante e trattamenti di supporto per gestire le altre complicanze della malattia.
IL CASO DELL'ANEMIA FALCIFORME
L'altra emoglobinopatia più diffusa è l'anemia falciforme. Anche in questo caso, per un difetto genetico, il corpo produce delle forme anomale di emoglobina. Il nome "falciforme" deriva proprio dalla forma del globulo rosso. Rigidi e di forma irregolare, possono facilmente ostruire i vasi più piccoli causando così fortissimi dolori e danneggiando organi e tessuti. Non solo, a causa della loro forma attraversano con difficoltà i piccoli vasi sanguigni e vengono distrutti rapidamente dalla milza: invece di vivere come di norma per circa 120 giorni, sopravvivono soltanto per 10-20 giorni. Oltre alle crisi di dolore, l'anemia falciforme espone maggiormente al rischio infezioni a causa della compromissione della milza, organo impegnato nel "riciclo" dei globuli rossi. Anche nel caso di questa malattia la terapia prevede diversi approcci finalizzati a ridurre i sintomi e l'utilizzo ricorrente di trasfusioni.
LA TERAPIA GENICA
Negli ultimi anni, complice lo sviluppo di tecniche di manipolazione del Dna, sono state messe a punto diverse terapie geniche volte a riprisitinare il corretto funzionamento dei geni mutati. L'idea di fondo è semplice: dal momento che le malattie genetiche sono causate da un difetto in un determinato gene, inserendo dall'esterno una copia funzionante è possibile ristabilire la corretta funzione di quel gene. Per quanto riguarda le malattie del sangue ciò è relativamente più semplice. Da tempo grazie a questo approccio la beta-talassemia può essere trattata con successo: il primo passo, ormai avvenuto diversi anni fa, ha previsto il prelievo delle cellule staminali del sangue periferico dei malati. Successivamente, per ristabilire il corretto funzionamento di queste cellule e dei globuli rossi in cui possono differenziarsi, è stato inserito al loro interno una copia funzionante del gene della beta-globina. Infine le cellule staminali corrette sono state nuovamente infuse nei pazienti per via endovenosa, così da favorire il loro attecchimento nel midollo osseo. I dati più recenti parlano chiaro: dal 2016, anno di inizio delle sperimentazioni, è emerso che nel 90% dei pazienti trattati si è raggiunta l'indipendenza trasfusionale.
CRISPR-CAS9
Ma se sino ad oggi la strategia principe è rappresentata dall'inserzione dell'intero gene funzionante tramite l'utilizzo di un virus - in-vivo o ex-vivo è indifferente - ora grazie a tecniche quali Zinc Finger Nucleasi, Talen e CRISPR-Cas9 è tecnicamente possibile correggere il Dna originale senza dover per forza inserire un gene proveniente dall'esterno. Una possibilità davvero allettante poiché attraverso questi metodi è possibile controllare più finemente l’espressione del gene corretto, distruggere i geni malfunzionanti e più in generale convertire direttamente il gene difettoso in gene funzionante. Malattie come beta-talassemia e anemia falciforme ben si prestano a questo tipo di soluzione.
L'EDITING FUNZIONA
Al recente congresso dell'EHA sono stati presentati i dati a lungo termine sull'efficacia del trattamento Exagamglogene autotemcel -effettuato con la tecnica CRISPR-Cas9- affetti da beta-talassemia trasfusione-dipendente o anemia falciforme (SCD, sickle cell disease) caratterizzate da crisi vasocclusive ricorrenti, le manifestazioni più gravi di queste malattie. Per quanto riguarda la beta-talassemia è emerso che 42 dei 44 pazienti non hanno più necessitato di trasfusioni (con un follow-up compreso tra 1,2 e 37,2 mesi). I due pazienti non liberi da trasfusioni hanno comunque registrato una riduzione del volume trasfusionale del 75% e dell'89%. Per quanto riguarda l'anemia falciforme invece tutti i 31 pazienti caratterizzati da crisi vaso-occlusive ricorrenti (una ogni 3 mesi nei 2 anni precedenti) sono risultati liberi da tali crisi (follow-upcompreso tra 2,0 e 32,3 mesi). Non solo, i pazienti presentavano livelli medi di emoglobina superiori al 20% al terzo mese, aumentando a una media di circa il 40% dopo il quarto mese. Risultati importanti che mostrano come attraverso questa "nuova" tecnica sia possibile correggere il difetto curando in maniera duratura le persone affetta da emoglobinopatie.
IL NODO DEI COSTI
Ma se la ricerca ha prodotto risultati straordinari, non dobbiamo affatto dimenticare che tutto ciò è stato ottenuto in trial clinici ben lontani dalla realtà quotidiana. Le emoglobinopatie sono patologie molto diffuse. L'anemia falciforme, ad esempio, riguarda diverse milioni di persone prevalentemente in Africa, India e Medio-Oriente. Il costo di un singolo trattamento, ad oggi, è pari ad oltre un milione di euro. La cura c'è, la possibilità di curarsi decisamente meno, specialmente in questi continenti dove si registra il maggior numero di casi.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.