Una causa della cardiomiopatia responsabile di morte cardiaca improvvisa è stata scoperta da un gruppo di ricercatori italiani e sudafricani. Duplice la valenza del risultato: sia in ambito di ricerca sia clinico
Più che il nome della malattia (cardiomiopatia aritmogena), si ricordano i drammatici casi di morte cardiaca improvvisa in giovani atleti. Come quello che riguardò Piermario Morosini, all’epoca centrocampista del Livorno. Era il 14 aprile del 2012 quando il calciatore bergamasco s’accasciò al suolo, da cui non si sarebbe più rialzato. A fermargli il cuore, a 25 anni, fu una malattia a carico del ventricolo destro del cuore. Come lui, ogni anno in Italia sono all'incirca mille gli adulti con meno di 35 anni apparentemente sani che perdono la vita in maniera improvvisa (senza sintomi premonitori), per una causa cardiaca. Ma gli esperti precisano che nessun caso di morte improvvisa può essere attribuito all'effetto di un esercizio fisico, sebbene particolarmente intenso, su un cuore sano. L’abituale attività sportiva sostenuta rappresenta, al contrario, un fattore di protezione. La responsabilità, piuttosto, è da ascrivere all'ispessimento del tessuto cardiaco, soprattutto quello del ventricolo sinistro, a scapito della cavità ventricolare che si rimpicciolisce.
Morte cardiaca improvvisa: non sempre la tragedia può essere evitata
CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA: IL RUOLO DEL GENE CDH2
Questa variazione anatomica potrebbe in realtà dipendere da un segno «scritto» nel Dna. Un gene associato con la morte cardiaca improvvisa nella popolazione generale è stato infatti identificato dagli scienziati dell'Istituto Auxologico italiano di Milano insieme a un gruppo di colleghi sudafricani. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Circulation Cardiovascular Genetics. Il lavoro svela una nuova mutazione genetica responsabile della cardiomiopatia aritmogena. Il gene colpito si chiama CDH2 e la scoperta apre a nuove strategie di prevenzione, ovvero alla possibilità in futuro di salvare giovani vite votate allo sport. CDH2 regola la produzione della Caderina 2 o N-Caderina, proteina fondamentale per la normale adesione tra le cellule cardiache. La mutazione del gene porta a una produzione alterata di questa sostanza chiave. Da qui la sostituzione del tessuto muscolare cardiaco con tessuto adiposo e fibroso. È questo processo a favorire lo sviluppo di aritmie cardiache, quali tachicardia e fibrillazione ventricolare, che provocano perdite di coscienza e arresto cardiaco.
EXTRASISTOLE: QUANDO PREOCCUPARSI?
COME SI E’ GIUNTI ALLA SCOPERTA?
La cardiomiopatia aritmogena, spiegano gli autori della ricerca, è una malattia genetica che predispone all'arresto cardiaco e rappresenta una delle principali cause di morte improvvisa tra ragazzi sportivi e atleti. Nel caso di fibrillazione ventricolare, senza una pronta defibrillazione elettrica, si ha morte improvvisa in pochissimi minuti. I ricercatori italiani, in collaborazione con alcuni colleghi sudafricani, hanno approfondito la conoscenza della malattia analizzando una famiglia sudafricana affetta da cardiomiopatia aritmogena, seguita da circa vent’anni e segnata da più casi di morte improvvisa giovanile. Escluse tutte le cause genetiche note finora, Lia Crotti, responsabile degli studi di genetica delle malattie cardiache ereditarie dell'Istituto Auxologico Italiano, ha sequenziato tutte le regioni codificanti del genoma in due pazienti della famiglia. E partendo da oltre tredicimila varianti genetiche comuni ai due malati, è arrivata a identificare il gene responsabile della malattia nel loro nucleo familiare. Si tratta appunto del gene CDH2. Una volta individuato il gene, gli studiosi hanno validato la scoperta trovando una seconda mutazione sempre all'interno di CDH2, in un paziente con cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro appartenente a un'altra famiglia.
Un elettrocardiogramma per i bambini contro la morte improvvisa
UNA SCOPERTA DI DUPLICE IMPORTANZA
«L'importanza della scoperta è duplice e ha un impatto sia scientifico sia clinico - evidenziano gli autori della ricerca -. Da un lato aiuta a chiarire i meccanismi genetici alla base della cardiomiopatia aritmogena, dall'altro rende possibile l'identificazione precoce di molti pazienti ignari di essere affetti dalla malattia. Spesso i suoi segni clinici diagnostici diventano chiari solo dopo molti anni». Grazie al nuovo studio, affermano i ricercatori, «se di un soggetto in cui viene fatta la diagnosi clinica adesso scopriamo che è portatore di una mutazione del gene CDH2, potremo in poche settimane sapere se altri membri della sua famiglia sono geneticamente affetti, e potremo iniziare immediatamente strategie di prevenzione. Questo potrà portare a una riduzione dei casi di morte improvvisa nei pazienti con una cardiomiopatia aritmogena».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).